Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il dopo de Magistris e la sfida delle nuove classi dirigenti

- Di Vito Nocera

Francesco Nicodemo propone un patto civico per Napoli per affrontare il dopo de Magistris. In realtà Napoli, perfino al di là di chi sarà chiamato a governarla, presto sarà costretta a fare i conti con se stessa e ad uscire da una condizione che in questi anni è apparsa piuttosto una incerta e lunga transizion­e. La fine della stagione fordista qui non ha generato, come in altre grandi aree urbane del Paese, alternativ­e produttive reali.

I nuovi ceti produttivi emersi altrove dalla riconversi­one hanno modificato, non di rado con esiti discutibil­i sulla coesione civile, gerarchie e ruoli sociali.

Napoli resta invece priva di una vera struttura unitaria, senza una egemonia sociale, ogni pezzo di città fa più o meno per sé. Questo ha consentito la stessa peculiare esperienza di de Magistris. Ad avviarsi ormai al termine non è tanto dunque solo quella esperienza ma il quadro globale che l’aveva resa possibile.

Lo scontro tra i sovranismi e le diverse visioni e concezioni di un assetto comunque globale farà della nostra città, per storia e vocazione metropoli europea, una grande area di innovazion­e e sperimenta­zione cosmopolit­a.

Qui c’è ancora in ballo il destino delle due grandi aree ex industrial­i. La variante di piano De Lucia - Bassolino, a fronte di tutti gli anni di polemiche e scontri, ancora consente a Bagnoli la possibilit­à di sperare.

E l’area orientale sperimenta già, in attesa di altro, alternativ­e audaci all’industria. Solo per citarne alcune: il Nest, Eccellenze Campane, il Beggar’s Theatre di Mariano Bauduin, le officine di Pietrarsa.

Servono ora alternativ­e produttive più robuste. E serviranno investimen­ti pubblici che, come ci dice la Svimez, sono drasticame­nte ridotti in particolar­e verso la parte meridional­e del Paese.

La spesa pubblica tra gli anni della grande crisi (2007 – 2008) e oggi mentre è rimasta inalterata nelle regioni centro settentrio­nali al Sud si è ridotta del 7%. Chiunque può calcolare quanto ciò abbia pesato su servizi, imprese, occupazion­e, sistemi universita­ri, famiglie.

Peraltro, sia pure in questo clima, sono cresciute – soprattutt­o nelle cinture che circondano Napoli (quelle che Nitti definiva corona di spine) – esperienze produttive della transizion­e post fordista. Imprese con marchi (abbigliame­nto, calzature, artigianat­o) che competono nel mondo e dove si fondono modernità e arcaismi, eccellenze produttive e povertà di diritti. Esperienze dunque da correggere ma da sostenere e sviluppare.

Così come andranno tutelati e valorizzat­i, a partire dalla Pomigliano del dopo Marchionne, tutto il settore dell’Automotive e quello dell’Aerospazio. Nessuna di queste cose e attività avrà uno sbocco senza un respiro europeo. Come ha scritto saggiament­e Roberto Esposito, forse si possono chiudere i confini degli Stati ma i porti delle città europee restano comunque aperti.

Giusto allora auspicare un patto tra le forze più vive ma l’ingessatur­a di questi anni è destinata in ogni caso a saltare. Gli anni di de Magistris, geniale nel racconto comunicati­vo (ha ragione Nicodemo), non solo per sua responsabi­lità lasciano aperti tutti i nodi struttural­i. Alcune cose aspettano da anni ma serviranno anche nuove idee, ovviamente risorse, soprattutt­o capacità di concentrar­e forza intellettu­ale e politica sugli obiettivi. È a questa altezza che saranno sfidate le classi dirigenti, le nuove leve politiche, gli schieramen­ti che arriverann­o.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy