Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pannelli di arte contemporanea colorano le domus di Pompei
«Scoperti» monumenti funebri, mostra di Catrin Huber nel Criptoportico
L’influenza della Pompei antica sul contemporaneo nelle installazioni dell’artista tedesca Catrin Huber alla Casa del Criptoportico (foto). Expanded Interiors è il nome del progetto interdisciplinare dell’artista Catrin Huber che esplora la pittura parietale e i manufatti di epoca romana rinvenuti a Pompei ed Ercolano, interpretandoli in chiave contemporanea. Aperte al pubblico due grandi tombe restaurate da poco.
La città antica non è morta ma continua a vivere, sospesa tra passato e futuro. Emblematica la giornata di ieri. Di buon mattino il direttore del parco archeologico Massimo Osanna ha accompagnato i convegnisti arrivati a Pompei per una giornata di studi in memoria dell’archeologo Enzo Lippolis nell’area di porta Stabia dove per la prima volta è stato possibile ammirare due monumenti funerari del primo secolo dopo Cristo, restaurati di recente con fondi ordinari.
L’area è adiacente a quella in cui un anno fa è venuta alla luce la tomba monumentale di Gnaeus Alleius Nigidius che, grazie a un’iscrizione, ha peraltro consentito di formulare nuove ipotesi sul numero degli abitanti della città antica: sarebbero stati più o meno trentamila. Poche ore più tardi lo stesso Osanna e il direttore del Grande progetto Mauro Cipolletta hanno tenuto a battesimo la mostra «Expanded Interiors» dell’artista tedesca Catrin Huber, allestita all’interno della casa del Criptoportico: i grandi e coloratissimi pannelli di alluminio esposti sulle pareti dei corridoi e in un ambiente termale della domus, rappresentano una sorta di proiezione verso gli anni a venire. Sono liberamente ispirati ai dipinti di epoca romana, parzialmente distrutti dalla furia della natura, ma anche dalla violenza dell’uomo. La casa fu infatti investita anche da un bombardamento durante la Seconda guerra mondiale.
Ma procediamo per ordine. I due monumenti funerari di porta Stabia, restaurati sotto la direzione dell’archeologa Luana Toniolo, saranno presto restituiti alla pubblica fruizione, grazie a ulteriori lavori che realizzeranno anche il collegamento con la tomba di Nigidius. La tomba B, di forma triangolare è costituita da due blocchi parallelepipedi di calcare bianco. L’interno presenta tre nicchie su altrettanti lati, mentre sul quarto si accede alla camera. Cinque delle nove urne fittili non sono state svuotate nel corso delle campagne di scavo ottocentesche: in queste hanno restituto le ceneri dei defunti, mentre altre hanno permesso di recuperare i resti dell’ustrinum, vale a dire il rogo funebre. «Grazie a questi ritrovamenti - ha spiegato Osanna possiamo contare su dati straordinari che ci permettono di ricostruire in dettaglio come si svolgevano i riti funebri». L’altra struttura, denominata convenzionalmente tomba A, è di forma quadrata. All’interno della camera sepolcrale vi sono delle nicchie ricavate sui tre lati del muro laterizio. L’accesso alla tomba è situato sul lato meridionale ed è chiuso da una porta in calcare, ritrovata chiusa al momento dello scavo: è stata aperta per i lavori di restauro e ha dimostrato il perfetto funzionamento dell’opera romana a distanza di duemila di distanza. Sulla porta un’iscrizione latina così tradotta: «Iarinus saluta Expectato, amico per sempre; saluti ad Habito». Sopra quest’ultimo nome qualche passante disegnò un fallo. A quell’epoca le necropoli erano ubicate in corrispondenza delle porte principali e delle principali vie di comunicazione. Osanna non ha escluso che nell’area adiacente, possa nascondere una grande villa, simile a quella dei Misteri.
Dalla morte alla vita. Al vernissage della mostra di arte contemporanea Osanna ha voluto ribadire il rapporto osmotico tra l’archeologia e la contemporaneità. «Fin dai primi scavi del 1748 Pompei ed Ercolano sono state inesauribili fonti di ispirazione per artisti, letterati, architetti. E hanno finito per impregnare l’intera cultura europea. Allo stesso modo, le opere contemporanee che ospitiamo oggi non rappresentano una contrapposizione verso l’antico, ma aiutano a riflettere e a ripensarlo. Mi piace che venga restituta dignità alle pareti alle quali il tempo ha tolto qualcosa». Decisamente emozionata, Catrin Huber ha esposto il suo intento «di stabilire un dialogo tra antico e moderno, esplorando allo stesso tempo ciò che la pittura contemporanea e pratica artistica specifica nel sito possono imparare dal lavoro spesso incredibilmente complesso e sofisticato dei pittori romani». Il direttore del Madre di Napoli, Andrea Viliani , ha definito l’iniziativa «un segno dell’eterno sforzo di ricostruzione di Pompei» e auspicato, con un raffinato ossimoro, l’avvento «di un’archeologia del futuro e non del passato». Le installazioni resteranno nella casa del Criptoportico fino al 15 gennaio 2019.