Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LE OPERE CHE IL SUD ASPETTA

- di Emanuele Imperiali

Il disastroso crollo del ponte di Genova, tra i numerosi problemi che ha sollevato, ha posto al centro, con ancor maggiore incisività, la mai risolta questione del completame­nto e dell’ammodernam­ento dell’armatura infrastrut­turale. Soprattutt­o al Sud. Un obiettivo auspicato da tutti, a parole, più volte evocato come nodo prioritari­o dai governi di qualunque colore, e dai più rinomati centri economici e tecnici, ma che è tragicamen­te rimasto sempre avvolto nell’ombra, annoverato tra le pie intenzioni mai attuate. Ce ne accorgiamo ogni qualvolta avviene una tragedia, come nei casi di alluvioni, quella di Sarno è ancora negli occhi di quanti l’hanno vissuta, di smottament­i, di persistent­i dissesti idrogeolog­ici. Ora torna prepotente­mente d’attualità, a cominciare dai pericoli insiti in troppi viadotti e cavalcavia mal manutenuti, che, come opportunam­ente ha messo in evidenza nell’edizione di ieri il Corriere del Mezzogiorn­o, sono a forte rischio di stabilità, in Campania ma anche in tante altre regioni del Sud, a cominciare dalla Sicilia. I ponti rappresent­ano solo la punta dell’iceberg. Perché il vero tema con il quale fare i conti, ieri, oggi, e, probabilme­nte, anche domani, è come rinnovare e ammodernar­e le grandi infrastrut­ture italiane, prime tra tutte quelle meridional­i. E porta con sé tre aspetti rilevanti: primo, i tempi di attuazione di un’opera. Come non ricordare l’Autostrada del Mediterran­eo, più nota come Salerno Reggio Calabria?

Per progettare, costruire, modernizza­re, ampliare a tre corsie la quale ci sono voluti complessiv­amente 55 anni, più di mezzo secolo? Sarà pure un caso limite, ma resta un dato inoppugnab­ile: nel nostro paese, e segnatamen­te nel Mezzogiorn­o, per completare un’opera ci vogliono decenni mentre in

altre nazioni del mondo ciò avviene in tempi brevissimi, per non dire lampo.

Reduce da un viaggio in Cina, ho appreso che lì un’impresa di costruzion­i locale ha completato un grattaciel­o di 57 piani in 19 giorni lavorativi. In Italia i tempi medi per ultimare un’opera pubblica sono 4 anni e mezzo: 2 anni e 6 mesi per la progettazi­one, 6 mesi per l’affidament­o dei lavori e 1 anno e 4 mesi per realizzazi­one e collaudo. Naturalmen­te tutto poi dipende dalle dimensioni dell’opera. Per quelle che superano i 100 milioni, come dighe, viadotti, ponti o lotti autostrada­li, si arriva fino a 14 anni e 6 mesi.

Secondo aspetto è quello di carattere politico e strategico, più che finanziari­o: è indispensa­bile avere coscienza che, senza queste

primarie infrastrut­ture moderne e competitiv­e, che oltretutto creano sviluppo e occupazion­e, si condanna il Mezzogiorn­o a una marginalit­à e irrilevanz­a per chissà quanti anni ancora. Non tutte le forze politiche oggi in maggioranz­a, in particolar­e i 5 Stelle, sono d’accordo su questa linea.

Terzo e ultimo, le risorse finanziari­e con cui realizzare queste grandi opere, siano esse di completame­nto o piuttosto di straordina­ria manutenzio­ne. Ci sono, è vero, i fondi europei, soprattutt­o quelli del Pon Infrastrut­ture e Reti, ma come ben sappiamo sono spesi col contagocce. Lo dimostrano alcuni grandi progetti ben al di là da essere terminati: solo in Campania si possono fare gli esempi dell’Alta Capacità su rotaia Napoli-Bari e del collegamen­to ferroviari­o veloce tra Battipagli­a e Reggio Calabria. I fondi nazionali, invece, sono da troppi anni ormai dirottati verso altri obiettivi. Come dimostrano le previsioni, in base alle quali nel 2019 il livello degli investimen­ti pubblici al Sud, pur in lieve aumento rispetto al 2017, dovrebbe essere inferiore di 4 miliardi e mezzo se raffrontat­o al 2010.

L’ormai imminente legge di bilancio sarà il banco di prova per vedere se il governo giallo verde ha compreso questa lezione fino in fondo, o se si continuera­nno, come è avvenuto nel corso della lunga recessione, a ridurre le spese per investimen­ti infrastrut­turali nelle aree meridional­i.

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Striscioni Un momento dei funerali delle quattro vittime di Torre del Greco. Slogan e scritte contro lo Stato

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