Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ai disoccupati serve una riforma per trovare lavoro
Ci sono le condizioni per ripensare in Campania ad un utilizzo diverso degli ammortizzatori sociali? Considerarli non più come sostitutivi del reddito da lavoro, ma uno strumento per ridare dignità ai lavoratori espulsi dal circuito produttivo? Riteniamo che sia realizzabile solo con un’integrazione tra formazione, politiche attive e politiche produttive. E quindi se parti sociali, datoriali ed istituzioni riescono a portare avanti un lavoro di sintesi, di monitoraggio delle politiche messe in atto per valorizzare risorse umane ed economiche. In una regione come la nostra, dove ogni giorno si apre un nuovo tavolo di crisi e che conta 200 mila lavoratori ormai scoperti da ogni forma di sostegno economico e con scarse politiche adeguate, riteniamo che il concetto di ammortizzatore dovrebbe essere provvisorio e temporaneo e non sostitutivo da reddito da lavoro. Il vero problema è culturale, in quanto si intravede nel sostegno al reddito una tutela assistenzialistica a lungo termine e non una breve parentesi durante la quale rimettersi in gioco per consolidare le proprie competenze o acquisirne delle nuove.
Per i giovani è sicuramente più facile reinventarsi, ma la situazione diventa complessa, quando si perde il lavoro a ridosso della pensione e non si hanno più le possibilità per trovare una nuova occupazione. Ecco perché la Cisl nell’incontro di ieri ha insistito su un confronto serrato tra parti sociali, datoriali ed istituzioni per provare a cambiare le regole. Non c’è più tempo per ulteriori rinvii. Va completata l’attuazione della riforma degli ammortizzatori sociali. L’obiettivo non è quello di dare un sussidio che consenta di uscire dalla povertà assoluta, bensì di rimettere i lavoratori espulsi dal mercato del lavoro anche attraverso percorsi formativi, potenziando le misure di politica attiva, sperimentando nuovi strumenti che favoriscano la riqualificazione e il reimpiego dei lavoratori coinvolti nei processi di ristrutturazione, con percorsi personalizzati. Formazione (enti bilaterali, fondi fse, etcc) , politiche attive e le politiche per lo sviluppo e quindi di crescita devono iniziare a camminare di pari passo per innestare quel meccanismo virtuoso di dialogo e di consequenzialità nel formare un lavoratore per la mansione che più gli si addice, tenendo conto delle ricadute occupazionali. E la formazione, che ha un costo, deve essere una formazione responsabile che si fa carico della professionalità del lavoratore espulso, riconvertirla o implementarla se necessario e convogliarlo su misure attive del lavoro che gli daranno la possibilità di accedere a nuove opportunità.
segretaria generale Cisl Campania