Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da Scarpetta fino a Modugno Ecco la nascita della parola «Ciao»
«A voi lo ciaone, a noi lu maccarone». Compie duecento anni anche a Napoli la parola «Ciao», utilizzata dal popolo partenopeo già agli inizi dell’Ottocento al modo di Renzi. È, della lingua italiana, la dicitura più famosa al mondo dopo «pizza».
Ciao c’è nelle commedie di Scarpetta e in quelle con Pulcinella e non sorprende dunque che al saluto così comune e tanto storpiato oggi sui social e sui telefonini – ciaone, ciassimo, ariciao e cia’ cia’ sono solo pochi esempi – uno studioso delle evoluzioni linguistiche come Nicola De Blasi, docente della Federico II, dedichi la sua ultima
fatica di storico della lingua italiana: «Ciao» (II Mulino, pagine 166, euro 13) che presenta oggi alle 18 nella Ubik di via Bendetto Croce, con Francesco de Cristofaro e Ida Palisi. De Blasi spiega come il termine derivi dal latino «sclavum» e come poi, a partire dal Quattrocento, si diffonda l’usanza di salutare qualcuno dichiarandosi suo schiavo. Di qui il veneziano «s’ciavo vostro», schiavo, appunto, da cui infine «ciao». Ma per il certificato di nascita di un termine occorre un’attestazione scritta, che in questo caso risale al 1818 a Milano, quando il tragediografo cortonese Francesco
Benedetti in una lettera accenna alle gentilezze ricevute da una signora che lo conduce alla Scala e dai milanesi in genere: «Questi buoni Milanesi cominciano a dirmi: Ciau Benedettin».
Come saluto confidenziale la parola si è affermata progressivamente tra Ottocento e Novecento, per poi diventare di uso generalizzato in tempi più recenti, assumendo nuove forme in nuovi contesti comunicativi. La svolta decisiva secondo De Blasi si ha grazie a una canzone sanremese: «Piove» di Domenico Modugno e Johnny Dorelli, anno 1959: diffusa e tradotta con il ritornello «Ciao, ciao bambina». Viene poi «Ciao amore» di Luigi Tenco nel 1967 quando la Piaggio decide di battezzare «Ciao» un suo motorino. E ancora prima l’antifascista «Bella ciao». Ciao è stato il titolo di una rivista e anche il nome di una crema antagonista della Nutella e persino la mascotte dei mondiali di calcio Italia ‘90. «Da semplice saluto, ciao si è trasformato in icona e marchio di fabbrica, cioè nome proprio commerciale, il che significa che trasmette suggestioni positive a un pubblico potenzialmente larghissimo di consumatori» scrive De Blasi.