Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Isis, si indaga su chat e messaggi L’inchiesta riparte dal telefonino usato dal gambiano accusato di terrorismo
NAPOLI Ripartono dal cellulare Samsung sequestrato a Sillah Ousman le indagini sul gruppo di terroristi islamici che si sono addestrati nel deserto libico e poi hanno raggiunto l’Italia. Un cellulare la cui scheda era stata attivata pochi giorni fa, il 6 giugno scorso, da un fantomatico pakistano che ha indicato una residenza a Napoli, in via Firenze 55. Un dato ovviamente falso, che gli investigatori intendono tuttavia approfondire. Ci sono poi i numeri di telefono, le chat, i messaggi: elementi che potrebbero rivelarsi preziosi per ricostruire quella rete di contatti alla quale, nell’ordinanza di custodia cautelare, fa riferimento il gip Anna Laura Alfano. «Vi è necessità di acquisire elementi di prova — si legge infatti nella misura — in ordine all’esistenza di una rete ulteriore di soggetti in rapporto con Sillah ed ogni elemento in ordine alle modalità di trasmissione di dati ed ai canali di ramificazione attraverso cui gli associati comunichino tra di loro e ricevano direttive dai vertici dell’associazione al fine di attivarsi anche con modalità solitarie».
Il fatto è che nel campo di Mo’askar, dove si sono addestrati sia Sillah Ousman sia Alagie Touray, l’altro gambiano arrestato il 20 aprile scorso davanti alla moschea di Licola, c’erano almeno 13 loro connazionali che si sono addestrati per diventare terroristi e compiere azioni suicide. Di loro si sono perse le tracce, ma molto probabilmente sono arrivati a loro volta in Italia. È urgente capire dove si trovino ora: proprio per questo il telefonino sequestrato a Sillah Ousman potrebbe essere importante. Almeno apparentemente il giovane non aveva contatti a Napoli: in città è arrivato in autobus nel pomeriggio di martedì 19 giugno; aveva ricevuto un invito a comparire dal pm Gianfranco Scarfò, titolare del fascicolo sull’Isis. Il gambiano era partito da Bari, scortato da alcuni operatori sociali, ed è stato accompagnato in un centro di accoglienza dal quale non si è allontanato. La mattina successiva è stato arrestato dop0 che Alagie Touray lo aveva formalmente riconosciuto attraverso un falso specchio posizionato nella caserma dei carabinieri. Proprio a Napoli, nel corso di una telefonata con la moglie, l’uomo si è definito «soldato di Dio».
A lavorare per ricostruire quanto prima la rete di contatti di Touray e Ousman sono gli uomini del Ros e quelli della Digos, coordinati rispettivamente da Gianluca Piasentin e Francesco Licheri. Tra i due gruppi di lavoro, ha sottolineato il procuratore, Giovanni Melillo, lo scambio di informazioni è continuo e la collaborazione totale: l’unico modo per ottenere risultati concreti e veloci nelle indagini, rese difficili dal numero di immigrati giunti negli ultimi anni in Italia e dalla loro identità molto spesso fantasma. Nel caso di Sillah Ousman la velocità di intervento è stata fondamentale: il giovane, infatti, è affetto da gravi disturbi psichici, come ha certificato anche un’esperta del centro di salute mentale di Calimera (Lecce).
Ha un carattere fortemente instabile e avrebbe potuto compiere un attentato terroristico in qualsiasi momento, con conseguenze inimmaginabili.