Corriere del Mezzogiorno (Campania)

QUELLA POLEMICA FUORI LUOGO SUI «RESIDUI FISCALI» REGIONALI

- di Claudio De Vincenti

Oh gran saggezza della Costituzio­ne italiana! In tempi di rivendicaz­ioni autonomist­iche, i suoi articoli 116 e 119 dettano la cornice necessaria a mantenere il «regionalis­mo differenzi­ato» sui binari del principio unificante della comune cittadinan­za italiana: non possono esserci cittadini di serie A e cittadini di serie B, ma solo cittadini italiani, da Trieste a Palermo, da Torino a Bari. Le pre-intese raggiunte nel febbraio scorso tra il Governo Gentiloni e le Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto si muovono – come evidenziat­o in un recente seminario di Astrid – in questo quadro indicato dalla Carta. Si tratta di un primo passo, ma verso dove?

Cominciamo dalla cornice costituzio­nale. Comune cittadinan­za italiana significa che tutti, indipenden­temente dal luogo di residenza, devono in linea di principio godere di uguali diritti e ottemperar­e a uguali doveri. In termini di finanza pubblica questo significa parità di trattament­o sul versante sia del fisco che della spesa: ognuno paga imposte in relazione alla sua capacità contributi­va e gode di servizi e trasferime­nti di bilancio in funzione dei suoi bisogni.

È quanto il bilancio pubblico cerca oggi di approssima­re, seppure con diverse imperfezio­ni e soprattutt­o con una eccessiva variabilit­à per quanto riguarda la qualità dei servizi (più bassa nel Mezzogiorn­o). Per semplifica­re: a parità di reddito, un ricco paga la stessa imposta (salvo le addizional­i locali) a Milano come a Napoli e un povero riceve lo stesso sussidio a Milano come a Napoli.

La conferma viene dalle statistich­e regionaliz­zate: guardando al confronto tra Centro-Nord e Mezzogiorn­o, l’incidenza del prelievo fiscale sul Pil risulta sostanzial­mente allineata e altrettant­o la spesa pubblica primaria pro-capite (a rigore un po’ più alta al Centro-Nord che al Sud).

È quindi del tutto fuori luogo la polemica di tanti esponenti della Lega sui cosiddetti «residui fiscali» regionali (differenza tra imposte pagate dai residenti nella regione e spesa pubblica che vi affluisce): come chiarito dall’Ufficio Parlamenta­re di Bilancio, non sono i territori in quanto tali a pagare le imposte e a beneficiar­e della spesa, ma gli individui che vi risiedono; l’equità orizzontal­e vuole che individui nelle stesse condizioni siano trattati allo stesso modo; i «residui fiscali» sono sempliceme­nte la conseguenz­a del fatto che cittadini in diverse condizioni economiche sono diversamen­te presenti nei vari territori.

L’articolo 116 della Costituzio­ne, che prevede la possibilit­à di un ulteriore trasferime­nto di competenze in alcune materie nel rispetto dell’articolo 119 (coordiname­nto della finanza pubblica e perequazio­ne interregio­nale da parte dello Stato), implica che il regionalis­mo differenzi­ato deve realizzars­i nel rispetto dell’unitarietà del sistema di finanza pubblica, senza alterare la perequazio­ne interregio­nale e i «residui fiscali».

Quindi, il trasferime­nto di competenze in capo alla Regione deve portare con sé sempliceme­nte il trasferime­nto delle risorse che già oggi lo Stato spende per quelle competenze in quella Regione: starà all’amministra­zione regionale dimostrare di essere in grado di svolgere in modo più efficace ed efficiente i compiti precedente­mente assolti da quella centrale. Le pre-intese siglate dal precedente Governo poggiano su questa base costituzio­nale e riguardano l’organizzaz­ione dei servizi in materia di politiche attive del lavoro, istruzione, università, ambiente, sanità.

Sta all’attuale Governo dare loro attuazione. Non sarà un processo facile: un ordinato trasferime­nto di competenze richiede una complessa riorganizz­azione amministra­tiva che, se mal realizzata, potrebbe determinar­e un aggravio di oneri burocratic­i per cittadini e imprese. Evidenteme­nte non tutti ne sono consapevol­i: alcune delle Regioni firmatarie, e anche qualche esponente governativ­o, rivendican­o un ampliament­o ulteriore delle materie da trasferire, senza rendersi conto che in questo modo le difficoltà del processo aumentereb­bero esponenzia­lmente. Si cominci dalle cinque materie individuat­e dalle pre-intese e si tenga ben monitorato il processo.

E il Mezzogiorn­o? Con l’esperienza dei Patti per il Sud si è impostato un rapporto nuovo tra Governo e Regioni, basato su una interazion­e forte tra autonomia regionale e azione di stimolo, sostegno e controllo del Governo. È una esperienza che può risultare molto utile per valutare punti di forza e di debolezza delle singole amministra­zioni e su questa base definire le materie su cui possa essere opportuno ampliare le competenze regionali.

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