Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il popolo più fragile
L’assenza di reti di protezione sociale rende la vita degli anziani dura. È una sofferenza nascosta, accompagnata spesso, ma non sempre, dalla povertà materiale. Nel rapporto 2017 la Svimez ha evidenziato che in Campania la condizione delle anziane sole è allarmante, aggravata dalla mancanza di un proprio reddito, essendo una delle regioni con uno dei più bassi indici di lavoro femminile. Ma la sofferenza è anche la povertà che scaturisce dalla solitudine.
In Campania vivono circa 6 milioni di abitanti, un milione a Napoli. Di questi poco meno del 20% sono over 65, che nel 2050 diventeranno il 33%. Sono persone che vivono in parte da sole (95 mila) o in modo più rilevante con un altro anziano (51%). La Campania è la regione più giovane d’Italia: ma è pure l’area in cui l’aspettativa di vita è più bassa rispetto alla media nazionale. Qui si vive due anni in meno. È il popolo fragile della nostra Regione. Un popolo che non protesta, che anzi accetta con rassegnazione la cattiva sorte che gli è toccata.
Il grande storico polacco Bronislaw Geremek ha parlato delle stimmate che segnano la condizione di chi è povero. Stimmate che gli anziani portano con grande dignità, ma che sono chiaramente percepibili. Basta camminare per strada o informarsi nei palazzi dove abitiamo degli inquilini più avanti negli anni. Li vediamo in fila in farmacia o alla posta, salire con difficoltà sugli autobus, stare da soli sulle panchine, aspettando qualcuno con cui conversare. È solo una visione parziale del pianeta anziani. Molti vivono chiusi nei propri appartamenti. E l’estate accentua questa condizione di isolamento. I parenti e le persone a cui di solito ci si rivolge vanno in vacanza, sono meno presenti. Viene meno la rete informale dei conoscenti, una boccata di ossigeno per tanti vecchi. Così l’emarginazione e il caldo diventano una minaccia. Allora si può decidere di uscire, pur sapendo che forse non è opportuno, per rompere il silenzio in cui si è immersi. Ne è prova la notizia del ritrovamento per le strade di Pompei di un’anziana, malata e che viveva da sola, di cui non si avevano più notizie da vari giorni. Da questa situazione si viene fuori in un solo modo: deve diffondersi uno stile di vita per cui chi è nel bisogno mi interessa perché prossimo a me. La sua situazione non mi lascia indifferente. Ne consegue un tema decisivo: le politiche pubbliche di redistribuzione, oltre che determinare un aumento del reddito delle persone, devono incrementare i servizi collettivi verso cui i fragili possono rivolgersi senza timore di essere condannati come tali.
Invece, negli ultimi anni il taglio è stato costante: nel triennio 2013-2015 in Campania vi è stata una riduzione del 31% delle risorse destinate agli anziani. L’aspetto più negativo è la grave carenza dell’assistenza domiciliare, di gran lunga inferiore alla media italiana. Occorre una netta inversione di rotta. Per fare ciò sono essenziali molte più risorse, ma allo stesso tempo è indispensabile una rivoluzione culturale. Come sostenere gli anziani, quando la condizione di solitudine, quasi di inutilità, è in larga parte avallata dalla nostra società «giovanilistica»?
Il tema è complesso, la ricerca di soluzioni impone un sostanziale cambio di passo. Ma mi sembra che il dibattito, pur importante dei giorni scorsi, ha parlato di povertà come entità generica, non delle tante facce dei poveri.
Vale la pena dare agli anziani lo spazio che meritano: qui la responsabilità è di ciascuno di noi, non solo delle istituzioni. Ognuno può contribuire a elaborare una cultura del buon vicinato, bussando alla porta di chi è in difficoltà, chiedere se ha bisogno di qualcosa, fermarsi a fare «quattro chiacchiere», dedicare una parte del proprio tempo, soprattutto in estate quando i ritmi si allentano.
Non dimentichiamolo: come hanno scritto i giovani profughi africani accogliendo un gruppo di anziani in vacanza con la Comunità di Sant’Egidio, citando il grande poeta Khalil Gibran, «cercate consiglio dagli anziani, giacché i loro occhi hanno fissato il volto degli anni e le loro orecchie hanno ascoltato le voci della vita».