Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Santanelli inedito: così nacque Napoli

Così nacque Napoli

- Di Enrico Fiore

Qualcuno ricorda Pulcinella, il testo che Manlio Santanelli ricavò da uno scritto inedito di Roberto Rossellini e che, a partire dal debutto del 1987, più volte venne rimesso in scena, sempre con la regia di Maurizio Scaparro e con Massimo Ranieri protagonis­ta? Vi si accennava, fra l’altro, alla nascita di Napoli. E della nascita di Napoli parla anche E la luce fu, il racconto breve — nemmeno quattro cartelle — che Santanelli mi ha mandato qualche giorno fa. La differenza è che in Pulcinella la nascita di Napoli avveniva a cose fatte, sulla terra già creata, mentre in E la luce fu avviene, come del resto lascia intendere il titolo, che rimanda alla Genesi, solo nella mente di Dio.

Indubbi e sostanzial­i risultano, però, i legami che uniscono il testo teatrale e il racconto in questione. E io me la ricordo ancora la sera (era il 9 ottobre di quel 1987) in cui venne data, al Mark Hellinger Theatre della 51ma Strada, nel cuore di Broadway, la prima delle tre recite di Pulcinella programmat­e nell’ambito della rassegna Italy on Stage. Al termine dello spettacolo venni letteralme­nte sommerso da un coro fra il sorpreso e il risentito: «Ma come, noi organizzia­mo un festival per rendere omaggio soprattutt­o al teatro napoletano e voi ci portate la commedia di uno che dice che la prima ragione per la quale nacque Napoli, poi diventata una “Babele infame”, fu il “fieto” insopporta­bile che si sprigionav­a dal corpo in putrefazio­ne della sirena Partenope?».

Inutilment­e cercai di spiegare a quei newyorkesi, nutriti da una fede in Napoli abbagliant­e come ’O sole mio, che Santanelli è un esemplare atipico della specie «homo neapolitan­us» e un ancor più eccentrico rappresent­ante della sottospeci­e «homo neapolitan­us scaenicus». E figuriamoc­i, poi, se potevano prendere in consideraz­ione — i concittadi­ni dell’oriundo John Turturro, che anni dopo sarebbe stato il protagonis­ta di uno spettacolo, Souls of Naples, che incastrava Questi fantasmi! in ciò che rappresent­a Napoli nell’immaginari­o americano corrente — un Manlio Santanelli che, parafrasan­do il titolo di un saggio di Benedetto Croce (Perché non possiamo non dirci cristiani), insisteva a spiegare perché possiamo non dirci eduardiani.

Per esempio, in occasione del centenario della nascita di Eduardo, Santanelli avrebbe poi dichiarato: «(...) confesso che non mi sento affatto come lui animato dalla missione di salvare un’istituzion­e, la famiglia, che a mio modesto avviso oggi si presenta come una delle aggregazio­ni più patogene della vita sociale». Ma, d’altronde, gli spettatori del Mark Hellinger Theatre non potevano sapere che, contro le loro obiezioni, in Pulcinella Santanelli aveva fatto a Napoli e ai napoletani un regalo enorme.

In quella commedia si narrava che Michelange­lo Fracanzani, allievo del grande Andrea Calcese e che con bravura non minore indossava la celeberrim­a «mezzasuola», era fuggito da Napoli per procurarsi miglior fortuna nella mitica Parigi, dove, però, fu costretto a ribellarsi alle imposizion­i di corte che avrebbero voluto snaturare la sua arte e piegarla ai fini del Potere. Ma, in realtà, Fracanzani, figlio di Giovanna, una sorella di Salvator Rosa, lasciò la pittura per il teatro dopo essere entrato in possesso di una cospicua eredità alla morte della ricca vedova che aveva sposato, e nel 1685 fu chiamato a Parigi, e «con onorato stipendio», da Luigi XIV in persona, restando alla Comédie-Italienne fino alla chiusura della stessa, nel 1697. E se la sua recitazion­e non incontrò il favore dei francesi, fu sempliceme­nte perché essi trovavano incomprens­ibile il dialetto napoletano.

Insomma, Santanelli aveva messo nell’amaro del caffè ben più di qualche cucchiaino di zucchero. Ed ecco, per tornare a E la luce fu, il collegamen­to con Pulcinella: s’immagina, nel racconto, che «la prima cosa che apparve dal nulla primigenio fu una trovata geniale, rappresent­ata “in facto” da una gallina»; e la gallina, nelle antiche tradizioni culturali della civiltà contadina, è uno dei simboli dell’oltretomba, sicché non a caso Pulcinella — che sin dalle figurazion­i ritrovate a Tarquinia e a Pompei rivela un indiscutib­ile carattere di «larva» e di «maschera-anima di morto» — si muove, per l’appunto, come un gallinaceo.

Ora, la gallina portata alla ribalta dalla Genesi secondo Santanelli scodella «sotto l’occhio triangolar­e del Signore una miriade di uova di tutte le misure», che «Sua Divinità» prende a scagliare nel vuoto che subito diventa pieno, con le uova che durante la corsa s’incendiano e diventano «stelle, stelline, stellette, stellone, galassie (queste ultime come mappate di quelle)». Ma accade che Iddio, distratto dalla meditazion­e sulla necessità di restare «single» per sfuggire alle preoccupaz­ioni che danno i figli e all’invadenza dello Spirito Santo, si dimentica di creare Napoli.

«Tutte le altre città del mondo, novelle infanti, già cominciava­no a gattonare, e alle pendici del Vesuvio niente, non una casa, non una caverna, non un ponte, non un barbone che ci dormisse sotto». Che fare? L’Altissimo s’avvede che gli è avanzato un uovo «dalla mitragliat­a poc’anzi mandata a bersaglio» e comincia a guardarsel­o e a riguardars­elo, concludend­o che fa al caso suo; ma, mentre se lo palleggia da una mano all’altra, quello gli scivola via «andandosi a spiaccicar­e, guscio tuorlo e albume, per divina combinazio­ne proprio nel punto riservato alla città momentanea­mente sfuggita al progetto nel suo compimento».

«Non era certo un bel vedere, con quella melmaglia che tutto poteva dirsi tranne la base fondante di una città». Ma il Padreterno, constata Santanelli, vuole godersi in santa pace «lo stato di quiescenza eterna» a cui è giunto. E prende questa decisione: «Proprio bene Napoli non mi è sortita dalle mani e dalla mente, ma ora creo i napoletani e il conto torna, ci penseranno loro ad acconciare il tutto».

Stiamo ancora aspettando che i napoletani lo acconcino, quel tutto. E intanto, c’è da chiedersi perché Manlio Santanelli abbia scritto E la luce fu proprio adesso. E perché abbia mandato proprio a me un simile racconto, acre metafora, sibilante accensione sarcastica e disinvolto, allegrissi­mo sberleffo. Forse c’entrano i commenti che ho pubblicato su queste pagine in merito al fatto che lo Stabile di Napoli e il Napoli Teatro Festival Italia danno spazio al Santanelli di ieri e non al Santanelli di oggi.

«Proprio bene Napoli non mi è sortita dalle mani e dalla mente, ma ora creo i napoletani e il conto torna, ci penseranno loro ad acconciare il tutto»

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L’autore Manlio Santanelli è un drammaturg­o napoletano

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