Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’antica magia di palazzo Cavalcanti
Tutti gli isolati dei Quartieri Spagnoli affacciati su Toledo sono più profondi perché risultano dall’accoppiamento dei primi due isolati della scacchiera.
Nel caso del palazzo Cavalcanti, nell’isolato vi erano più lotti occupati da edifici già nel Cinquecento. Le proprietà furono acquistate dal marchese Angelo Cavalcanti per costruire sull’intero spazio; nel 1762 pare che egli ne abbia incaricato l’architetto Mario Gioffredo. L’attuale facciata venne sopraelevata nell’800 e anche dopo, ma sotto le robuste mensole binate che reggono il cornicione si legge chiaramente l’edificio settecentesco; il non alto basamento bugnato con due bassi piani (botteghe al piano terreno, balconcini all’ammezzato) è concluso da una cornice che fa da mensola all’intera balconata con ringhiere che al centro, in corrispondenza del portale, è una balaustra in pietra. Ringhiere e balaustra passano davanti alle basi di alte e larghe lesene del doppio ordine, concludendo l’edificio sotto il cornicione. Gli spazi intermedi, molto stretti, sono quasi del tutto occupati dalle cornici dei due vani, con timpano curvo al piano nobile.
Al centro, nello spazio poco più largo, una nicchia con calotta semisferica tenta di agganciare il portale in unità formale, secondo una ricerca omologa a quella del palazzo Casacalenda a San Domenico Maggiore, piazza che riscatta però nella favorevole prospettiva, un certo accademismo dell’impaginazione del Gioffredo il quale nella facciata di Toledo non riesce per nulla a misurarsi con il carattere della strada.
È davvero poca cosa quella nicchia, per suggerire variazioni di profondità. Dopo il vestibolo, preceduto da colonne, un cortile davvero ben misurato precede la scala aperta con un unico arco per piano e due piccole aperture rette laterali: non variazione di serliana ma ricerca di un prospetto che sia una vera facciata dietro la quale la scala si vede solo in parte, costituendo una «architettura interna».
È la parte migliore del palazzo anche se alla scala avrebbe giovato una maggiore profondità, tanto per le rampe tanto per i loggiati. Roberto Pane, spietato, la definisce «una graziosa scala a doppia rampa». Lo stesso autore, che non sembra avere grande considerazione dell’edificio «equilibrato», pure lo difende dalle critiche del Chiarini e del Catalani che ritiene provengano da pregiudizio antibarocco; come egli stesso notava il cortile è stato «guastato da abbellimenti dalla salita aggiunta dei passaggi pensili»; recente è un progetto di restauro dell’architetto Mario Buoninconti.