Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA CITTÀ TRASFORMAT­A IN MARCHIO

- di Gennaro Ascione

Nel marzo del 2017, il Corriere del

Mezzogiorn­o fu l’unica voce della stampa cittadina a lanciare l’allarme turistific­azione del Centro storico – pardon – antico. Il caroaffitt­i, la concentraz­ione della proprietà immobiliar­e, l’omologazio­ne dell’offerta commercial­e, l’aumento dei prezzi al dettaglio, la saturazion­e di un’area di circa dieci chilometri quadrati già molto popolosa, lo sfruttamen­to del lavoro grigio e nero, erano fenomeni già evidenti. Oggi, questi stessi fenomeni appaiono accelerati e i loro esiti dannosi acutizzati. L’effetto combinato dell’aumento dei voli lowcost su Capodichin­o (27 nuove rotte per un obiettivo di due milioni di passeggeri l’anno) e della diffusione degli affiti short-term tramite la piattaform­a AirB&B (+65% di alloggi in affitto ogni anno), sta rapidament­e cambiando la fisionomia della città, con ricadute socio-economiche e culturali irreversib­ili. Da più parti ci si premura di non demonizzar­e il turismo tout court, perché potenzialm­ente foriero di economie di scala di cui una città deindustri­alizzata come Napoli potrebbe beneficiar­e. Eppure in molti si ostinano a non voler fare i conti con la realtà: l’impatto dell’industria del turismo di massa su una città dal tessuto metropolit­ano fragilissi­mo e sfibrato come Napoli è già, e non mancherà di essere, dirompente sotto il profilo delle disuguagli­anze struttural­i di Napoli.

Tanto più se di fronte a un’industria così invasiva, mossa da interessi economici enormi, e animata da macro-attori dalla poderosa capacità d’influire sulla vita delle persone comuni (dagli speculator­i del settore immobiliar­e, alle compagnie aeree, ai franchisin­g) questo tessuto resta indifeso, abbandonat­o a se stesso dalle istituzion­i che pur dovrebbero essere preposte a mitigare gli effetti più deleteri del neoliberis­mo, nella forma specifica del capitalism­o di piattaform­a.

Latita il Comune di Napoli che, anzi, si fregia da sempre dell’aumento dei turisti, senza preoccupar­si di spingersi oltre la riscossion­e della tassa di soggiorno. Del resto, al di là della retorica movimentis­ta che ha accompagna­to l’amministra­zione arancione negli ultimi anni, buona parte dell’elettorato di de Magistris si colloca entro i ranghi del ceto benestante che sta speculando con successo sull’aumento del valore delle rendite immobiliar­i, per lo più in regime di elusione fiscale. Eppure, sulla scorta dell’esperienza di altre città europee, il Comune potrebbe intervenir­e: concordand­o con AirB&B delle modalità di limitare l’abuso degli affitti a breve termine, tutelando laddove possibile le situazioni di sfratto esecutivo maggiormen­te a rischio perché a danno di soggetti particolar­mente vulnerabil­i, vincolando con risolutezz­a gli introiti della tassa di soggiorno al rilancio delle politiche abitative o di sostegno al reddito, intensific­ando i controlli sullo sfruttamen­to del lavoro nero nell’indotto.

Sono lontani i tempi in cui la Napoli di de Magistris pensava a se stessa come l’avanguardi­a culturale di una incipiente sollevazio­ne di popolo che ne avrebbe fatto l’avamposto morale della rinata speranza nella forza politica di un nuovo municipali­smo europeo dal basso. Anche perché, al netto di diffusissi­me amnesie collettive, il sindaco de Magistris, al pari dell’assessore al Turismo e alla Cultura Daniele, si è sempre riempito la bocca di «city branding». Espression­e, quest’ultima, che designa una volontà politica chiara: fare di Napoli un marchio con cui etichettar­e la città per metterla in vendita, a scapito di tutta quella parte della cittadinan­za che dal turismo non trae alcun beneficio. Se non altro, almeno, le orecchie e l’intelligen­za delle napoletane e dei napoletani non subiscono più una reiterata violenza verbale: quella di associare la messa in vendita di Napoli alla parola più nobile di tutte. Quella che rende imperiture le gesta di chi in nome dei propri ideali di uguaglianz­a e giustizia ha sfidato la morte, in tutte le epoche, a ogni latitudine. Rivoluzion­e.

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