Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Elogio del Pallagrello nero del «Casolare diVino»
Casavecchia, Pallagrello bianco e, soprattutto, Pallagrello nero. Tra gli antichi-nuovi vini di Terra di Lavoro, quest’ultimo alla distanza mi sembra il più convincente. Originale, sicuramente come gli altri due, rivela una personalità più marcata, in grado di reggere il confronto, forse anche più del Taurasi (mamma mia, chissà quanti nemici mi faccio con questa affermazione), con quella di altri grandi vini rossi italiani da invecchiamento. Nella tenuta circostante l’agriturismo Casolare diVino di Alvignano si allevano ormai da più di un decennio le viti dell’omonimo vitigno. Dopo numerose sperimentazioni il vino è arrivato in commercio. Davanti ho la bottiglia del 2016, refrigerata a dovere, portata cioè alla temperatura di cantina di 16-18 gradi, molto diversa dalla temperatura ambiente dell’afosa estate che viviamo. E allora, il vino è di colore rubino scurissimo, con affascinanti riflessi bluastri piuttosto che violacei. Molto compatto, quasi impenetrabile. Limpido e di percepibile consistenza, ruota con compassata lentezza nel calice da Bordeaux nel quale avrete l’accortezza di versarlo. Il bouquet si definisce in pochi minuti e rivela una complessità inaspettata. Si colgono note di piccoli frutti di bosco, soprattutto ribes nero, maturi e in confettura. Si fa strada alla distanza l’amarena. Molto intriganti i sentori speziati, eleganti quelli di tabacco trinciato doppio con il «condimento» del Latakia. Il corpo è sicuramente muscoloso, ma per nulla sgraziato. La giovanissima età si evidenzia al palato. Il vino è caldo, secco, abbastanza morbido; rinfrescato dalla sostenuta acidità, regge la sua struttura su tannini estratti con perizia e non ancora domati. Il finale è abbastanza lungo, preciso, pulito. Un rosso ancora verde. Destinato a evolvere con esiti immaginabili solo approssimativamente. Attualmente va bevuto su carni rosse succulente o su formaggi stagionati. Poi sarà pronto per la selvaggina di pelo.