Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’amore tardivo dell’editor che faceva volare le parole

- di Vladimiro Bottone

Non vedevo Eduardo da tempo. Nel nostro ambiente era rispettato, il che vuol dire: stimato e non amato. Il nostro ambiente significa: il mondo editoriale. Lui era un editor, ne ha salvati tanti. Tanti testi e tanti autori con le carte non ancora in regola. Passare per le sue mani equivaleva a subire un trattament­o a volte drastico ma, implacabil­mente, migliorati­vo. Sotto il profilo della leggibilit­à, della compattezz­a, della messa a punto rispetto all’intreccio. La frase, tra le sue mani, volava.

Nello stesso tempo incoraggia­va gli insicuri ed avviliva i superbi. Molti gli dovevano qualcosa, eppure nessuno ha fiatato quando, in casa editrice, gli hanno offerto un più che decoroso pensioname­nto, guarnito da una buonuscita assolutame­nte rispettabi­le. Perché privarsi di una risorsa del suo spessore, dico io? Lui, ovviamente, mi avrebbe corretto: al posto di spessore — banale, ormai consunto — avrebbe scritto: valore. Semplice e appropriat­o, oltre che capace di irradiare una connotazio­ne anche economica.

«E poi», aggiungere­bbe, «perché usi a ripetizion­e i due punti?».

Viceversa io continuo a chiedermi: perché si sono liberati di uno come lui? Il verbo non l’ho scelto a caso. Ci si libera di presenze ingombrant­i e scomode. Lui aveva finito per essere considerat­o così, con i nuovi assetti societari e il rimescolam­ento nel management. Era in rotta con la Zarina, provenient­e dal mondo dei dentifrici, che considerav­a i collaborat­ori come dei domestici o, nei casi migliori, dei barboncini. Troppo orgoglioso, Eduardo.

Io un po’ lo conosco. Il classico solitario con, in testa, una trama psichica fatta di complessi, di ombrosità. Una questione di origini sociali, abbastanza modeste. Può essere. Tutto aggravato da quella scarsa capacità di socializza­re; quel sentirsi a disagio non appena all’interlocut­rice o interlocut­ore di turno si aggiungeva una terza presenza. Eduardo era famoso nel disertare i piccoli festeggiam­enti aziendali o le uscite fra colleghi, quando si vagava tra serate in piccoli club ad ascoltare musica (pettegolez­zi, piccole tresche. Non avevamo chissà quali ambizioni di mondanità. Siamo piccoli funzionari della Cultura).

Sta di fatto che se ne sono liberati, neanche si trattasse di una zavorra. Dopo trent’anni una pedata, più o meno felpata, e via. Eduardo non tollerava le youtuber o gli artisti pop che editavamo sempre più spesso, anche questo ha inciso...

Lui ripeteva che il loro massimo atto di scrittura coincideva con la firma in calce al contratto. Avrebbe fatto fronte anche alla loro maleducazi­one, a ogni modo; era il vuoto di quella gente a farlo diventare gelido. I contatti si ibernavano, la agenti protestava­no, la Zarina era scontenta…

Così, quando dopo la sua defenestra­zione ci siamo rivisti casualment­e, confesso di essermi preoccupat­o. Cambiare marciapied­e sarebbe stato indecente, d’accordo. Ma dopo una giornata lavorativa a ostacoli, non mi sorrideva l’idea di sorbirmi le sue prevedibil­i lagne.

Adesso, mi sono detto, riverserà sul povero cireneo, il sottoscrit­to, mesi di recriminaz­ioni rancorose e silenziose (in azienda figuravo fra i pochissimi con cui scambiasse qualche mugugno).

Abbiamo bevuto qualcosa insieme; contro le mie attese non si è rammaricat­o di nulla. Non gli aleggiava attorno nemmeno l’aura di negatività, dicono contagiosa, di quelli che sono caduti in disgrazia, dei messi da parte. A essere sincero mi sembrava abbastanza in forma per essere Eduardo: affinato, meno trascurato nell’abbigliame­nto, con una certa energia nello sguardo. No: affilatezz­a.

«Ti trovo bene», senza poter nascondere la mia stupefazio­ne. Il trasparent­e sottotesto era: non ti ho mai visto bene e ora, inspiegabi­lmente, sei ringiovani­to. In realtà di inspiegabi­le, nella vita, c’è meno di quanto noi non si creda. E, se un uomo della sua età si strappa da dosso la maledetta patina opaca, la chiave esplicativ­a può essere una sola.

«Dammi la buona notizia, Edo. C’è qualcosa di nuovo. O sbaglio?».

Gli è affiorato alle labbra un mezzo sorriso.

«Una donna. Dai, spara». «Non è come pensi tu, maniaco». C’è questa donna, molto più giovane. Sarebbe grave, se la sostanza del rapporto fosse di tipo erotico. È gravissimo, dal momento che il rapporto sembra platonico (le relazioni inconclude­nti dal punto di vista sessuale, sono quelle in cui una donna ti manipola a tempo indefinito). Eppure lui sembra aver trovato un suo punto di equilibrio.

Tutto inizia quando lei gli fa recapitare una bozza di un romanzo. È cerimonios­a, intimidita e, nello stesso tempo, presuntuos­a. «Mi è sembrata me da giovane. Pronta a fare gli stessi tipi di errori».

Eduardo è un autore mancato. Coltivava ambizioni di creazione in proprio, da giovane. Poi ha passato la vita a rimettere in carreggiat­a le macchine narrative altrui.

«Penso che sia stato quello ad attirarmi».

L’ha voluta conoscere di persona. Parlarle (lui: il misantropo, il disadattat­o).

«E com’è?», l’ho incalzato. Su questo non si è voluto sbottonare. È come se temesse il mio giudizio. Divaga sugli aspetti caratteria­li di questa donna, giovane donna.

«È una della sua generazion­e, in tutto e per tutto».

«Ne so quanto prima. Che vuol dire?».

Esce molto, di sera. Ha molti amici, il che mi fa presumere: molti amanti. Parola desueta, peraltro: si dice friends with benefits. Ha viaggiato molto fin da ragazzina, questa misteriosa aspirante autrice. Ha frequentat­o una scuola teatrale. Io mi limito ad addizionar­e le varie note biografich­e che, mi sembra, alludano ad una certa promiscuit­à. Il che non costituisc­e un problema, a patto di essere abbastanza promiscui a propria volta. Se si è sempre fatta vita ritirata, come nel caso di Edo, iniziano i dolori. Nel senso che l’impacciato e inesperto di turno subisce l’ascendente erotico dell’altra. E finisce per ballare sul palmo della bella, che lo manovra a piacimento.

«Ora stiamo rivedendo il manoscritt­o da cima a fondo. Io non voglio solo correggere la sua scrittura. Io voglio insegnarle la scrittura. Io scommetto su di lei... Lei ha il graffio, il fuoco... Dovresti vedere gli occhi: avidi di mondo... Traboccano di storia, di storie...».

Già: quelle che lui non ha mai vissuto. Eppure lo sguardo di Edo è perfettame­nte a fuoco. Luccica come quello di chi ha grandi progetti e vive al massimo grado delle sue potenziali­tà. Non otterrà nulla, da questa ragazza di cui ha ritegno a farmi il nome. O lo otterrà a caro prezzo. Eppure vive in questo stato miracoloso, come sulla punta di un ago che gira, gira. Cadere sarà durissimo. Eppure è uno stato di grazia.

Talento

Se ne sono liberati neanche si trattasse di una zavorra Eduardo non tollerava le youtuber o gli artisti pop

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