Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Vi racconto gli «scambisti» della musica

Un violoncell­ista alle prese con l’immorale girandola delle raccomanda­zioni incrociate

- Di Luca Signorini

Diversi anni fa decisi di vederci chiaro sulla mia situazione pensionist­ica. Alcuni conoscenti mi misero in contatto con un anziano signore. Mi dissero che era esperto in questioni Enpals, quindi artisti, musicisti e simili. Mi dissero che era la persona giusta per farmi capire come ero combinato con i miei frastaglia­ti contributi. Lo contattai, fu molto cordiale. Ci penso io, mi disse.

Diversi anni fa decisi di vederci chiaro sulla mia situazione pensionist­ica. Alcuni conoscenti mi misero in contatto con un anziano signore che prese in cura la mia pratica. Mi dissero che quel signore era esperto in questioni Enpals, quindi artisti, musicisti e simili. Mi dissero che era la persona giusta per farmi capire come ero combinato con i miei frastaglia­ti contributi. Lo contattai, fu molto cordiale. Ci penso io alla tua pensione, mi disse; ogni tanto parlando intercalav­a con eh Luca, sapessi, in Italia, come vanno le cose… Comunque non volle soldi ma chiese, in cambio del suo interessam­ento, che facessi lezioni private (a pagamento) al figlio, che descrisse come un talento ma anche come uno scapocchio­ne.

Accettai il vantaggios­o scambio di favori e tentai di mettere in riga il ragazzo, che si dimostrò restìo ad ogni disciplina, consiglio, persino puntualità nel presentars­i a casa mia. Lo avrei cacciato dopo la seconda lezione, ma il padre aveva in mano la mia pratica e tenni duro. A un certo punto tutto fu chiaro, anche quel suo curioso intercalar­e su come vanno le cose in Italia: il favore chiestomi in cambio del prendersi cura della mia pensione non era, in realtà, fare lezioni private al ragazzo ma l’essere presente in una commission­e che facesse vincere allo scapocchio

ne un concorso presso un certo Ente Lirico-Sinfonico. A questa richiesta ebbi un sobbalzo e dissi al padre che suo figlio non aveva i fondamenta­li tecnici e che sperare in un concorso del genere era pura fantascien­za. Costui replicò con un non ti preoccupar­e, andrà tutto bene e tu, da quell’ente, avrai delle ricompense, vedrai, basta che tu vada in quella commission­e. Il culmine di questa parabola è nella telefonata di invito da parte del Sovrintend­ente di quel- l’ Ente a presiedere quella commission­e. Proprio quella. In un Ente nel quale non avevo mai messo piede. In una città nella quale non avevo mai messo piede. Mach e combinazio­ne. Mi disimpegna­i dicendo grazie per l’invito, purtroppo nei giorni del concorso sarò impegnato altrove. Lui mise giù senza dire arrivederc­i e io rimasi meditabond­o con la cornetta in mano per un pò.

Il babbo del ragazzo sparì, tutti sparirono, per lamia pensione mi rivolsi a un Caf. Non ho testimoni e non faccio nomi, e tantomeno voglio infangare la categoria dei Sovrintend­enti. Ne ho conosciuti di bravissimi, colti, umanamente e moralmente ineccepibi­li. Ho raccontato questo episodio per parlare degli scambisti, dai livelli dirigenzia­li più alti a chi opera in piccole associazio­ni. Chi gestisce danaro pubblico non dovrebbe fare scambi per uso personale. La gestione criminale dei migranti, cioè di quelle cooperativ­e indagate perché con i soldi per l’assistenza ci si compravano la Porsche, non è diversa da quella dell’associazio­ne musicale gestita ad uso di scambio a beneficio personale. Cioè io invito te non perché sei bravo ma perché tu inviterai me, e i duemila che ti ho dato (soldi pubblici) mi entreranno in tasca attraverso la tua associazio­ne. Salvando le associazio­ni microscopi­che che gestiscono briciole e che magari non coprono neanche le spese ma vanno avanti pur di portare un po’ di musica in un paesino sperduto, bisognereb­be buttare un occhio sugli scambisti di grandi dimensioni, che si mettono in tasca un sacco di soldi attraverso ungi rodi amici. Che gestire un’associazio­ne sia difficile e faticoso nessuno lo nega, ma allora un giusto compenso per il disturbo dovrebbe non cumularsi con extra racimolati grazie agli scambi, perché questi snaturano il senso stesso dell’ associazio­ne musicale.

Il problema è che, oltre alla tristezza di questa diffusa pratica scambista, spesso e volentieri si tagliano fuori dal mercato molti giovani talenti, o li si ingaggia gratis, o per due soldi, perché, anche se bravi, non possono ricambiare, non gestendo a loro volta un’associazio­ne. Si misurano i cachet in base a quanto torna indietro. Personalme­nte mi sentii dire da un individuo, al quale mi proposi per un concerto (ed ero un violoncell­ista riconosciu­to per la sua bravura): e io che ci guadagno? Così, papale papale. È un problema di senso della cosa pubblica; una bella frase di Theodor Adorno dice che «la forma più alta di moralità è non sentirsi mai a casa, nemmeno a casa propria». Divagando, leggo su un quotidiano che la produzione di una certa stagione lirica sarebbe costata ben un milione di euro di soldi pubblici a tito- lo. Tutto lecito ma – se la notizia fosse vera, e spero di no – con tutti quei soldi è stata forse costituita un’orchestra stabile, con contratti equi e a lungo termine, che abbiano dato tranquilli­tà economica ai musicisti che ci suonano?

A volte viene voglia di dire: magari privatizza­ssero tutto, detrazioni fiscali per gli sponsor e concorrenz­a libera, allacciamo­ci le cinture e vinca il migliore. Uno sponsor privato che crea con la sua immagine commercial­e stagioni musicali starebbe attento alla qualità? Forse si, forse no. Forse, prima di assumere a vita uno scapocchio­ne, ci penserebbe. In ogni caso, credo che la cultura musicale non si diffonda con nomi altisonant­i, ai quali il pubblico (spesso composto da anziani, annoiati da chiunque ci sia sul palco) si assuefa, ma con una diffusa produzione musicale sul territorio, con più orchestre stabili o che almeno vivano di contratti dignitosi ed economicam­ente equi in rapporto al budget generale. Ma del valore morale della diffusione musicale secondo me pochi ne capiscono davvero, men che meno gli scambisti, naturalmen­te.

” Il favore chiesto era la presenza in una commission­e per far vincere qualcuno

” Mi sentii dire da un individuo, al quale mi proposi per un concerto: e io che ci guadagno?

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