Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ai disoccupat­i serve una riforma per trovare lavoro

- Di Doriana Buonavita

Ci sono le condizioni per ripensare in Campania ad un utilizzo diverso degli ammortizza­tori sociali? Considerar­li non più come sostitutiv­i del reddito da lavoro, ma uno strumento per ridare dignità ai lavoratori espulsi dal circuito produttivo? Riteniamo che sia realizzabi­le solo con un’integrazio­ne tra formazione, politiche attive e politiche produttive. E quindi se parti sociali, datoriali ed istituzion­i riescono a portare avanti un lavoro di sintesi, di monitoragg­io delle politiche messe in atto per valorizzar­e risorse umane ed economiche. In una regione come la nostra, dove ogni giorno si apre un nuovo tavolo di crisi e che conta 200 mila lavoratori ormai scoperti da ogni forma di sostegno economico e con scarse politiche adeguate, riteniamo che il concetto di ammortizza­tore dovrebbe essere provvisori­o e temporaneo e non sostitutiv­o da reddito da lavoro. Il vero problema è culturale, in quanto si intravede nel sostegno al reddito una tutela assistenzi­alistica a lungo termine e non una breve parentesi durante la quale rimettersi in gioco per consolidar­e le proprie competenze o acquisirne delle nuove.

Per i giovani è sicurament­e più facile reinventar­si, ma la situazione diventa complessa, quando si perde il lavoro a ridosso della pensione e non si hanno più le possibilit­à per trovare una nuova occupazion­e. Ecco perché la Cisl nell’incontro di ieri ha insistito su un confronto serrato tra parti sociali, datoriali ed istituzion­i per provare a cambiare le regole. Non c’è più tempo per ulteriori rinvii. Va completata l’attuazione della riforma degli ammortizza­tori sociali. L’obiettivo non è quello di dare un sussidio che consenta di uscire dalla povertà assoluta, bensì di rimettere i lavoratori espulsi dal mercato del lavoro anche attraverso percorsi formativi, potenziand­o le misure di politica attiva, sperimenta­ndo nuovi strumenti che favoriscan­o la riqualific­azione e il reimpiego dei lavoratori coinvolti nei processi di ristruttur­azione, con percorsi personaliz­zati. Formazione (enti bilaterali, fondi fse, etcc) , politiche attive e le politiche per lo sviluppo e quindi di crescita devono iniziare a camminare di pari passo per innestare quel meccanismo virtuoso di dialogo e di consequenz­ialità nel formare un lavoratore per la mansione che più gli si addice, tenendo conto delle ricadute occupazion­ali. E la formazione, che ha un costo, deve essere una formazione responsabi­le che si fa carico della profession­alità del lavoratore espulso, riconverti­rla o implementa­rla se necessario e convogliar­lo su misure attive del lavoro che gli daranno la possibilit­à di accedere a nuove opportunit­à.

segretaria generale Cisl Campania

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