Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Vi racconto gli «scambisti» della musica
Un violoncellista alle prese con l’immorale girandola delle raccomandazioni incrociate
Diversi anni fa decisi di vederci chiaro sulla mia situazione pensionistica. Alcuni conoscenti mi misero in contatto con un anziano signore. Mi dissero che era esperto in questioni Enpals, quindi artisti, musicisti e simili. Mi dissero che era la persona giusta per farmi capire come ero combinato con i miei frastagliati contributi. Lo contattai, fu molto cordiale. Ci penso io, mi disse.
Diversi anni fa decisi di vederci chiaro sulla mia situazione pensionistica. Alcuni conoscenti mi misero in contatto con un anziano signore che prese in cura la mia pratica. Mi dissero che quel signore era esperto in questioni Enpals, quindi artisti, musicisti e simili. Mi dissero che era la persona giusta per farmi capire come ero combinato con i miei frastagliati contributi. Lo contattai, fu molto cordiale. Ci penso io alla tua pensione, mi disse; ogni tanto parlando intercalava con eh Luca, sapessi, in Italia, come vanno le cose… Comunque non volle soldi ma chiese, in cambio del suo interessamento, che facessi lezioni private (a pagamento) al figlio, che descrisse come un talento ma anche come uno scapocchione.
Accettai il vantaggioso scambio di favori e tentai di mettere in riga il ragazzo, che si dimostrò restìo ad ogni disciplina, consiglio, persino puntualità nel presentarsi a casa mia. Lo avrei cacciato dopo la seconda lezione, ma il padre aveva in mano la mia pratica e tenni duro. A un certo punto tutto fu chiaro, anche quel suo curioso intercalare su come vanno le cose in Italia: il favore chiestomi in cambio del prendersi cura della mia pensione non era, in realtà, fare lezioni private al ragazzo ma l’essere presente in una commissione che facesse vincere allo scapocchio
ne un concorso presso un certo Ente Lirico-Sinfonico. A questa richiesta ebbi un sobbalzo e dissi al padre che suo figlio non aveva i fondamentali tecnici e che sperare in un concorso del genere era pura fantascienza. Costui replicò con un non ti preoccupare, andrà tutto bene e tu, da quell’ente, avrai delle ricompense, vedrai, basta che tu vada in quella commissione. Il culmine di questa parabola è nella telefonata di invito da parte del Sovrintendente di quel- l’ Ente a presiedere quella commissione. Proprio quella. In un Ente nel quale non avevo mai messo piede. In una città nella quale non avevo mai messo piede. Mach e combinazione. Mi disimpegnai dicendo grazie per l’invito, purtroppo nei giorni del concorso sarò impegnato altrove. Lui mise giù senza dire arrivederci e io rimasi meditabondo con la cornetta in mano per un pò.
Il babbo del ragazzo sparì, tutti sparirono, per lamia pensione mi rivolsi a un Caf. Non ho testimoni e non faccio nomi, e tantomeno voglio infangare la categoria dei Sovrintendenti. Ne ho conosciuti di bravissimi, colti, umanamente e moralmente ineccepibili. Ho raccontato questo episodio per parlare degli scambisti, dai livelli dirigenziali più alti a chi opera in piccole associazioni. Chi gestisce danaro pubblico non dovrebbe fare scambi per uso personale. La gestione criminale dei migranti, cioè di quelle cooperative indagate perché con i soldi per l’assistenza ci si compravano la Porsche, non è diversa da quella dell’associazione musicale gestita ad uso di scambio a beneficio personale. Cioè io invito te non perché sei bravo ma perché tu inviterai me, e i duemila che ti ho dato (soldi pubblici) mi entreranno in tasca attraverso la tua associazione. Salvando le associazioni microscopiche che gestiscono briciole e che magari non coprono neanche le spese ma vanno avanti pur di portare un po’ di musica in un paesino sperduto, bisognerebbe buttare un occhio sugli scambisti di grandi dimensioni, che si mettono in tasca un sacco di soldi attraverso ungi rodi amici. Che gestire un’associazione sia difficile e faticoso nessuno lo nega, ma allora un giusto compenso per il disturbo dovrebbe non cumularsi con extra racimolati grazie agli scambi, perché questi snaturano il senso stesso dell’ associazione musicale.
Il problema è che, oltre alla tristezza di questa diffusa pratica scambista, spesso e volentieri si tagliano fuori dal mercato molti giovani talenti, o li si ingaggia gratis, o per due soldi, perché, anche se bravi, non possono ricambiare, non gestendo a loro volta un’associazione. Si misurano i cachet in base a quanto torna indietro. Personalmente mi sentii dire da un individuo, al quale mi proposi per un concerto (ed ero un violoncellista riconosciuto per la sua bravura): e io che ci guadagno? Così, papale papale. È un problema di senso della cosa pubblica; una bella frase di Theodor Adorno dice che «la forma più alta di moralità è non sentirsi mai a casa, nemmeno a casa propria». Divagando, leggo su un quotidiano che la produzione di una certa stagione lirica sarebbe costata ben un milione di euro di soldi pubblici a tito- lo. Tutto lecito ma – se la notizia fosse vera, e spero di no – con tutti quei soldi è stata forse costituita un’orchestra stabile, con contratti equi e a lungo termine, che abbiano dato tranquillità economica ai musicisti che ci suonano?
A volte viene voglia di dire: magari privatizzassero tutto, detrazioni fiscali per gli sponsor e concorrenza libera, allacciamoci le cinture e vinca il migliore. Uno sponsor privato che crea con la sua immagine commerciale stagioni musicali starebbe attento alla qualità? Forse si, forse no. Forse, prima di assumere a vita uno scapocchione, ci penserebbe. In ogni caso, credo che la cultura musicale non si diffonda con nomi altisonanti, ai quali il pubblico (spesso composto da anziani, annoiati da chiunque ci sia sul palco) si assuefa, ma con una diffusa produzione musicale sul territorio, con più orchestre stabili o che almeno vivano di contratti dignitosi ed economicamente equi in rapporto al budget generale. Ma del valore morale della diffusione musicale secondo me pochi ne capiscono davvero, men che meno gli scambisti, naturalmente.
” Il favore chiesto era la presenza in una commissione per far vincere qualcuno
” Mi sentii dire da un individuo, al quale mi proposi per un concerto: e io che ci guadagno?