Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Un «pensiero unico reazionario» alimentato da Lega e grillismo s’insinua nel vissuto delle persone
Quasi sorpreso, Isaia Sales si chiede come mai «il Sud non appassioni il governo del cambiament» (Il Mattino 23 luglio). Lo fa sommessamente. Osserva che forse è troppo presto per dirlo. Traspare dalle sue parole il rammarico di constatare che «per questo governo, il Mezzogiorno fa notizia solo se lo si trasforma in un problema di ordine pubblico».
Ma come, sembra dire Isaia rivolto ai grillini, nel Sud avete raccolto voti in misura tale che solo la Dc dei bei tempi andati era stata capace e voi, non solo non avete ancora chiaro cosa fare, ma vi alleate con la Lega che, dell’ an ti meridionalismo, fa la sua bandiera! Quasi una dichiarazione di «disincanto e disillusione».
A Isaia i pentastellati erano apparsi, a quanto pare, una sorta di angelo vendicatore delle ingiustizie patite dal Sud, la forza in grado di rilanciare «i temi storici del meridionalismo classico». Conoscendo la acutezza delle sue riflessioni viene da chiedersi come abbia potuto Isaia Sales illudersi sul profilo meridionalista del grillismo. Non c’è una loro elaborazione che parli della centralità della Questione meridionale. Non c’è un solo documento con cui 5Stelle consideri il divario il vero problema italiano. O meglio, un documento c’è. Votato nel Consiglio regionale pugliese. Un documento con il quale si chiede di proclamare «la giornata della memoria delle vittime meridionali del Risorgimento».
Pur di arraffare voti, 5Stelle non ha esitato a farsi paladino di un revival neo borbonico. Poi è venuto il «contratto» di governo stipulato con la Lega: non un cenno alle disparità territoriali, né alla clausola che dovrebbe garantire al Sud il 34% degli investimenti, non una parola sulla realizzazione del collegamento ferroviario veloce tra Napoli e Bari mentre vi è una sostanziale accondiscendenza all’obiettivo delle regioni più ricche a trattenere la maggior parte delle risorse fiscali insieme ad una pericolosa ambiguità nella vicenda dell’Ilva di Taranto. Questo il meridionalismo di 5Stelle. Sul reddito di cittadinanza vale quanto scrive Paolo Savona nel volumetto citato da Sales: «Presentato come una grande decisione di giustizia sociale…. servirà solo ad aumentare l’assistenzialismo coprendo l’assenza di una politica economica che rilanci occupazione e crescita». Se non ci si pone il tema dello sviluppo del Sud, il reddito di cittadinanza, scrive Gianfranco Viesti, diviene una preoccupazione caritatevole e assistenziale.
Uno strumento di acquisizione e mantenimento del consenso. Se le cose stanno così c’è da chiedersi quale sia la chiave per comprendere le ragioni del voto nelle regioni meridionali a 5Stelle. All’origine del loro successo c’è «l’investimento sul rancore» in quella parte del territorio nazionale dove il risentimento sociale verso le classi dirigenti e lo Stato ha una storia antica. Poi ci sono le responsabilità del Pd. Vediamole.
C’è da chiedersi prima di tutto se il governo a guida Pd, sul terreno dello sviluppo, non sia parso affidarsi prevalentemente al motore della industria del Nord come traino per portare il Paese fuori dalla crisi. Questione di fondo che va discussa. A me pare tuttavia che con il lavoro di Carlo Trigilia prima, poi con quello
di Claudio De Vincenti, ministri per la coesione, abbia preso corpo una strategia per il Sud e siano state adottate misure utili per l’economia e la società meridionali. Né la programmazione dall’alto né il regionalismo senza direzione politica ma una interazione forte tra le istituzioni. Un disegno di politica industriale per attrarre capitali al Sud, il credito d’imposta, l’istituzione di zone economiche speciali, un investimento sui giovani con la misura Resto al Sud (nemmeno Di Maio potrà annullare). Perché allora la sconfitta? C’è da considerare lo scarto temporale tra l’adozione di provvedimenti, la loro attuazione e la percezione delle conseguenze positive da parte dei cittadini. Soprattutto ha pesato il ritardo nell’adottare misure verso gli strati più disagiati. La legge sul reddito di inclusione è giunta tardi e con finanziamenti insufficienti. Chi vive in condizioni precarie, deluso dalla assenza di risposte alla propria situazione di indigenza pensa di non aver niente da perdere neanche da un salto nell’ignoto…. magari con il voto a Di Maio. Problemi veri. A me pare tuttavia importante considerare un altro aspetto. A Napoli e nel Sud è venuta meno la fiducia verso la politica. La politica interpretata da figure apparse lontane rispetto alle inquietudini, alle aspettative, alle sofferenze delle donne e degli uomini che vivono concretamente la faticosa esperienza della vita quotidiana nelle città del Mezzogiorno. Predominante è diventato un sentimento di diffidenza. Una sorda ostilità contro un personale politico scadente e chiacchierone. Ciò ha favorito il successo di un movimento dai tratti demagogici e illiberali, teso a fare il pieno di voti sulla base di umori anti-politici, di risentimenti e di rancori. In questa temperie è maturata la sconfitta di un Pd incapace di intendere ciò che stava accadendo nella società meridionale. Ora il Pd è dinanzi al problema della sua rifondazione. Ne ha consapevolezza? Al momento non mi pare. Nessuna discussione che vada alle radici della crisi, nulla che abbia il senso della innovazione. A Napoli e nel Sud occorre sperimentare un nuovo modello di partito per spezzare la separazione e il distacco dalla realtà sociale. Occorre uno sforzo di analisi, di conoscenza, di cultura con l’obiettivo di costruire una nuova formazione politica della sinistra democratica e di governo napoletana.
C’è un punto tuttavia su cui vorrei che Isaia riflettesse. Forse la portata del fenomeno non la si è ancora compresa ma una sorta di «pensiero unico reazionario» alimentato da Lega e grillismo sembra penetrare nel vissuto concreto delle persone. Un pensiero che incarna in sé la politica della chiusura e della intolleranza. Un pericolo per il futuro del Mezzogiorno e dell’Italia. Con questa sorta di ideologia si deve ingaggiare un vero e proprio combattimento. Un combattimento che può essere vinto solo con un grande sforzo progettuale. Con la ripresa della battaglia delle idee, con un lavoro sistematico, in profondità, elaborando proposte, messaggi simbolici efficaci. La battaglia delle idee la vince chi ha uno sguardo più lungimirante e più aperto. Questa la sfida. Battaglia difficile ma ad essa, sono certo, Isaia non si sottrarrà.
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Un pensiero che incarna in sé la politica della chiusura e della intolleranza Un pericolo per il futuro del Meridione e dell’Italia intera