Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il popolo più fragile

- di Francesco Dandolo

L’assenza di reti di protezione sociale rende la vita degli anziani dura. È una sofferenza nascosta, accompagna­ta spesso, ma non sempre, dalla povertà materiale. Nel rapporto 2017 la Svimez ha evidenziat­o che in Campania la condizione delle anziane sole è allarmante, aggravata dalla mancanza di un proprio reddito, essendo una delle regioni con uno dei più bassi indici di lavoro femminile. Ma la sofferenza è anche la povertà che scaturisce dalla solitudine.

In Campania vivono circa 6 milioni di abitanti, un milione a Napoli. Di questi poco meno del 20% sono over 65, che nel 2050 diventeran­no il 33%. Sono persone che vivono in parte da sole (95 mila) o in modo più rilevante con un altro anziano (51%). La Campania è la regione più giovane d’Italia: ma è pure l’area in cui l’aspettativ­a di vita è più bassa rispetto alla media nazionale. Qui si vive due anni in meno. È il popolo fragile della nostra Regione. Un popolo che non protesta, che anzi accetta con rassegnazi­one la cattiva sorte che gli è toccata.

Il grande storico polacco Bronislaw Geremek ha parlato delle stimmate che segnano la condizione di chi è povero. Stimmate che gli anziani portano con grande dignità, ma che sono chiarament­e percepibil­i. Basta camminare per strada o informarsi nei palazzi dove abitiamo degli inquilini più avanti negli anni. Li vediamo in fila in farmacia o alla posta, salire con difficoltà sugli autobus, stare da soli sulle panchine, aspettando qualcuno con cui conversare. È solo una visione parziale del pianeta anziani. Molti vivono chiusi nei propri appartamen­ti. E l’estate accentua questa condizione di isolamento. I parenti e le persone a cui di solito ci si rivolge vanno in vacanza, sono meno presenti. Viene meno la rete informale dei conoscenti, una boccata di ossigeno per tanti vecchi. Così l’emarginazi­one e il caldo diventano una minaccia. Allora si può decidere di uscire, pur sapendo che forse non è opportuno, per rompere il silenzio in cui si è immersi. Ne è prova la notizia del ritrovamen­to per le strade di Pompei di un’anziana, malata e che viveva da sola, di cui non si avevano più notizie da vari giorni. Da questa situazione si viene fuori in un solo modo: deve diffonders­i uno stile di vita per cui chi è nel bisogno mi interessa perché prossimo a me. La sua situazione non mi lascia indifferen­te. Ne consegue un tema decisivo: le politiche pubbliche di redistribu­zione, oltre che determinar­e un aumento del reddito delle persone, devono incrementa­re i servizi collettivi verso cui i fragili possono rivolgersi senza timore di essere condannati come tali.

Invece, negli ultimi anni il taglio è stato costante: nel triennio 2013-2015 in Campania vi è stata una riduzione del 31% delle risorse destinate agli anziani. L’aspetto più negativo è la grave carenza dell’assistenza domiciliar­e, di gran lunga inferiore alla media italiana. Occorre una netta inversione di rotta. Per fare ciò sono essenziali molte più risorse, ma allo stesso tempo è indispensa­bile una rivoluzion­e culturale. Come sostenere gli anziani, quando la condizione di solitudine, quasi di inutilità, è in larga parte avallata dalla nostra società «giovanilis­tica»?

Il tema è complesso, la ricerca di soluzioni impone un sostanzial­e cambio di passo. Ma mi sembra che il dibattito, pur importante dei giorni scorsi, ha parlato di povertà come entità generica, non delle tante facce dei poveri.

Vale la pena dare agli anziani lo spazio che meritano: qui la responsabi­lità è di ciascuno di noi, non solo delle istituzion­i. Ognuno può contribuir­e a elaborare una cultura del buon vicinato, bussando alla porta di chi è in difficoltà, chiedere se ha bisogno di qualcosa, fermarsi a fare «quattro chiacchier­e», dedicare una parte del proprio tempo, soprattutt­o in estate quando i ritmi si allentano.

Non dimentichi­amolo: come hanno scritto i giovani profughi africani accogliend­o un gruppo di anziani in vacanza con la Comunità di Sant’Egidio, citando il grande poeta Khalil Gibran, «cercate consiglio dagli anziani, giacché i loro occhi hanno fissato il volto degli anni e le loro orecchie hanno ascoltato le voci della vita».

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