Corriere del Mezzogiorno (Campania)
I magistrati contabili contro il salva-Napoli
I magistrati della Corte dei conti: «Inutile per gli enti in dissesto»
Niente fughe in avanti sulla cosiddetta norma «salva Napoli», inserita al Senato nel decreto Milleproroghe e in discussione alla Camera. L’Associazione nazionale dei magistrati contabili, quelli della Cotte dei conti, fa scattare il semaforo rosso nei confronti di un provvedimento, in via di approvazione definitiva, concepito per concedere un po’ di ossigeno alle casse del Comune di Napoli.
Niente fughe in avanti
NAPOLI sulla cosiddetta norma «Salva Napoli», inserita al Senato nel decreto Milleproroghe e in discussione alla Camera.
L’Associazione nazionale dei magistrati contabili fa scattare il semaforo rosso con il rischio che tutte le speranze per concedere un po’ di ossigeno alle casse del Comune di Napoli possano, improvvisamente, svanire. Infatti, l’Associazione magistrati della Corte dei conti ha chiesto lo stralcio della legge, in quanto oltre a essere di dubbia costituzionalità, per via della sua oggettiva estraneità rispetto all’oggetto del decreto, precluderebbe alla magistratura contabile «la competenza a verificare la situazione finanziaria complessiva e il rispetto degli obiettivi intermedi del piano originario nei confronti degli enti che abbiano nel frattempo approvato la rimodulazione o riformulazione del piano stesso».
Come spiegano i giudici erariali in una nota, il provvedimento allegato al Milleproroghe sarebbe in «palese violazione» delle norme costituzionali sul pareggio di bilancio (art .81) e sul buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97) dato che «indebolisce il risanamento della finanza pubblica proprio in un momento in cui c’è l’urgente necessità di liberare risorse per gli investimenti».
L’emendamento, presentato dal senatore pentastellato napoletano, Ugo Grassi, stabilisce che nel 2018, qualora sia stato presentato o approvato, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del Milleproroghe, un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, rimodulato o riformulato, il comma 7 dell’articolo 243-quater del Tuel «si applica soltanto al nuovo piano definitivamente approvato dalla Corte dei conti, senza che rilevi il mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati dal piano originario». L’effetto è che, quindi, le procedure di controllo sugli enti locali «si applicano soltanto al nuovo piano definitivamente approvato dalla Corte dei conti e non si considera l’eventuale sforamento degli obiettivi intermedi. Uno sforamento che, in base alla normativa vigente, se “grave e reiterato” porterebbe il prefetto competente per territorio ad assegnare all’ente un termine non superiore a 20 giorni per la deliberazione del dissesto. Per i giudici erariali, infine, «non è opportuno avallare una situazione di “accanimento terapeutico” per gli enti ormai in default, in quanto procrastinare l’inevitabile dichiarazione di dissesto preclude un effettivo risanamento che consenta all’ente locale di potere ripristinare celermente l’erogazione delle prestazioni costituzionalmente necessarie, con un bilancio stabilmente riequilibrato. Al contrario appare sempre più urgente una modifica della disciplina normativa del dissesto».
I giudici
«É un rischio avallare le situazioni di accanimento terapeutico»