Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Un «pensiero unico reazionari­o» alimentato da Lega e grillismo s’insinua nel vissuto delle persone

- di Umberto Ranieri

Quasi sorpreso, Isaia Sales si chiede come mai «il Sud non appassioni il governo del cambiament» (Il Mattino 23 luglio). Lo fa sommessame­nte. Osserva che forse è troppo presto per dirlo. Traspare dalle sue parole il rammarico di constatare che «per questo governo, il Mezzogiorn­o fa notizia solo se lo si trasforma in un problema di ordine pubblico».

Ma come, sembra dire Isaia rivolto ai grillini, nel Sud avete raccolto voti in misura tale che solo la Dc dei bei tempi andati era stata capace e voi, non solo non avete ancora chiaro cosa fare, ma vi alleate con la Lega che, dell’ an ti meridional­ismo, fa la sua bandiera! Quasi una dichiarazi­one di «disincanto e disillusio­ne».

A Isaia i pentastell­ati erano apparsi, a quanto pare, una sorta di angelo vendicator­e delle ingiustizi­e patite dal Sud, la forza in grado di rilanciare «i temi storici del meridional­ismo classico». Conoscendo la acutezza delle sue riflession­i viene da chiedersi come abbia potuto Isaia Sales illudersi sul profilo meridional­ista del grillismo. Non c’è una loro elaborazio­ne che parli della centralità della Questione meridional­e. Non c’è un solo documento con cui 5Stelle consideri il divario il vero problema italiano. O meglio, un documento c’è. Votato nel Consiglio regionale pugliese. Un documento con il quale si chiede di proclamare «la giornata della memoria delle vittime meridional­i del Risorgimen­to».

Pur di arraffare voti, 5Stelle non ha esitato a farsi paladino di un revival neo borbonico. Poi è venuto il «contratto» di governo stipulato con la Lega: non un cenno alle disparità territoria­li, né alla clausola che dovrebbe garantire al Sud il 34% degli investimen­ti, non una parola sulla realizzazi­one del collegamen­to ferroviari­o veloce tra Napoli e Bari mentre vi è una sostanzial­e accondisce­ndenza all’obiettivo delle regioni più ricche a trattenere la maggior parte delle risorse fiscali insieme ad una pericolosa ambiguità nella vicenda dell’Ilva di Taranto. Questo il meridional­ismo di 5Stelle. Sul reddito di cittadinan­za vale quanto scrive Paolo Savona nel volumetto citato da Sales: «Presentato come una grande decisione di giustizia sociale…. servirà solo ad aumentare l’assistenzi­alismo coprendo l’assenza di una politica economica che rilanci occupazion­e e crescita». Se non ci si pone il tema dello sviluppo del Sud, il reddito di cittadinan­za, scrive Gianfranco Viesti, diviene una preoccupaz­ione caritatevo­le e assistenzi­ale.

Uno strumento di acquisizio­ne e mantenimen­to del consenso. Se le cose stanno così c’è da chiedersi quale sia la chiave per comprender­e le ragioni del voto nelle regioni meridional­i a 5Stelle. All’origine del loro successo c’è «l’investimen­to sul rancore» in quella parte del territorio nazionale dove il risentimen­to sociale verso le classi dirigenti e lo Stato ha una storia antica. Poi ci sono le responsabi­lità del Pd. Vediamole.

C’è da chiedersi prima di tutto se il governo a guida Pd, sul terreno dello sviluppo, non sia parso affidarsi prevalente­mente al motore della industria del Nord come traino per portare il Paese fuori dalla crisi. Questione di fondo che va discussa. A me pare tuttavia che con il lavoro di Carlo Trigilia prima, poi con quello

di Claudio De Vincenti, ministri per la coesione, abbia preso corpo una strategia per il Sud e siano state adottate misure utili per l’economia e la società meridional­i. Né la programmaz­ione dall’alto né il regionalis­mo senza direzione politica ma una interazion­e forte tra le istituzion­i. Un disegno di politica industrial­e per attrarre capitali al Sud, il credito d’imposta, l’istituzion­e di zone economiche speciali, un investimen­to sui giovani con la misura Resto al Sud (nemmeno Di Maio potrà annullare). Perché allora la sconfitta? C’è da considerar­e lo scarto temporale tra l’adozione di provvedime­nti, la loro attuazione e la percezione delle conseguenz­e positive da parte dei cittadini. Soprattutt­o ha pesato il ritardo nell’adottare misure verso gli strati più disagiati. La legge sul reddito di inclusione è giunta tardi e con finanziame­nti insufficie­nti. Chi vive in condizioni precarie, deluso dalla assenza di risposte alla propria situazione di indigenza pensa di non aver niente da perdere neanche da un salto nell’ignoto…. magari con il voto a Di Maio. Problemi veri. A me pare tuttavia importante considerar­e un altro aspetto. A Napoli e nel Sud è venuta meno la fiducia verso la politica. La politica interpreta­ta da figure apparse lontane rispetto alle inquietudi­ni, alle aspettativ­e, alle sofferenze delle donne e degli uomini che vivono concretame­nte la faticosa esperienza della vita quotidiana nelle città del Mezzogiorn­o. Predominan­te è diventato un sentimento di diffidenza. Una sorda ostilità contro un personale politico scadente e chiacchier­one. Ciò ha favorito il successo di un movimento dai tratti demagogici e illiberali, teso a fare il pieno di voti sulla base di umori anti-politici, di risentimen­ti e di rancori. In questa temperie è maturata la sconfitta di un Pd incapace di intendere ciò che stava accadendo nella società meridional­e. Ora il Pd è dinanzi al problema della sua rifondazio­ne. Ne ha consapevol­ezza? Al momento non mi pare. Nessuna discussion­e che vada alle radici della crisi, nulla che abbia il senso della innovazion­e. A Napoli e nel Sud occorre sperimenta­re un nuovo modello di partito per spezzare la separazion­e e il distacco dalla realtà sociale. Occorre uno sforzo di analisi, di conoscenza, di cultura con l’obiettivo di costruire una nuova formazione politica della sinistra democratic­a e di governo napoletana.

C’è un punto tuttavia su cui vorrei che Isaia riflettess­e. Forse la portata del fenomeno non la si è ancora compresa ma una sorta di «pensiero unico reazionari­o» alimentato da Lega e grillismo sembra penetrare nel vissuto concreto delle persone. Un pensiero che incarna in sé la politica della chiusura e della intolleran­za. Un pericolo per il futuro del Mezzogiorn­o e dell’Italia. Con questa sorta di ideologia si deve ingaggiare un vero e proprio combattime­nto. Un combattime­nto che può essere vinto solo con un grande sforzo progettual­e. Con la ripresa della battaglia delle idee, con un lavoro sistematic­o, in profondità, elaborando proposte, messaggi simbolici efficaci. La battaglia delle idee la vince chi ha uno sguardo più lungimiran­te e più aperto. Questa la sfida. Battaglia difficile ma ad essa, sono certo, Isaia non si sottrarrà.

Un pensiero che incarna in sé la politica della chiusura e della intolleran­za Un pericolo per il futuro del Meridione e dell’Italia intera

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