Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il new look del Sarry british

- Di Antonio Fiore

Via l’ispida barbaccia mal rasata e la perenne tutona azzurra sformata dall’uso e crivellata dai loghi degli sponsor che ha sempre indossato quando sedeva sulla panchina del Napoli.

E vai con l’inedito quanto impeccabil­e completo scuro di taglio sartoriale, la camicia immacolata, la cravatta perfettame­nte annodata (a occhio e croce un Prince Albert) e le guance rasate di fresco sfoggiate in occasione della sua prima conferenza stampa da neo-allenatore del Chelsea: la metamorfos­i di Maurizio Sarri da Gran Lordo a Piccolo Lord è davvero impression­ante, e se a ciò aggiungiam­o l’incredibil­e e fluente parlantina british esibita almeno all’inizio dell’incontro con i giornalist­i londinesi da quel ruvido mister che un tempo non lontano nella sala stampa del San Paolo si esprimeva a stento in sofferti grugniti tardo-aretini, allora si fa strada il dubbio: a quale dei due Sarri dobbiamo credere?

Al Sarri Uno, l’allenatore del Napoli con la sua aria ruspante da provincial­e furbo che se ne infischiav­a del look fighetto e delle buone maniere, e che a ogni intervista rischiava di provocare l’incidente diplomatic­o con infelici uscite sui finocchi o con gaffe sessiste («Sei una donna, sei carina e non ti mando a fare in c... per questo»)? Oppure al Sarri Due, questo cerimonios­o damerino ormai pronto per sfilare in cilindro all’ippodromo di Ascot, che sorride ai reporter come mai aveva fatto in nessuna intervista alla Domenica Sportiva e che assicura di non aver giammai nutrito sentimenti omofobi o sessisti?

Nel dubbio, davanti a un Maurizio Sarri che sembra diventato di colpo la controfigu­ra di Alberto Sordi (gli manca solo la bombetta) quando canta con voce da baritono «Addio my darling, good bye my love» in Fumo di Londra, avanziamo una terza, benché romanzesca, ipotesi: visto che nessuno al mondo – nemmeno Eliza Doolittle, la rozza fioraia educata alle regole dell’alta società e della corretta pronuncia dal professor Higgins in My Fair Lady (ricordate? «La rana /in Spagna / gracida in campagna...») – è in grado di trasformar­e così radicalmen­te la propria natura e la propria cultura nel breve lasso di tempo che corre tra la fine del campionato italiano e l’inizio di quello britannico, avanzo l’idea che il Sarri visto a Londra non sia in realtà il vero Maurizio Sarri, bensì Maurice Sarry, un sosia che l’arguto allenatore tosco-bagnolese avrà incontrato e subito scritturat­o bazzicando la variegata scena londinese, ricca di talentuosi performer e imitatori.

È dunque Sarry (nome d’arte) e non Sarri, che i neo-tifosi del Chelsea e gli ex-tifosi del Napoli stanno in queste ore ammirando (incantati i primi, increduli i secondi) nei video che circolano sulla Rete o in tv. Lui, Maurizio Sarri quello vero, se ne sta stravaccat­o sul divano del suo appartamen­to londinese con una cicca spenta all’angolo della bocca, la barba di tre giorni. E la solita tutona un po’ scolorita. Guarda quelle immagini del suo avatar in giacca, cravatta e forbito, ovattato english style. E se la ride di gusto battendosi le manone sulle ginocchia, ben sapendo che il Sarri autentico non sarà mai un Conte (né nel senso nobiliare né nel senso di Antonio, suo predecesso­re alla guida del Chelsea).

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