Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Massacrato dalle baby-gang Guardia giurata senza più cure
Parlano i figli della guardia giurata picchiata alla stazione La Trencia
«Nostro padre da quel giorno non esiste più, è morto. Quella persona che conoscevamo ha smesso di respirare l’8 maggio». Ha gli occhi lucidi Francesco e quando parla del papà immagina vividamente davanti agli occhi tutti i giorni difficili che verranno. «È paralizzato nella parte sinistra del corpo, ha le allucinazioni, non riconosce a volte nemmeno me». Gennaro Schiano, 64 anni, non è più lui da quando è stato massacrato di botte da una baby gang alla stazione Trencia della Cumana. Ora deve lasciare la clinica, non ha copertura assicurativa e assistenza. «È stato dimenticato da tutti».
«Nostro padre da quel giorno non esiste
NAPOLI più, è morto. Quella persona che conoscevamo ha smesso di respirare l’8 maggio». Ha gli occhi lucidi Francesco e quando parla del papà immagina vividamente davanti agli occhi tutti i giorni difficili che verranno. «È paralizzato nella parte sinistra del corpo, ha le allucinazioni, non riconosce a volte nemmeno me, parla guardando il soffitto, non cammina più e adesso combatte con un’infezione alle vie urinarie». Gennaro Schiano, 64 anni, non è più lui da quando è stato massacrato di botte alla stazione Trencia della Cumana. Un ragazzino di 18 anni, arrestato la scorsa settimana dalla polizia, lo ha quasi “ucciso” con una ginocchiata alla testa, accanendosi sul suo volto fino a ridurlo una maschera di sangue.
Gennaro è stato in coma, lo hanno operato per ridurgli una frattura del cranio, un’emorragia celebrale e adesso l’inferno gli si è materializzato davanti agli occhi. Ogni singolo giorno. Ma non basta il destino crudele. A peggiorare la situazione ci sono leggi e burocrazia. Oggi la famiglia Schiano si sente tradita da tutti. «Quel ragazzino di Pianura è agli arresti domiciliari per lesioni gravissime e non per tentato omicidio. Non solo è scandaloso, ma è uno schifo — continua Francesco —. Mio padre non è più autosufficiente, e frantumare il cranio a un uomo mingherlino e anziano per una banale lite è da assassini. Non si tratta di una bravata ma di un omicidio mancato». E poi solleva dubbi sulla ricostruzione della polizia agli atti della Procura e del gip che ha firmato l’ordinanza. «Mio padre, prima di andare in coma, mi disse che aveva litigato in Cumana per uno zainetto da spostare, di essere stato seguito e di aver sentito un colpo alla schiena e contemporaneamente al volto — dice il figlio con pacatezza —. Forse è stato usato un oggetto, forse erano in due e questo va accertato».
Traditi anche dalla burocrazia perché adesso Gennaro rischia di rimanere senza assistenza. A raccontarlo è la figlia Lina. I suoi occhi sono identici a quelli del papà e sul viso ha il dolore che si porta addosso come un tatuaggio, così da quel maledetto pomeriggio. «La clinica che lo assiste in convenzione non ha più i fondi e per questo motivo deve ritornare a casa. Per curarlo lì ci vogliono dai 500 ai 900 euro al giorno. Ha bisogno di un terapista, un logopedista, di esami diagnostici particolari, di un neurochirurgo. Non può essere lasciato solo perché non è autosufficiente e quindi ha bisogno anche di un infermiere specializzato», dice tenendo la mano al suo bambino.
L’assistenza è tutta a carico della famiglia di Gennaro che ha chiesto all’Inail di provvedere ma l’Inail ha risposto picche, perché «il signor Gennaro era fuori dall’orario di servizio quando è stato aggredito e non vi è prova certa che sia stato picchiato per una reazione violenta o che non abbia egli stesso provocato», dicono sconsolati i figli. L’Inps d’altro canto aspetta la pratica dell’invalidità che ha tempi lunghi. Intanto il Bruce Lee di Pianura, il ragazzino di 18 anni arrestato per l’aggressione, si è diplomato a maggio e aspetta a casa il suo destino: «È iscritto al Coni, fa arti marziali. Almeno ci dessero un segnale: vogliamo che sia espulso e che non possa mai più praticare quell’attività».
Una magra consolazione. «Se nostro padre fosse morto, per assurdo avremmo potuto superare prima il nostro dramma. Adesso lo vediamo ogni giorno spegnersi e questo disintegra ogni speranza di sopravvivenza in noi», sussurra Lina guardando il cielo rosso fuoco, sperando in un folata di vento che spazzi via quel velo di nostalgia. Tutto è immobile.
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Cure dispendiose L’assistenza sanitaria è a carico della famiglia, con terapie specialistiche per 900 euro al giorno