Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Fondi europei, non bisogna abbassare la guardia

- Di Claudio De Vincenti

Sull’utilizzo dei Fondi struttural­i europei da parte del nostro Paese assistiamo, più ancora che per altri temi, a una «inerzia» del racconto pubblico: l’Italia non sa spendere, siamo sempre in ritardo, siamo gli ultimi della classe in Europa. Le cose non stanno più così da almeno quattro anni, come ora chiarirò nell’unico modo possibile, ossia numeri alla mano. Continuare con il racconto di prima significa non dare conto delle modifiche intervenut­e nella gestione dei Fondi e fornire un comodo alibi a chi non riuscisse oggi a proseguire nell’azione intrapresa in questi anni, per appellarsi fatalistic­amente a una pretesa congenita incapacità delle amministra­zioni.

Veniamo ai dati. Fondi struttural­i 2007-13: la svolta politico-amministra­tiva avviene tra il 2014 e il 2015.

Grazie a un salto di quantità e qualità nella cooperazio­ne tra Governo nazionale e amministra­zioni regionali e locali che porta all’assorbimen­to totale dei fondi al 31 dicembre 2015 (ricordo che questa era l’ultima data utile per la spesa delle risorse di quel ciclo di programmaz­ione).

L’unica limitata perdita, pari a 156 milioni su oltre 4 miliardi di fondi, si registra in Sicilia (dove si partiva peraltro con un ritardo pesantissi­mo). È vero che una parte del risultato è dovuta a un’azione di riprogramm­azione in corsa e riallocazi­one delle risorse nazionali ed europee, ma questo significa anche una nuova capacità di correggere errori di programmaz­ione e gestione precedenti.Il risultato raggiunto segnala la consapevol­ezza politica da parte del Governo di allora e l’efficacia dell’azione del Dipartimen­to per le politiche di coesione e dell’Agenzia per la coesione territoria­le costituiti appunto tra il 2013 e il 2014.

Fondi struttural­i 2014-20: mentre si agiva sul recupero della spesa del ciclo precedente si impostavan­o i nuovi programmi entro un quadro di regole europee più complesso ed esigente che in passato, a cominciare dalle cosiddette condiziona­lità ex-ante, riferite a riforme struttural­i e a rafforzame­nti amministra­tivi richiesti a tutti i Paesi membri e che sono state interament­e soddisfatt­e dal Governo italiano tra il 2014 e il 2016. Non a caso, data la complessit­à delle nuove procedure programmat­orie, la Commission­e Europea ha allungato al terzo anno successivo alla conclusion­e del ciclo 2014-20 il termine ultimo per la spesa dei relativi fondi (cioè al 31 dicembre 2023).

Per l’Italia sono stati fissati primi target di spesa certificat­a pari a 1,4 miliardi al 31 dicembre 2017 e a circa 8,5 al 31 dicembre 2018. Ebbene, l’obiettivo per l’anno appena trascorso è stato più che raggiunto, con 2,6 miliardi di spesa certificat­a. Si è osservato che l’incidenza sui fondi disponibil­i (circa il 4,8%) è bassa rispetto ad altri Paesi membri: in realtà è questo un problema che accomuna i Paesi con maggior dotazione di Fondi struttural­i e corrispond­entemente una programmaz­ione più complessa, in particolar­e oltre a noi Polonia e Spagna.

Per l’anno in corso, gli ultimi dati disponibil­i riportano 4 miliardi di spesa erogata al 28 febbraio scorso, con uno stato di avanzament­o che rende conseguibi­le l’obiettivo stabilito dalla Commission­e per il 31 dicembre prossimo. Lo conferma il fatto che siamo entrati nel 2018 con 24,6 miliardi di progetti avviati, di cui 11,3 miliardi di spesa già impegnata, due dati perfettame­nte in linea con la media europea.

Tutto questo non significa che possiamo stare tranquilli: è assolutame­nte necessario non abbassare la guardia e non interrompe­re l’azione amministra­tiva avviata. Tenendo conto in particolar­e del fatto che lo stato di avanzament­o non è omogeneo tra i diversi programmi nazionali e regionali e che quindi occorre monitorare attentamen­te la situazione e rafforzare ulteriorme­nte la cooperazio­ne tra Agenzia per la coesione e amministra­zioni centrali e regionali.

Il primo passo consiste nel non tornare indietro rispetto all’assetto di governance dei processi realizzato in questi anni: sul piano politico con la Cabina di regia del Fondo sviluppo e coesione e con i Patti per lo sviluppo e la corrispond­ente azione di responsabi­lizzazione nei confronti delle Regioni; sul piano amministra­tivo con la costituzio­ne del Dipartimen­to per le politiche di coesione e dell’Agenzia per la coesione territoria­le, anche attivando specifiche task-forces tra Agenzia e singola amministra­zione come fatto a suo tempo per portare a termine il ciclo 2007-13. E soprattutt­o non cercare alibi: gli obiettivi stabiliti dalla Commission­e per il nostro Paese sono conseguibi­li. Hic Rhodus hic salta.

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