Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La gioia partenopea di Alberto Angela Selfie e abbracci: «’O core nun se comanda»

Angela è cittadino napoletano: civiltà oltre i pregiudizi

- di Anna paola Merone

Alberto Angela è una assoluta icona pop. Si dirige verso il Maschio Angioino, dove gli verrà conferita la cittadinan­za onoraria di Napoli, fra due ali di folla. La gente lo acclama, gli chiede un selfie, lo abbraccia, le ragazze hanno i suoi libri tra le mani e vogliono un autografo. Abito scuro, aria scanzonata, cravatta azzurra di Hermès, Angela viene raggiunto dal sindaco Luigi de Magistris (senza cravatta) e insieme attraversa­no l’arco di Trionfo dopo essersi concessi all’obiettivo dei fotografi. Il suo ingresso nella sala dei Baroni è salutato da un applauso scrosciant­e.

Nino Daniele, assessore alla cultura, tiene la relazione introdutti­va. E ad un certo punto scivola sul nome del protagonis­ta della giornata, chiamandol­o Piero. Applauso e risate. Poi ricorda fra le ovazioni che Alberto Angela «è napoletano per costituzio­ne», quindi la parola passa al sindaco che ricorda i tanti che hanno sostenuto con lettere e appelli l’idea di conferire la cittadinan­za al divulgator­e scientific­o.

La pergamena, la targa, la medaglia, la firma sul libro della città: Angela il napoletano parla a braccio e si confessa «emozionato. I primi passi nel mondo della scienza li ho mossi a Napoli all’Acquario — ricorda —. Avevo quindici anni, volevo fare l’oceanograf­o e per un mese restai con Flegra Bentivegna». Poi l’elogio di una città «la cui unicità viene fuori ancora di più andando in giro per il mondo» e l’elenco delle meraviglie di Napoli, dal Cristo Velato agli Incurabili. «Il vulcano lo avete dentro e se la città è lo spartito la musica la suonano i cittadini — dice —. Napoli ha tante complessit­à, ma quale città non ne ha? C’è un gran ribollire di energia e la bellezza e l’intelligen­za vanno di pari passo, alla greca» aggiunge facendo riferiment­o alla kalokagath­ia.

«Al mondo Napoli può insegnare ad assaporare la vita in un modo che è proprio di chi si trova al termine dell’esistenza. Un sapore che passa per l’esaltazion­e del valore delle piccole cose. Io l’ho scoperto quando sono stato rapito — ricorda —. Per una intera notte ho temuto di morire e ho scoperto una visione diversa della quotidiani­tà».

Ed una diversa visione è anche quella cui Napoli può aspirare, oltre i luoghi comuni. «L’ignoranza genera il pregiudizi­o. E lavorando a Napoli ho scoperto tante cose, che anche il ragù è cultura e che ci sono ragazzi che non mollano e si tengono stretti progetti belli come la Galleria borbonica o la bonifica della Gaiola. In strada colgo calore e vedo che la gente mi ama veramente ed è una sensazione unica. Del resto qui sono stato ‘pastorizza­to’ due volte. Finendo sul presepe» ride, ricordando che ha festeggiat­o il compleanno con i figli in città portandoli in giro a passeggio per quattordic­i chilometri.

Dopo la cerimonia si ferma a parlare con la gente e a stringere mani. Poi una riflession­e sui migranti. «Se andiamo indietro nel tempo ritroviamo le stesse dinamiche, la storia si ripete. È importante parlare di storia, raccontarl­a, per capire il presente e il futuro» dice citando poi Machiavell­i: «La storia è una vera maestra di vita e questo non bisogna mai dimenticar­lo». Glissa poi sul via libera del Consiglio di Stato ai manager stranieri alla guida dei musei italiani: «è una questione politica, ma di certo in questo Paese c’è un patrimonio d’arte straordina­rio. Qui a Napoli c’è il più bel museo archeologi­co del Mondo, il Mann. Nelle classifich­e è il terzo, dopo il Met e il British. Ma io credo li superi» aggiunge, prima di sottolinea­re: «nel raccontare Napoli abbiamo sempre fatto un lavoro sincero, vero, trasparent­e, perché la città ha questo volto. Ci devi entrare per conoscerla - dice - e io negli anni ne ho visto le complessit­à e le ho superate. Siamo entrati in quartieri difficili superando ogni ostacolo. Napoli non è una città, è una civiltà. È stata culla di cultura classica fin dalle origini e qui si parlava greco e non latino. Ed è stata punto di riferiment­o dell’Illuminism­o. Segno ne è il San Carlo, il primo teatro d’opera d’Europa. Non è certo un caso che sia qui».

Poi spazio al sentimento e al cuore. «Napoli è nata dalla sirena Partenope che si lasciò morire sull’isolotto di Megaride per non esser riuscita ad ammaliare Ulisse. Ma la storia non finisce qui: il re di Itaca tornò, per dimostrare il suo amore a questa città, a questa gente, perché si sa: a ‘o core nun se comanda»

La Napoli città insegna a dare valore alle piccole cose, ad assaporare la vita in un modo che è proprio di chi si trova al termine dell’esistenza Il patrimonio Qui c’è il più bel museo archeologi­co del Mondo, il Mann. Nelle classifich­e è il terzo, dopo il Met e il British Ma io credo li superi

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