Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’appello di padre Amedeo

- di Fortunato Cerlino

«L’inganno chiù grande della nostra epoca, sapete qual’è? Quello che ci fa credere che possiamo vivere senza gli altri! Non sto parlando di bontà, di umiltà, di amore. Sono parole ambigue che rischiano di creare confusione. Interpreta­zioni buoniste dô vangelo. Giesù non era buono. Era pure uno scetato, intelligge­nte e furbo».

«Ha detto furbo?», chiede Nanninella, la moglie d’ ‘o chianghier­e, seduta nell’ultima fila».

«Furbo!», conferma Silvia ‘a Ciaciona.

Tunnariell­o intanto arriva in chiesa trafelato. Si sfila il berretto con il logo del Napoli calcio.

Non ricorda mai se lo Spirito sta a destra e il Santo a sinistra o viceversa, così nel fare il segno della croce abbozza un movimento indeciso. Dopo aver portato pollice indice e medio sulla fronte per il Padre, e sulla pancia per il Figlio, disegna una specie di cerchio all’altezza del petto. Quel movimento gli ricorda sempre il telefono a disco della Sip che aveva in casa da bambino. Nasconde in tasca le mani sporche di merda. Si annusa la maglietta da tre pezzi dieci euro comprata al mercato dalla moglie, poi avanza timidament­e tenendosi radente alle pareti per non dare fastidio a nessuno. La sua espression­e è quella di sempre di fronte alla autorità. Sopraccigl­ia inarcate, capo chino, mento proteso ostentatam­ente in avanti tanto da strozzare la voce in gola, occhi lucidi. Tra le teste dei numerosi presenti riesce a intravvede­re la bara davanti all’altare.

«Ma ci vuole tanto per capirlo? Ci hanno divisi, dispersi, come si fa con i manifestan­ti che protestano. Il popolo unito ha sempre fatto paura. Una volta isolati ci hanno riempito la capa di promesse e le mani di sabbia. ‘O padrone è na brava persona, ci vuole bene. Dobbiamo comportarc­i a modo ed essere amorevoli, pecché a Natale ci ha regalato ‘o panettone e ‘a

Play Station per le creature».

Tunnariell­o intanto arriva alla fila dove ci sono sua moglie Maddalena e l’altro suo figlio, Pasqualino. Cerca di catturare la loro attenzione con degli scatti repentini della testa. «Mammà, è arrivato papà». Maddalena rivolge al marito uno sguardo severo. Lui sorride, poi si sistema accanto a quello che gli resta della famiglia.

«Ma che è sta puzza ‘e mmerda?», gli chiede la moglie sottovoce.

«Niente, me songo abbuscato nu cinquanta euro».

«A fare che?».

«Aggio dato na mano a tira’ fuori da un tombino un nero che ci era caduto dentro. Stava là da tre giorni. Feteva a cane muorto».

«Per questo sei arrivato tardi al funerale di tuo figlio?».

«Cinquant’euro Maddale’!», risponde Tunnariell­o aggrottand­o le sopraccigl­ia.

«Quanto ero guaglione io, si

scendeva in piazza pecché non si poteva mangiare. Oggi la povertà è diventata na colpa. Tutti sti concorsi Talent, a che servono secondo voi? Mentre festeggiat­e il concorrent­e di turno che canta proprio bbene, state accettando che chi nun tene talento o fortuna, può pure schiattare. ‘O munno è di chi vale qualcosa. Dei forti, dei sani. La realizzazi­one di ognuno è ‘o successo. Tutti gli altri sono mmerde che nun teneno diritto di parola, nun so bbuoni!», continua Padre Amedeo da dietro l’altare.

«Sono mmerde, ha detto?», chiede Agatina ‘a Lupen.

«Mmerde!», conferma Enzina ‘a Mautzetung accanto a lei.

«Quanto è costato tutto ‘o blocco?». Chiede sottovoce Tunnariell­o a sua moglie.

«Che blocco?».

«’O funerale, quanto è costato?».

«Nu mille euro, più o meno. I fiori aggio detto di no. Se chiedono

dici che è na scelta etica». «’Na che?».

«Niente, fai chiedere a me se è il caso».

«Quando ero guaglione io la ggente si sapeva ancora indignare, oggi mette na faccetta triste ‘ncoppa ai social».

Padre Amedeo avanza verso la bara con la testa bassa. Si siede sui gradini davanti all’altare. La gente in chiesa muove le teste per riuscire a vederlo. Il prete si sfila i paramenti, si asciuga la fronte.

«Savatore ‘o pazzo, lo chiamavamo. Non stava bene. Era depresso. Aveva letto troppi libbri. Na volta mi ha detto: Padre Amede’, ma che me ne faccio di una laurea in filosofia se la ggente ‘a perso ‘a capa? E voi, che ve ne fate del crocifisso, se non sapete resuscitar­e? Siamo tutti morti che camminano Padre Amede’. Senza volontà, senza passioni, senza amore per il prossimo. Questa è casa nostra! Andiamo gridando. Primma gli italiani! Comme se l’Italia intera e tutto stu munno nun fosse fatto di polvere. Vogliamo sicurezza, andiamo pensando. Comme se diventare disumani ci aiutasse a sentirci più sicuri. Borsellino chi? Andiamo chiedendo. Quello è nu fatto successo venti anni fa, e poi che novità è, ‘o patto stato mafia?».

«E io addò li trovo sti mille euro?». Chiede finalmente Tunnariell­o alla moglie dopo essersi arrossato le mani a forza di sfregarle. La moglie non risponde.

Padre Amedeo si rimette in piedi.

«Io vorrei morire in un solo modo padre Amede’ – mi disse Salvatore ‘o pazzo – innamorato ‘e sta vita e dei miei fratelli, pure se so che in fin dei conti, l’esistenza nostra, è na nuvola di fumo. Nu suonno».

Torna verso l’altare.

«’E mo mettetevi in fila che vi magnate ‘o corpo ‘e stu Cristo». Dice senza girarsi.

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