Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’amore tardivo dell’editor che faceva volare le parole
Non vedevo Eduardo da tempo. Nel nostro ambiente era rispettato, il che vuol dire: stimato e non amato. Il nostro ambiente significa: il mondo editoriale. Lui era un editor, ne ha salvati tanti. Tanti testi e tanti autori con le carte non ancora in regola. Passare per le sue mani equivaleva a subire un trattamento a volte drastico ma, implacabilmente, migliorativo. Sotto il profilo della leggibilità, della compattezza, della messa a punto rispetto all’intreccio. La frase, tra le sue mani, volava.
Nello stesso tempo incoraggiava gli insicuri ed avviliva i superbi. Molti gli dovevano qualcosa, eppure nessuno ha fiatato quando, in casa editrice, gli hanno offerto un più che decoroso pensionamento, guarnito da una buonuscita assolutamente rispettabile. Perché privarsi di una risorsa del suo spessore, dico io? Lui, ovviamente, mi avrebbe corretto: al posto di spessore — banale, ormai consunto — avrebbe scritto: valore. Semplice e appropriato, oltre che capace di irradiare una connotazione anche economica.
«E poi», aggiungerebbe, «perché usi a ripetizione i due punti?».
Viceversa io continuo a chiedermi: perché si sono liberati di uno come lui? Il verbo non l’ho scelto a caso. Ci si libera di presenze ingombranti e scomode. Lui aveva finito per essere considerato così, con i nuovi assetti societari e il rimescolamento nel management. Era in rotta con la Zarina, proveniente dal mondo dei dentifrici, che considerava i collaboratori come dei domestici o, nei casi migliori, dei barboncini. Troppo orgoglioso, Eduardo.
Io un po’ lo conosco. Il classico solitario con, in testa, una trama psichica fatta di complessi, di ombrosità. Una questione di origini sociali, abbastanza modeste. Può essere. Tutto aggravato da quella scarsa capacità di socializzare; quel sentirsi a disagio non appena all’interlocutrice o interlocutore di turno si aggiungeva una terza presenza. Eduardo era famoso nel disertare i piccoli festeggiamenti aziendali o le uscite fra colleghi, quando si vagava tra serate in piccoli club ad ascoltare musica (pettegolezzi, piccole tresche. Non avevamo chissà quali ambizioni di mondanità. Siamo piccoli funzionari della Cultura).
Sta di fatto che se ne sono liberati, neanche si trattasse di una zavorra. Dopo trent’anni una pedata, più o meno felpata, e via. Eduardo non tollerava le youtuber o gli artisti pop che editavamo sempre più spesso, anche questo ha inciso...
Lui ripeteva che il loro massimo atto di scrittura coincideva con la firma in calce al contratto. Avrebbe fatto fronte anche alla loro maleducazione, a ogni modo; era il vuoto di quella gente a farlo diventare gelido. I contatti si ibernavano, la agenti protestavano, la Zarina era scontenta…
Così, quando dopo la sua defenestrazione ci siamo rivisti casualmente, confesso di essermi preoccupato. Cambiare marciapiede sarebbe stato indecente, d’accordo. Ma dopo una giornata lavorativa a ostacoli, non mi sorrideva l’idea di sorbirmi le sue prevedibili lagne.
Adesso, mi sono detto, riverserà sul povero cireneo, il sottoscritto, mesi di recriminazioni rancorose e silenziose (in azienda figuravo fra i pochissimi con cui scambiasse qualche mugugno).
Abbiamo bevuto qualcosa insieme; contro le mie attese non si è rammaricato di nulla. Non gli aleggiava attorno nemmeno l’aura di negatività, dicono contagiosa, di quelli che sono caduti in disgrazia, dei messi da parte. A essere sincero mi sembrava abbastanza in forma per essere Eduardo: affinato, meno trascurato nell’abbigliamento, con una certa energia nello sguardo. No: affilatezza.
«Ti trovo bene», senza poter nascondere la mia stupefazione. Il trasparente sottotesto era: non ti ho mai visto bene e ora, inspiegabilmente, sei ringiovanito. In realtà di inspiegabile, nella vita, c’è meno di quanto noi non si creda. E, se un uomo della sua età si strappa da dosso la maledetta patina opaca, la chiave esplicativa può essere una sola.
«Dammi la buona notizia, Edo. C’è qualcosa di nuovo. O sbaglio?».
Gli è affiorato alle labbra un mezzo sorriso.
«Una donna. Dai, spara». «Non è come pensi tu, maniaco». C’è questa donna, molto più giovane. Sarebbe grave, se la sostanza del rapporto fosse di tipo erotico. È gravissimo, dal momento che il rapporto sembra platonico (le relazioni inconcludenti dal punto di vista sessuale, sono quelle in cui una donna ti manipola a tempo indefinito). Eppure lui sembra aver trovato un suo punto di equilibrio.
Tutto inizia quando lei gli fa recapitare una bozza di un romanzo. È cerimoniosa, intimidita e, nello stesso tempo, presuntuosa. «Mi è sembrata me da giovane. Pronta a fare gli stessi tipi di errori».
Eduardo è un autore mancato. Coltivava ambizioni di creazione in proprio, da giovane. Poi ha passato la vita a rimettere in carreggiata le macchine narrative altrui.
«Penso che sia stato quello ad attirarmi».
L’ha voluta conoscere di persona. Parlarle (lui: il misantropo, il disadattato).
«E com’è?», l’ho incalzato. Su questo non si è voluto sbottonare. È come se temesse il mio giudizio. Divaga sugli aspetti caratteriali di questa donna, giovane donna.
«È una della sua generazione, in tutto e per tutto».
«Ne so quanto prima. Che vuol dire?».
Esce molto, di sera. Ha molti amici, il che mi fa presumere: molti amanti. Parola desueta, peraltro: si dice friends with benefits. Ha viaggiato molto fin da ragazzina, questa misteriosa aspirante autrice. Ha frequentato una scuola teatrale. Io mi limito ad addizionare le varie note biografiche che, mi sembra, alludano ad una certa promiscuità. Il che non costituisce un problema, a patto di essere abbastanza promiscui a propria volta. Se si è sempre fatta vita ritirata, come nel caso di Edo, iniziano i dolori. Nel senso che l’impacciato e inesperto di turno subisce l’ascendente erotico dell’altra. E finisce per ballare sul palmo della bella, che lo manovra a piacimento.
«Ora stiamo rivedendo il manoscritto da cima a fondo. Io non voglio solo correggere la sua scrittura. Io voglio insegnarle la scrittura. Io scommetto su di lei... Lei ha il graffio, il fuoco... Dovresti vedere gli occhi: avidi di mondo... Traboccano di storia, di storie...».
Già: quelle che lui non ha mai vissuto. Eppure lo sguardo di Edo è perfettamente a fuoco. Luccica come quello di chi ha grandi progetti e vive al massimo grado delle sue potenzialità. Non otterrà nulla, da questa ragazza di cui ha ritegno a farmi il nome. O lo otterrà a caro prezzo. Eppure vive in questo stato miracoloso, come sulla punta di un ago che gira, gira. Cadere sarà durissimo. Eppure è uno stato di grazia.
Talento
Se ne sono liberati neanche si trattasse di una zavorra Eduardo non tollerava le youtuber o gli artisti pop