Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Nelle sale dell’Anton Dohrn la prima intuizione sul Dna

Un centro di ricerca dal respiro internazio­nale, dalla nascita ad oggi

- Romualdo Gianoli

Sono passati meno di dieci anni da quando, nel 1872, è nata la Stazione Zoologica voluta dallo scienziato tedesco Anton Dohrn e le iniziali difficoltà finanziari­e sono ormai alle spalle. Neanche lui può immaginarl­o a quell’epoca, ma la sua creazione sta per diventare un punto di riferiment­o a livello mondiale per centinaia di scienziati. Tra questi anche molti Premi Nobel che sulle rive del Golfo svolgerann­o studi cruciali per la scienza e l’umanità, come quelli sulla fecondazio­ne artificial­e e sull’ereditarie­tà, fino alla scoperta del Dna.

Intanto, alla metà degli anni ’80 dell’Ottocento, le innovative idee di Dohrn danno i loro frutti. L’acquario richiama turisti e visitatori, gli straordina­ri reperti di Salvatore Lo Bianco sono venduti in tutta Europa ma, soprattutt­o, i famosi «tavoli di studio» funzionano a pieno ritmo e portano subito a due importanti risultati: il riconoscim­ento del prestigio della Stazione da parte del governo italiano e la creazione di una comunità internazio­nale di scienziati che accorrono a Napoli, attratti dalla possibilit­à di confrontar­e studi e teorie. I tempi sono cambiati perché, se qualche anno prima qualcuno aveva ironicamen­te definito la Stazione «una pescheria con sopra una piccola università», adesso è la Regia Marina Italiana a chiedere la sua collaboraz­ione per istruire un ufficiale da mandare in giro per il mondo a raccoglier­e campioni di fauna e flora marina, durante una delle previste missioni di circumnavi­gazione del globo. È la storia della nave Vettor Pisani, che abbiamo raccontato qualche tempo fa su queste pagine.

Nel 1889 sono già 500 gli studiosi passati sui tavoli della Stazione che, nel frattempo, si va ampliando grazie al Comune di Napoli che ha donato 10.000 lire e concesso, gratuitame­nte, altro suolo nella Villa Comunale, mentre vari ministeri italiani ed enti stranieri sostengono finanziari­amente l’Istituto. Sul versante scientific­o, intanto, Dohrn intuisce che la fisiologia, cioè la scienza che studia le funzioni degli organismi viventi per decifrare le leggi che regolano i fenomeni vitali, è a un punto di svolta e ha bisogno di esplorare nuovi campi. Così, nel 1882, decide di realizzare un nuovo laboratori­o dedicato a questa disciplina: ad aiutarlo sono alcuni dei migliori scienziati del mondo; tra questi Emil Fischer, Nobel per la chimica nel 1902 e Paul Ehrlich, Nobel per la medicina nel 1908. Quando Dohrn muore, nel 1909, il nuovo laboratori­o è terminato da soli tre anni e la Stazione è in piena salute: conta circa 150 locali su oltre 2000 metri quadrati, uno staff fisso di 50 persone e 40 tavoli di lavoro che, fino alla prima guerra mondiale, saranno occupati 2.400 volte. E a stupire non è solo la quantità di ricerca svolta ma, soprattutt­o, la sua altissima qualità.

Tra il 1889 e il ’91, il fisiologo tedesco Jacques Loeb realizza a Napoli la fecondazio­ne artificial­e sui ricci di mare mentre, negli stessi anni, il biologo tedesco Theodor Boveri sperimenta l’ibridazion­e fra specie diverse di ricci, proponendo una prima teoria cromosomic­a dell’ereditarie­tà. Tra fine Ottocento e inizio Novecento, l’americano Thomas H. Morgan conduce alla Stazione esperiment­i di embriologi­a su svariati animali mentre, tra il 1908 e il 1914, il tedesco Otto Warburg studia i processi chimici coinvolti nella crescita e nella respirazio­ne cellulare. Grazie a queste ri- cerche, entrambi vinceranno il Nobel per la medicina, il primo nel 1933 e il secondo nel 1931.

Così non dovrebbe sorprender­e che, in tempi più recenti, la scoperta del Dna abbia avuto origini napoletane. A confermarl­o è James Watson, l’americano che nel 1951 lavorò per alcuni mesi alla Stazione grazie a una borsa di studio e che, nel 1962, ebbe il premio Nobel per la medicina per la scoperta del Dna e del suo ruolo nella trasmissio­ne dell’informazio­ne nella materia vivente. Ricorda lo scienziato: «Lavoravo in biblioteca e per la prima volta vidi l’immagine della molecola del Dna ottenuta con la diffrazion­e a raggi X. Non voglio farla grossa, ma la scoperta del Dna è iniziata all’ombra del Golfo e l’ho raccontato nel libro La doppia elica. Napoli, quindi, è stato un luogo fondamenta­le per me». E che Napoli sia stata davvero un luogo fondamenta­le per i tanti scienziati che vi hanno lavorato in quasi 150 anni, è testimonia­to dal fatto che essi stessi hanno coniato l’espression­e «Naples Experience», per definire l’unicità del periodo trascorso qui.

Oggi la Stazione Zoologica continua a essere un’eccellenza della scienza mondiale, caratteriz­zata dallo stesso spirito indipenden­te, internazio­nale e multidisci­plinare voluto da Dohrn. Con una storia così gloriosa alle spalle e un presente di assoluto rilievo, la Stazione è un vanto per la città, ma anche una realtà delicata da proteggere e valorizzar­e in ogni modo. È per questo che fa ancora più male vedere lo stato di degrado e abbandono in cui da troppo tempo versano i giardini della Villa Comunale in cui sorge l’elegante edificio della Stazione. Ad Anton Dohrn non sarebbe certo piaciuto.

Sviluppi Quando Dohrn muore, nel 1909, il centro è terminato da soli tre anni e conta uno staff fisso di 50 persone

 ??  ?? In alto a sinistra, Anton Dohrn al lavoro nella Stazione Zoologica A destra, lo scienziato James Watson Qui sopra, un’immagine della Stazione ai primi del Novecento
In alto a sinistra, Anton Dohrn al lavoro nella Stazione Zoologica A destra, lo scienziato James Watson Qui sopra, un’immagine della Stazione ai primi del Novecento
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