Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Icons», la qualità della tecnica e dello sforzo fisico
Nella serata di «Icons», secondo appuntamento della sezione danza del Festival di Ravello, pioggia e vento hanno spinto la Company Wayne McGregor dal palcoscenico all’aperto di Villa Rufolo verso quello coperto dell’Auditorium. E grazie agli algoritmi del coreografo di Stockport, ai danzatori, nei quattro brani in programma, va riconosciuto il grande impatto che la loro azione ravvicinata ha regalato sul piano della percezione dello sforzo fisico e della qualità tecnica mostrata in ogni singolo passaggio dello spettacolo. A partire innanzitutto dalla prova delle tre étoiles ospiti, Alessandra Ferri, Herman Cornejo e Federico Bonelli, impegnate nei due diversi accoppiamenti possibili in «Witness» e in «Woolf Works Duet». Nel primo dando vita a un campionario di seducenti plasticità, sviluppate in modalità classiche, legate alle musiche ambientali e galleggianti di Nils Frahm, nel secondo assecondando con movenze morbide e ininterrotte il flusso sonoro, naturale e minimalista, di Max Richter. Con lei, Alessandra Ferri, protagonista di entrambe le coreografie e più che mai abile nel trasformare movimenti convenzionali del balletto come i brisé, i cambré, i passé e così via, in gesti inediti, creativi e inattesi, insomma assolutamente contemporanei. Dimensione peraltro tipica della dialettica oppositiva di McGregor, esemplificata nelle altre due coreografie: «Autobiographie Edits» e «Bach forms», affrontate con il pieno scenico di otto ballerini alternati nei diversi movimenti. La prima con la destrutturazione fisica delle atmosfere techno-tribali di Jlin, la seconda con la circolarità senza soluzione di continuità del gesto dei corpi suggerito dalle sonate barocche di Bach. (s. de st.)
” Bella prova delle tre étoile ospiti, Alessandra Ferri, Herman Cornejo e Federico Bonelli