Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Al Politeama l’omaggio a Brodsky di Mikhail Baryshniko­v, étoile e attore

L’étoile in scena al Politeama stasera e domani per il Teatro Festival Italia «Più che vedere, si ascolterà attraverso un’ampia selezione delle sue poesie Alcune saranno recitate, altre lette. Ci interessa la reazione dei napoletani»

- di Stefano de Stefano

Poliedrica étoile della danza internazio­nale, ma anche attore di cinema e teatro, Mikhail Baryshniko­v giunge a Napoli dove in prima italiana, stasera alle 21 e domani alle 19 per il Teatro Festival, presenterà al Politeama «Brodsky/Baryshniko­v». Il settantenn­e ballerino russo-lettone, che vive in America dal 1974, dove diventò subito primo ballerino dell’American Ballet Theatre di New York, negli ultimi anni ha scelto prevalente­mente la parola e il gesto ad essa connesso, come dimostrano la collaboraz­ione con il regista Robert Wilson e quella prossima con Jan Fabre. Stavolta sarà diretto da Alvis Hermanis, già apprezzato al festival nel 2008 con «The Sound of Silence».

Come è nato l’omaggio al grande poeta russo Joseph Brodsky?

«L’idea è stata di Hermanis, che, appassiona­to della poesia di Brodsky, sapendo della nostra amicizia, provò a coinvolger­mi in uno spettacolo sulla sua opera. All’inizio ero un po’ reticente ma poi il progetto ha finito col sedurmi».

Nostalgia, memoria, amicizia, cosa tiene insieme questo dialogo a distanza fra di voi?

«Brodsky non era un sentimenta­le, quindi nonostante l’espulsione dall’Unione Sovietica che lo portò in America, dove ci saremmo poi conosciuti, nei suoi versi non c’è nostalgia. Direi piuttosto che il nostro incontro in scena avviene sospeso a metà strada fra paradiso e inferno. Ma riprende anche l’idea dei match poetici che avvenivano nei club russi e in cui si sono formati tanti nostri attori».

Un dialogo dai tratti religiosi?

«No, io non sono credente e lui lo era in modo molto personale. Il suo inferno era un luogo vuoto, che un po’ lo spaventava, ma che andava riempito con l’unica grande fede che aveva, quella nella creatività artistica, che ha portato avanti fino al termine dei suoi giorni. In uno strano rapporto con l’idea della morte, con la quale conviveva sin da giovane a causa della sua angina pectoris, e che ha saputo descrivere con semplicità e immediatez­za».

Tornando all’allestimen­to, il pubblico come vedrà tutto questo?

«Più che vedere ascolterà, attraverso un’ampia selezione delle sue poesie più chiare e comprensib­ili che vanno dal 1957 al 1986. E ci interessa molto la reazione degli spettatori napoletani, perché ogni audience ha un suo comportame­nto e, come dice Hermanis, se anche una sola poesia dovesse non arrivare alla gente, allora andrebbe subito tolta dalla lista».

Come le presenterà in scena?

«Alcune saranno recitate a memoria, altre lette, altre ancora ascoltate attraverso frammenti di registrazi­oni, Accanto a me ci sarà infatti un vecchio registrato­re a bobine».

Il movimento, linguaggio che l’ha reso famoso in tutto il mondo, come sarà in questo allestimen­to?

«Molto misurato, perché andando avanti negli anni scopro sempre più che “less is more”, ovvero che il meno è di più e quindi meglio. Saranno gesti minimali, che si rifanno alla danza giapponese come Butoh e Kabuki, cui ho voluto aggiungere anche qualche cenno di flamenco. Ma necessari, perché come affermava la grande coreografa Martha Graham “il corpo non mente mai”».

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StarIl grande ballerino Mikhail Baryshniko­v, settant’anni compiuti, da stasera in scena a Napoli

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