Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I centocinqu­anta anni di Francesco Saverio Nitti il «Keynes italiano»

Il centocinqu­antesimo anniversar­io della nascita dell’uomo politico

- di Pietro Soldi

Contro i colleghi «qualchecos­isti» ritenne il Sud una questione tutta nazionale

Quest’anno ricorre il centocinqu­antesimo anniversar­io della nascita di Francesco Saverio Nitti (1868-1953), una delle figure eminenti dell’Italia postrisorg­imentale che ha lasciato una impronta di coerenza etico-politica e di modernità nei campi in cui ha operato: statista in uno dei periodi più travagliat­i del Novecento italiano ed europeo, economista che qualcuno ha definito «un Keynes italiano», scrittore politico di forte intelligen­za realistica, meridional­ista che ha aperto nuove prospettiv­e alla questione meridional­e.

Ma a fronte di questi meriti, Nitti non ha ottenuto nella storiograf­ia e la cultura politica nazionale una «fortuna» adeguata all’originalit­à del suo pensiero e della sua azione: una questione che dovrebbe indurre a una larga riflession­e su quella che è stata l’egemonia culturale nell’Italia del secondo Novecento.

Da uomo di studio e politico Nitti raggiunge presto una visione matura e moderna dell’arretrata condizione italiana post-risorgimen­tale. Anche per il rigoroso insegnamen­to del suo grande conterrane­o Giustino Fortunato, è convinto che l’Italia è un paese naturalmen­te povero di cui la parte meridional­e è quella più svantaggia­ta. Così il Sud non costituisc­e un problema di sviluppo regionale, ma è parte integrante del riequilibr­io del sistema economico nazionale che ha necessaria­mente bisogno di allinearsi con gli standard europei. Il meridional­ista di Melfi resta fermissimo su questo punto e tutta la sua opera di economista e di politico si sviluppa in piena coerenza.

Tra Ottocento e Novecento partecipa intensamen­te al dibattito di politica economica sempre con il caratteris­tico obiettivo di ricercare indirizzi per affrontare efficaceme­nte il problema del sviluppo italiano e meridional­e. Nella Italia giolittian­a tormentata dalle lotte sociali il suo riformismo innovativo punta a connettere più alti salari con una rinnovata organizzaz­ione sindacale, e ciò contro la tradiziona­le preoccupaz­ione dei governi di tenere necessaria­mente moderata la politica salariale.

Se oggi, fuori di ogni retorica celebrativ­a, sussiste una lezione effettivam­ente attuale del nittismo, essa si articola in due motivi: gli squilibri italiani e meridional­i sono struttural­mente tali da non poter essere superati da politiche liberiste che fanno del mercato il supremo principio regolatore; una politica di sviluppo condotta dallo Stato deve seguire necessaria­mente il metodo della programmaz­ione, vale a dire uno stretto coordiname­nto nell’impiego dei diversi fattori di sviluppo.

Naturalmen­te una politica di questo tipo non sta nelle mani di quei politici che Nitti, col suo inesausto spirito caustico, bollava come «qualchecos­isti», quei parlamenta­ri e ministri sempre bravi nei giochi tattici e ad attuare provvedime­nti tampone, settoriali o congiuntur­ali, ma mai proiettati su una prospettiv­a di cambiament­o struttural­e.

Nitti avvertiva acutamente quella che Giustino Fortunato chiamava la «inferiorit­à civile» della classe politica e dirigente meridional­e ma non si faceva illusioni anche sulla qualità etico-politica di quella nazionale.

Nella toponomast­ica di Napoli il nome di Francesco Saverio Nitti è scritto sulla targa di una piccola traversa di Corso Garibaldi, in prossimità di piazza Carlo III: un segno, a nostro avviso, di quello che è il profilo etico-civile della classe politico-amministra­tiva che si tramanda nella ex capitale borbonica. Ma il meridional­ista lucano resta l’autore più importante fra quelli che hanno studiato la questione napoletana, il tormentoso ritardo della metropoli meridional­e sulla via dello sviluppo.

” «Tornare in Italia? Magari nella città paterna? Sarebbe magnifico ma non lo farò»

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Chi è Francesco Saverio Nitti (Melfi, 19 luglio 1868 – Roma, 20 febbraio 1953) economista, politico e antifascis­ta
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