Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Svimez: Meridione a cittadinanza limitata Lezzi: vero, per questo serve il «reddito»
La crescita economica rallenta e il gap con il Centro-Nord riprende ad allargarsi
«Il ritmo di crescita è del tutto insufficiente ad affrontare le emergenze sociali». Anche nella ripresa (sia pur frenata), continua Svimez nel suo Rapporto sull’economia del Mezzogiorno, «si allargano le disuguaglianze: aumenta l’occupazione, ma vi è una ridefinizione al ribasso della sua struttura e della sua qualità. I giovani sono tagliati fuori, aumentano le occupazioni a bassa qualifica e a bassa retribuzione. Il divario nei servizi pubblici è ampio e la cittadinanza è “limitata”».
Quello che colpisce del rapporto Svimez non sono i dati positivi, che pure ci sono: la ripresa (anche se lenta), il Pil (che aumenta dell’1,8 per cento). «Il ritmo di crescita è del tutto insufficiente ad affrontare le emergenze sociali nell’area», spiega Svimez. Nel Mezzogiorno, infatti, aumenta l’occupazione sì, ma i giovani sono tagliati fuori, e i posti di lavoro sono per lo più a bassa qualifica e a bassa retribuzione. Dato che non incide su livelli di povertà crescenti, anche nelle famiglie in cui la persona di riferimento risulta occupata. Ecco cosa scrivano gli analisti: «Il dato più eclatante è il drammatico dualismo generazionale: il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212 mila occupati nella fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità)». Il divario nei servizi pubblici, la cittadinanza «limitata» sono un ostacolo vero all’espansione del tessuto produttivo.
Ogni anno in Italia è come se sparisse un’intera media città, cioé 160 mila abitanti. Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno un milione e 883 mila residenti: la metà giovani, di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati. Tra le regioni meridionali, sono la Sicilia, che perde 9,3 mila residenti (-1,8 per mille), la Campania (-9,1 mila residenti, per un tasso migratorio netto di -1,6 per mille) e la Puglia (-6,9 mila residenti, per un tasso migratorio netto pari a -1,7), quelle con il saldo migratorio più negativo.
Welfare e sanità sono diritti di fatto negati. Nel comparto socio-assistenziale il ritardo delle regioni meridionali riguarda sia i servizi per l’infanzia che quelli per gli anziani e per i non autosufficienti. Più in generale, l’intero comparto sanitario presenta differenziali in termini di prestazioni che sono al di sotto dello standard minimo nazionale come dimostra la griglia dei “Livelli essenziali di assistenza” nelle regioni sottoposte a Piano di rientro: Molise, Puglia, Sicilia, Calabria e Campania, sia pur con un recupero negli ultimi anni, risultano ancora inadempienti su alcuni obiettivi fissati.
I dati sulla mobilità ospedaliera interregionale testimoniano le carenze del sistema sanitario meridionale. Ancora una volta sono Calabria, Campania e Sicilia, le regine della «migrazione» sanitaria, mentre attraggono malati soprattutto la Lombardia e l’Emilia Romagna.
Le previsioni Svimez non sono delle migliori. Scrivono: «In assenza di una politica adeguata, anche l’anno prossimo il livello degli investimenti pubblici al Sud dovrebbe essere inferiore di circa 4,5 miliardi se raffrontato al picco più recente (nel 2010)».
La ministra del Sud Barbara Lezzi non perde tempo e rilancia il reddito di cittadinanza: «Purtroppo, ancora una volta, quelli illustrati sono stati numeri mortificanti che confermano che la politica economica portata avanti per il Sud dai precedenti governi è stata inefficace. Un dato su tutti mi ha colpito: le famiglie in povertà assoluta nel 2016 erano 700 mila, nel 2017 sono diventate 845 mila. Si tratta di cifre spaventose e, soprattutto, ricordiamoci sempre che dietro a quei numeri ci sono persone in carne e ossa. Ricordiamolo a tutti quelli che a pancia piena e seduti comodamente in qualche salotto tv criticano e attaccano il reddito di cittadinanza. Di fronte a una situazione di allarme economico e sociale come quella attuale il reddito è una misura sacrosanta e doverosa, il resto sono chiacchiere».