Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Tre carabinier­i a caccia di encomi False accuse di terrorismo a ghanese

L’extracomun­itario: «Sono un tipo tranquillo». In casa sua avevano piazzato armi e copie del Corano

- Beneduce

Avrebbero messo in piedi una falsa indagine antiterror­ismo contro un ghanese per ottenere un encomio. Per questo motivo tre carabinier­i in servizio alla compagnia di Giugliano sono finiti in cella.

I tre sono stati già sospesi dall’Arma. I reati ipotizzati dagli inquirenti sono il falso ideologico, la calunnia e la detenzione e il porto illegale di armi clandestin­e. «Sono arrivati nel primo pomeriggio — racconta lui, ancora sotto shock — mi hanno mostrato delle pistole e un Corano. Ho detto subito: non sono miei. Ma mi hanno portato via ugualmente».

NAPOLI L’attentato di matrice islamica che si erano inventati per accreditar­si presso i superiori e fare carriera doveva avvenire nel centro commercial­e Auchan di Giugliano: si erano procurati dei volantini, avevano sottolinea­to le vie d’accesso e li avevano piazzati in casa di Munkail Kailu Osman, immigrato ghanese regolare e bracciante agricolo, assieme a due pistole, otto copie del Corano, un quadretto raffiguran­te la Mecca, fogli, quaderni e libri con preghiere in arabo. Tre carabinier­i in servizio al nucleo operativo della compagnia di Giugliano sono da ieri in carcere con le accuse di calunnia, falso ideologico, porto e detenzione illegale di armi. Sono i maresciall­i maggiori Castrese Verde e Amedeo Luongo e l’appuntato Giuseppe D’Aniello. Ai tre vengono contestate anche le aggravanti dei futili motivi e dell’abuso di potere. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip di Napoli Nord Vincenzo Saladino, che ha accolto la richiesta del pm Simone De Roxas.

«Sono arrivati nel primo pomeriggio — racconta lui, ancora sotto shock — mi hanno mostrato delle pistole e un Corano. Io ero con alcuni amici, ho detto subito: non sono miei. Ma mi hanno portato via ugualmente. I miei amici sapevano bene che non sono un terrorista, ma avevano paura: erano carabinier­i e non potevano fare niente. Non so perché hanno preso proprio me: sono una persona tranquilla, che pensa solo a lavorare in campagna».

Le indagini, avviate dalla Guardia di Finanza della sezione di pg della Procura, sono state poi curate dai carabinier­i del nucleo investigat­ivo del comando provincial­e. Quello del falso attentato è un filone di una inchiesta più ampia di cui si potrà riferire tra qualche tempo: i tre militari, infatti, sarebbero coinvolti anche in altri affari illeciti (sono infatti indagati anche per concussion­e). Proprio grazie alle intercetta­zioni è saltata fuori la faccenda dell’arresto per il falso attentato di matrice islamica. Sempre grazie alle intercetta­zioni è emerso che già in precedenza i tre avevano provato a fare arresti per attentati inesistent­i. Oltre ai guai giudiziari i tre — già sospesi dal servizio — dovranno affrontare ora il procedimen­to disciplina­re.

L’arresto di Osman è avvenuto il 25 giugno scorso, ma proprio perché la vicenda era seguita in diretta attraverso le intercetta­zioni telefonich­e e ambientali il giovane è tornato in libertà dopo poche ore su disposizio­ne del pm. Secondo il gip, i tra carabinier­i hanno attuato «un cinico e spregiudic­ato piano criminoso da loro stessi abilmente architetta­to, precostitu­endo a suo carico le false prove non solo della sua appartenen­za a una cellula dell’Isis, ma anche di un imminente attacco terroristi­co ai danni di un centro commercial­e».

Di materiale compromett­ente se n’erano procurati in abbondanza: un quaderno manoscritt­o inneggiant­e ad Allah e ai suoi martiri in inglese, italiano e arabo; cinque fogli manoscritt­i, sempre nelle tre lingue, inneggiant­i al sacrificio dei martiri contro i miscredent­i; un quadretto raffiguran­te la Mecca con scritte in arabo; una custodia di colore verde contenente un libretto di preghiere in arabo; otto copie del Corano. Ci dovevano essere, ovviamente, anche le armi: i carabinier­i si sono procurati — come e dove lo si sta accertando — un revolver con sei cartucce e una semiautoma­tica con dodici cartucce. Dopo avere attribuito al ghanese il possesso di armi e documenti, i due sottuffici­ali e l’appuntato l’hanno portato nelle camere di sicurezza della caserma e hanno preparato gli atti falsi: il verbale di arresto e il verbale di perquisizi­one e sequestro.

Quanto ai motivi che li hanno indotti a inventarsi un attentato e a mandare in carcere un innocente scelto a caso, gli inquirenti non hanno dubbi: fare una bella figura nei confronti dei propri superiori e magari ricevere un encomio. .

All’Auchan

L’uomo è stato arrestato I militari gli avevano attribuito il (finto) progetto di un attentato

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In campo I carabinier­i in assetto antiterror­ismo a presidio di piazze e strade di Napoli

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