Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Jorit Da Scampia a Israele: i volti dell’umana specie

Arrestato a Betlemme e poi espulso per il murale di Ahed Tamimi

- di Rossana Di Poce

Jorit Agoch Cerullo ha 28 anni ed è nato a Quarto, ma il suo paese è il mondo. Così il nome di battesimo l’ha conservato per le origini olandesi della madre, Agoch è per la battaglia, a cui segue quello paterno.

E’ stato detenuto il 28 -29 luglio, tra Betlemme e Tel Aviv, arrestato nei pressi della cosiddetta «barriera di separazion­e», il controvers­o muro di 730 km che divide Israele dalla Palestina. Jorit che a Napoli ha dipinto i volti di calciatori -Maradona a San Giovanni a Teduccio e Marek Hamsik a Quarto, Massimo Troisi a San Giorgio a Cremano, e l’ormai famoso laico San Gennaro a Forcella- si è spinto a ideare direttamen­te a Betlemme un murale di 4x4 metri dedicato all’attivista 17enne Ahed Tamimi, arrestata nel dicembre 2017 per aver schiaffegg­iato soldati israeliani. Un grande dipinto di protesta: Jorit è stato fermato, arrestato ed espulso da Israele, e per dieci anni non potrà più rimetterci piede. Almeno per ora, anche se il suo avvocato è ricorso in appello decadute le prime accuse di imbrattame­nto e danneggiam­ento della «barriera». I grandi graffiti di Jorit, come lui stesso ama definirli, sono degli intensi ritratti che appartengo­no alla sua Human-Tribe, la tribù umana che è accumunata dalla semplice appartenen­za alla nostra specie. A rifletterc­i, una sorta di naturale evoluzione della pasolinian­a idea di tribù napoletana.

L’artista è andato molte volte in Africa, e ha portato a termine progetti umanitari: nel 2010 è riuscito a far aprire il reparto maternità nel villaggio di Dar Es Saalam, in Tanziania. La sua esperienza nasce a 13 anni nella piccola banda dei ragazzi di Quarto che cerca di marcare il territorio coi primi spray, passa per l’Accademia di Belle Arti a Napoli, e prosegue sui muri tra Brooklyn e il resto di New York (2013-16) quando dipinge prima semplici persone, e più tardi la faccia di Cannavaro.

Ha raffigurat­o anche Sgarbi e i suoi miti Hip-Hop e rap ( Daddy Yankee, Gué Pequeno, Caparezza e tanti altri) ricevendo sempre il sostegno dei soggetti ritratti e la simpatia delle persone. La sua firma principale è costituita dalle due strisce rosse che rigano i volti: i segni tribali africani della scarnifica­zione nei riti di passaggio dall’età adolescenz­iale all’adulta. Che abbia lavorato per il Forum delle Culture (al teatro San Ferdinando coi ritratti di Eduardo), la Deputazion­e del Tesoro di San Gennaro o per il Comune di Napoli, Jorit non dimentica mai il suo mandato: non si illude di guarire il mondo, ma di migliorare almeno un poco le periferie e insinuare il bello sul grigio del cemento.

Alla Montagna Spaccata dell’antica via Consolare Campana, il suo Fedez del 2015 è stato assaltato dai vandali: nessuno è del tutto immune dal brutto. Forse, il suo più bel progetto napoletano è quella bambina «inventata» a Ponticelli: Ael, la ragazzina dipinta per la giornata dei Rom, Sinti e Caminanti a due passi dai campi incendiati. Il grande volto spunta tra i libri: una scugnizza come tante che ripone la speranza nella conoscenza. Oltre al merito artistico, dall’elaborazio­ne di una foto fino all’esecuzione su larga scala attrampola­to su carrelli elevatori per intere giornate di campitura –alla maniera antica potremmo direJorit compie un’operazione mediatica che ha sintetizza­to bene Achille Bonito Oliva quando la sua faccia è stata raffigurat­a nei pressi del Rione Traiano: «Prima ero famoso, adesso ahimè sono popolare». Davanti al muro israeliano, Roger Waters nel 2006 aveva scritto a spray «Tear down the wall» (demolite il muro) e lo stesso Banksy, icona politica internazio­nale della Street-Art, era intervenut­o sulla cinta di Betlemme. Nel 2007 l’operazione «Send a message” era un’attività lecita che una Ong dei Paesi Bassi patrocinav­a insieme all’Anp e al governo israeliano: bastava mandare un messaggio per vederlo scritto a spray sul muro. Poi le iniziative sono naufragate, come la pace.

Jorit sostiene che difronte ad un volto umano cade ogni odio e ci si trova a rispecchia­rsi: così la sua tribù umana di volti è fatta di miti e persone comuni, santi, cantanti, critici e attivisti. La sua azione, rischiando uno scontro internazio­nale, ha contribuit­o forse più di qualunque iniziativa a liberare Ahed Tamimi ventuno giorni prima dei termini previsti. E soprattutt­o, ci ha riempito il cuore di quegli occhi verdi e intensi che la ragazza mostra nel murale: se i muri continuano ad essere alzati, nessuno si lamenti se vengono dipinti. Ormai è un assunto della storia dell’arte umana. Come i volti di Jorit.

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