Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il Rettifilo significò anche speculazione
L’Atlante della città storica è una mappa capillare, quartiere per quartiere, dell’architettura e dell’urbanistica di Napoli, dovuta a Italo Ferraro: un’opera mastodontica e uno strumento indispensabile per la conoscenza della città partenopea. Nel suo articolo sul « Rettifilo» (Corriere del Mezzogiorno, 23 giugno) Ferraro offre poi una analisi lucida e fulminante: «un autentico fendente… una forma perentoria... un elemento di rigenerazione... un nuovo asse che s’impose con prepotenza e certezza di essere la città nuova».
La sua originale lettura induce tuttavia alla precisa storicizzazione di questo episodio emblematico dell’operazione «Risanamento», che meritò infatti a suo tempo la definizione di «sventramento» dopo che il presidente del Consiglio, Agostino Depretis, venuto assieme al re Umberto I a Napoli durante il colera del 1884, esclamò: «Bisogna sventrare Napoli!». Si richiamava al titolo del romanzo di Matilde Serao Il ventre di Napoli (1884), che sollecitava il salvifico intervento nel ventre infetto della città – non esistevano acqua e fogne, le condizioni igienico-sanitarie erano pessime. Erano i «quartieri bassi», Porto, Pendino, Mercato e Vicaria: il «quartiere angioino».
Il Risanamento comportò la demolizione di 63 chiese e cappelle per lo più di età medievale (Benedetto Croce provvide almeno a far conservare nel Museo di Donnaregina dipinti, statue e sepolcri). Il Comune per evitare di farsi carico della sorte degli abitanti non abbienti fece nascere la «Società per il Risanamento», che subito provvide a gettare sul lastrico e sradicare ben 87.500 abitanti: si ammassarono miseramente nelle grotte sul pendio di Monte Echia. Il senatore Pasquale Villari (Lettere meridionali, Napoli, 1884) denunciò a sua volta che nelle nuove, opulente strade del Risanamento «andrà solo la borghesia. La plebe locale vive solo col lavoro del posto dove abita. Portati altrove non potranno più vivere». Secondo Isaia Sales (Le strade della violenza, 2006) l’organizzazione radicata della plebe in società di camorra risale alla sua espulsione dall’area del Risanamento.
Nel 1886 fu approvato il progetto dell’ingegnerecapo del Comune, Giambarba: una grande e larga strada: il Rettifilo. Ma la distruzione dei «quartieri bassi» assicurava l’acquisizione dei suoli per lucrare nuove rendite immobiliari perché la classe borghese identificava solo nella rendita fondiaria la più concreta forma di reddito. Ed è lo stesso Giambarba, nel 1887, a scrivere allarmato: «La febbre dell’acquisto dei terreni ha invaso gli speculatori, si sono comprati fondi duplicandone il valore». Più esplicito il consigliere comunale Enrico Arlotta, che in una seduta del Consiglio denuncia: «Dopo il colera e l’iniziativa del Comune per combattere le cause del colera la speculazione di tutta Italia si è riversata sulla città di Napoli… e ha preso di mira i suoli edificatori».
Insomma, l’operazione Risanamento si convertì da un intervento di pubblica utilità in una colossale speculazione edilizia privata. Certo l’edilizia spazzatura dell’ultimo dopoguerra induce a guardare con un certo rispetto il gusto architettonico neorinascimentale del Rettifilo, che assecondava le esigenze di decoro della committenza borghese. Ma quelle dignitose cortine nascondono il dolore della storia.