Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ruggero Cappuccio: «Numeri da record per il Teatro Festival»
I numeri dell’undicesima edizione della manifestazione durata ben 33 giorni Il direttore artistico: «Abbiamo registrato 80 mila partecipanti, 40 mila spettatori con quelli che hanno visitato le mostre e hanno assistito ai concerti dal vivo»
L’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia si è appena conclusa e per il direttore artistico Ruggero Cappuccio è già tempo di primi bilanci. «È stata – spiega – la più lunga, con i suoi 33 giorni di programmazione, ma anche quella che ha fatto registrare il più alto numero di spettatori paganti per gli spettacoli, 40 mila, cui vanno aggiunti gli altri 10 mila che hanno visitato la mostra su Tomasi di Lampedusa e a seguire tutti quelli che hanno visto le altre mostre, che hanno assistito ai concerti e che hanno preso parte alle notti del dopofestival a Palazzo Reale, per un totale di 80 mila partecipanti».
Come spiega questo risultato?
«Credo che la Regione Campania abbia fatto uno sforzo immenso, il più alto di un ente pubblico in Italia per un festival, con un contributo di 5 milioni di euro, che ha il sapore di un investimento che considera la cultura un nutrimento per lo spirito di pari importanza alla sanità che cura invece i nostri corpi. Il che ci ha consentito una politica dei prezzi bassi che è stata premiata. Inoltre abbiamo dato lavoro a 2033 persone, fra attori, registi, tecnici e così via, per un totale di 160 appuntamenti più 14 laboratori con 400 partecipanti, selezionati da 1500 domande».
Numeri importanti. Ma non crede che questa edizione sia stata un po’ troppo lunga e logorante?
«Per me sarebbe meno stancante farne una di 15 giorni. Ma ciò significherebbe far lavorare meno compagnie, che invece guardano al festival come un’occasione, specie quelle più giovani o meno note della sezione osservatorio. E poi non ho sentito la gente lamentarsi per questo, perché così ha più possibilità di scelta, come il visitatore degli Uffizi, che si sofferma su ciò che gli interessa di più. D’altra parte la durata della rassegna è una variabile che può oscillare ogni anno. E su questa lunghezza si attestano anche i festival di Edimburgo e Avignone».
Molti spettacoli sono apparsi più da stagione che da festival.
«Credo che veicolare spettacoli da un festival a una o più stagioni invernali sia un merito per una rassegna, che diventa così un’utile vetrina per le compagnie ma anche per i teatri destinati ad ospitarle».
Ma questo non affievolisce l’idea di fondo di un festival?
«Se parliamo di un tema, per me c’era eccome ed è quello legato alla pluralità delle identità. Il pensiero unico mi ha sempre spaventato e ha portato spesso dittature e guerre. E poi perché dovrei costringere gli autori a lavorare su un mio suggerimento, piuttosto che dare spazio alle loro rispettive vocazioni?».
Un’altra questione, quella relativa all’accavallamento con altri eventi come il Ravello Festival e il Pompeii. Sarà evitabile in futuro?
«Ci proveremo, anche se non sarà facile vista la concentrazione delle attività in questo periodo estivo».
Infine, che idea si è fatto sull’annunciata trasformazione del cda della Fondazione Campania dei Festival, ?
«La Regione era tempo che auspicava lo snellimento degli organismi, con un amministratore unico, un segretario generale e i revisori dei conti. E io non posso che approvare ogni tipo di ottimizzazione».
” Altre cifre Lavoro per 2033 persone, 160 appuntamenti, più 14 laboratori con 400 partecipanti