Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Brancacciana, biblioteca dalle porte aperte
La famiglia Brancaccio sin dal Medioevo abitava nei pressi di Donnaromita, nel luogo detto «lo Scogliuso», dove Federico II fondò le «Scuole letterarie» e l’ospedale per studenti poveri.
Tra il ‘300 e il ‘400 Rinaldo Brancaccio formò un complesso urbano che comprendeva, oltre la sua casa, la chiesa di Sant’Angelo a Nilo, l’ospedale, la scuola; all’inizio del ‘500 occupava uno spazio tra vico Donnaromita e Mezzocannone, con un cortile comune dietro la chiesa. Il cardinale Francesco Maria Brancaccio (prima metà del ‘600) nella sua casa romana aveva una delle più famose raccolte di libri: incaricò Stefano, suo erede, di trasferirli a Napoli. L’opera fu compiuta da un altro Brancaccio, Giovan Battista, nel 1686, dopo la morte di Stefano.
Era nata la Brancacciana, dotata di oltre ventimila volumi, la prima biblioteca (1690) ad essere aperta al pubblico. L’iniziativa di uomini di chiesa svolgeva ancor una volta un ruolo significativo di rinnovamento nella cultura, su basi concrete, materiali. Anche con la chiesa di Sant’ Angelo a Nilo.
Un complesso, di volta in volta seggio, portico, residenza, chiesa, ospedale, biblioteca, era sempre stato un edificio laico nella sostanza e nella forma, come architettura e come fatto urbano, «aperto» sia nel carattere istituzionale che in quello formale. Nel 1685 i governatori dell’ospedale affidano a Francescantonio Picchiatti, figlio di Bartolomeo, il progetto per l’accesso alla biblioteca e la sistemazione delle sale ai piani superiori, a sinistra nel corpo di fabbrica della residenza, lato vico Donnaromita, a destra nel corpo dell’ospedale, lato Mezzocannone.
Picchiatti, autore del portico della Misericordia, una delle più straordinarie architetture barocche del Seicento, rifà il medesimo gesto progettuale: portico, questa volta sopraelevato, all’interno del cortile; col nuovo manufatto raccorda gli ambienti posti nei due corpi laterali. Al portico si accede con una rampa gradinata, scoperta, al centro di cinque arcate, in asse con le due porte della chiesa di S. Angelo a Nilo, quella centrale sulla piazzetta e quella corrispondente sul cortile. Così il cortile è quasi una piazza, e la sua concezione civile, espansione del carattere pubblico della biblioteca, è espressa dall’uso delle aperture della chiesa come «porte aperte», chiuse a occidente per antica limitazione del portico originario. Di nuovo, come alla Misericordia, l’architetto non indugia in cartocci e volute; il suo gesto sicuro, imprevedibile e ovvio, restituisce alla città senso e passato, realizzando un’architettura moderna perché conosce l’antica.
Questo interno-esterno è un ripensamento, con la scala di una piazza medievale, con slanciati archi a tutto sesto di tipo rinascimentale; costruisce un luogo barocco, sul quale affaccia un arco catalano. Già si avverte l’eleganza della città del ‘700. La Brancacciana era ancora alla fine del ‘700, l’unica biblioteca pubblica. Protetta da Murat, trascurata dai Borbone, nel 1922 è annessa alla Nazionale cessando la sua storia rivoluzionaria.