Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’étoile Zakharova: danzare a Ravello offre sempre emozioni

L’étoile sul Belvedere di Villa Rufolo. «In scena disciplina e volontà»

- di Stefano de Stefano

Trionfo della danza totale, senza steccati di genere, in cui il movimento è invenzione sempre nuova, che attinge al linguaggio classico, libero però di arricchirs­i di volta in volta di eleganti suggestion­i contempora­nee e personali.

È questa l’idea che sostiene «Russian Code», il progetto originale del Ravello Festival che vede al centro la sublime étoile Svetlana Zakharova, clou (peraltro già sold out da una settimana) della sezione danza diretta da Laura Valente. Alle 21.30 sul palco del Belvedere di Villa Rufolo si susseguira­nno infatti le qualità innovative del Balletto Mariinsky di San Pietroburg­o e quelle del Bol’šoj di Mosca (Anastasia Stashkevic­h, Mikhail Lobukhin, Denis Rodkin, Igor Tsvirko e Denis Savin), con brani che fondono la tradizione delle due punte come «La morte del cigno» di Michel Fokine, con la Zakharova protagonis­ta, e i pas de

deux tratti da «Le Corsaire» e «Talisman», coreografa­ti da Marius Petipa, «Le Fiamme di Parigi» e «Spartacus». Cui seguirà Elena Evseeva, prima ballerina del Mariinsky, che interprete­rà la Variazione di Odette del «Lago dei Cigni» e ancora la Zakharova con «Revelation». Infine «Strokes through the tail» della coreografa irlandese Marguerite Donlon, sulle note della Sinfonia n.40 di Mozart.

Svetlana, c’è tanta attesa per la sua esibizione, anche perché Ravello è un palcosceni­co unico al mondo per ogni artista, su cui osare e sperimenta­re. Quanto la particolar­ità di questo luogo ha inciso nella scelta del suo repertorio?

«Molto. Me ne aveva parlato mio marito, il musicista Vadim Repin che ora è qui con me, per averci già suonato in passato. E così con la direzione artistica abbiamo pensato a una serata adatta ad un luogo di sogni in linea con il tema delle icone e dei simboli, come quello dell’eccellenza della scuola russa di balletto. Quelli che danzeremo con i colleghi del Bolshoi e del Marinskij sono titoli famosi che in questa cornice daranno nuove emozioni. Molti spettatori passano le vacanze in questo posto stupendo e io vorrei che durante lo spettacolo continuass­ero a sentirsi in vacanza: la sensazione più bella che si percepisce stando in scena».

Nelle interpreta­zioni contempora­nee la sua fisicità viene modificata da necessità di scena, per esempio con i capelli riversi sulle spalle, accade anche con le sue emozioni? L’avviciname­nto ad un nuovo linguaggio, deriva anche da una voglia di libertà espressiva a cui il classico non riesce sempre a sopperire?

«Il balletto classico ha molte regole e bisogna osservarle in modo rigido, i balletti contempora­nei permettono di non pensare a questo. Nell’uscire dalle regole e liberando il corpo e i pensieri, sia nel classico che nel contempora­neo vengono espresse emozioni che nessuno può cancellare a meno che il coreografo non chieda di fare diversamen­te. Secondo me senza un’esecuzione emotiva il balletto può anche arrivare a risultare noioso».

In ogni sua rappresent­azione ci sono la disciplina ed il rigore con cui si è formata e che l’hanno portata, con sacrificio, ad arrivare dov’è. La ritiene l’unica strada possibile per ottenere grandi risultati?

«Disciplina, fatica, desiderio, forza di volontà. Ma ci sono anche altre infinite sfumature di qualità senza le quali

non si arriva ad ottenere l’unico successo che un danzatore desidera: sapere che hai danzato secondo la tua idea di perfezione e intensità».

Quanto è importante sperimenta­re e osare nella crescita di un artista?

«Durante le prove questo è indispensa­bile. Ma in scena non sempre gli esperiment­i hanno successo, quindi meglio non farlo in scena! In genere, come spesso dico, ho capito che è sempre più insistente il desiderio di conoscere nuovi coreografi, confrontar­mi con stili che non ho mai affrontato, senza paura, lasciandom­i andare a sperimenta­zioni inedite».

In esclusiva per il Ravello Festival ha accettato di creare una serata per celebrare la danza russa con partner d’eccezione provenient­i da due scuole leggendari­e, come Bol’šoj e Mariinsky. A quale si sente di appartener­e di più?

«Il Teatro Mariinsky rimarrà sempre nel mio cuore come un Teatro-Scuola al quale io sono arrivata molto giovane e che poi ho desiderato lasciare. Oggi mi sento a casa al Bol’šoj e alla Scala».

Infine, lei è partita dal classico ed è approdata al contempora­neo, ritiene possibile un percorso inverso?

«Se un danzatore non ha una base di balletto classico non potrà mai ballare neppure ad un livello medio il balletto classico. Non credo nelle differenze di questo tipo. Adoro i balletti classici, e li continuerò a danzare finché mi sarà possibile. La mia voglia di reinventar­mi si appaga con la danza contempora­nea, che mi piace indossare come un vestito, anzi come vestiti sempre nuovi».

Libertà

Il balletto classico ha molte regole e bisogna osservarle in modo rigido, i balletti contempora­nei permettono di non pensare a questo

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A fianco, Svetlana Zakharova nella coreografi­a di Donlon «Strokes Through the Tail»

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