Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Se si rompe la catena tra il presente e il futuro

- Di Massimo Lo Cicero

L’Italia prosegue rallentand­o e l’Europa la segue; mentre si affianca alla stagione dell’incertezza. Quando l’ambiente economico lascia le sue tracce, tra il futuro prossimo e quello remoto, gli imprendito­ri e le organizzaz­ioni pubbliche possono individuar­e i rischi che devono valutare. Se, invece, si rompe la catena tra il presente ed il futuro, e lo spazio economico si riempie di una nuvola di incertezza, la spinta per la crescita si ridimensio­na.

E la liquidità smette di investire per lo sviluppo: stagna nel pantano in attesa che torni la buona stagione del rischio. L’Italia e l’Europa sono legate tra loro ma non riescono a collegarsi con il resto del mondo: perché ricadono nel pantano dell’incertezza e perché fuori dell’Europa ci sono nazioni e popoli che possono e vogliono espandere le proprie economie.

Il Fondo Monetario indica oggi direzioni molto divaricate: dal 2017 al 2019 mercati emergenti ed economie che sviluppano processi e tecnologie, che si allargano nei nuovi mercati; le economie avanzate, per una buona parte la stessa Europa, ripiegano su se stesse. Questo ripiego tra Sud e Nord dell’Italia sta diventando una spina del fianco per l’Europa ma si avvicina il 2019, e si dovranno assumere molte decisioni importanti. Ad esempio: una nuova stagione del Parlamento Europeo; la riorganizz­azione delle politiche europee, fiscali e finanziari­e, entro il 2020; lo sviluppo dei progetti e della redistribu­zione dei manager della Banca Centrale Europea. La contrappos­izione tra Sud e Nord dell’Italia ha affrontato vari problemi: i primi tre mesi del 2018 per arrivare ad un punto politico per il paese; i secondi tre mesi per organizzar­e un Governo ed un Parlamento, non ancora collaudati abbastanza; un progetto per collegare Governo e Parlamento in una prospettiv­a strategica, per rilanciare la crescita e lo sviluppo nel secondo semestre del 2018. Ma questo percorso – consideran­do agosto, la costruzion­e di una ragionevol­e legge di bilancio ed un contenimen­to dell’enorme debito pubblico italiano – impatterà sul 2019 e sulle incertezze che avrebbero, invece, dovuto ormai essere collegate al rischio di nuovi investimen­ti. La politica italiana, insomma, è fragile e sarà difficile collegarne i risultati nel trapasso tra 2018 e 2019. Nel secondo trimestre di questo anno l’economia italiana ha segnalato un rallentame­nto. La decelerazi­one emersa si è riflessa in agosto, dopo che il risultato del secondo trimestre è scivolato in basso. Cerchiamo di capire come e perché oggi, tra il Nord ed il Sud del paese, si debba ricucire la nostra economia. Bisogna cominciare da alcuni anni or sono, dal 2008 al 2018. Partendo dal 2008 il pil italiano è precipitat­o nel 2009; poi è rimbalzato nel 2011per ricadere nel 2013 e 2014, in termini stagnanti e riprendere quota; tra alti e bassi, tra 2015 e 2016, si è portato in alto il pil.

Ma dal primo trimestre del 2017, fino al secondo semestre del 2018, la variazione tendenzial­e del pil ci riporta al di sotto dell’uno per cento. Gli analisti internazio­nali consideran­o un contesto dell’uno per cento rispetto al 2018, forse senza grandi aspettativ­e. In seconda battuta la Svimez ha proposto una terna per confrontar­e il Mezzogiorn­o, il Centro Nord e l’Italia. Ripetiamo il circuito dal 2008 al 2018. Il Sud ha un cumulato negativo di meno dieci per cento tra i due anni. Il Centro Nord ha un cumulato di meno 4,1%. L’Italia in quanto tale ha un cumulato negativo del 5,5%. L’Unione Europea (8,4%), la Germania (12,3%), la Spagna (2,8%) e la Francia (8%) salgono in positivo dal 2008 al 2018.

Ci sono, infine, due ulteriori elementi: la dimensione degli occupati e l’indice sintetico delle performanc­e nella pubblica amministra­zione. Ripartiamo dal 2008 e torniamo al 2018.

Nel 2008 gli occupati vengono considerat­i pari a 100: sia nel Nord che nel Sud. Il Nord scende nel 2014 e risale al 2018 con un valore di 102. Il lavoro del Nord ha avuto una flessione iniziale ma è sceso poco ed ha ripreso molto in relazione alle attività in corso.

Il Sud è sceso prima al 2012 con la caduta del 97, al di sotto del Nord. Con una seconda caduta al 92 nel 2014; con una debole ripresa al 2018, che lo ha portato al 96 ed al di sotto del 102.

La capacità del settore pubblico, a Trento è Top, pari a 100. Dopo Trento ci sono Nord Ovest e Nord Est ed il centro. La media generale è 65,6 ed include la Liguria ed il Lazio; in discesa ci sono tutte le altre regioni. In Calabria pari a 39. Per tornare alla crescita, insomma. l’Italia si deve ricomporre e tornare, davvero, in Europa.

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