Corriere del Mezzogiorno (Campania)

SE LA CHIAVE NON È SEMPRE E SOLO IL BEL GIOCO

- di Monica Scozzafava

Qualità tecniche individual­i o grande bellezza: il dibattito sul bel gioco appassiona. E se Allegri insiste: poi me lo spiegheret­e cosa significa giocar bene a calcio; Sarri continua a saperlo bene anche in Premier, dove il Chelsea vince con i suoi concetti di armonia, bellezza e tiki taka. Ancelotti, invece, si pone su un’altra direzione. Va dove i due allenatori toscani proprio non riescono: l’armonia del gruppo. Dalla quale raccoglie sia il bel gioco (ma se a tratti manca e i tre punti arrivano va bene lo stesso) che le vittorie. Nascono così il karaoke in ritiro, i pranzi tutti insieme anche quando ci si allena di pomeriggio. Viene coltivato l’aspetto motivazion­ale che domani sera contro la Sampdoria si tradurrà in un modesto ma significat­ivo turnover. Essere parte di un gruppo significa, per Ancelotti, sentirsi forte l’uno quanto l’altro, ruolo per ruolo ovviamente. Appassiona­rsi all’obiettivo e alla partita singola, essere sulla corda sia in allenament­o che alla vigilia delle gare ufficiali. Il bacio di scuse a Ounas a bodocampo (diciamo pure la verità uno degli ultimi a potersi arrabbiare se non entra) è la fotografia dell’unicum, espression­e di quella serenità che l’allenatore del Napoli mette come priorità nella gestione del gruppo. Mertens è un altro esempio: proprio lui, il centravant­i-bomber, resta in panchina e non storce il muso. Anzi, incoraggia e sprona i compagni in campo. Poi entra, e che fa? Gol ovviamente. Gioco o non gioco, c’è la gestione degli uomini ed è questa la chiave del nuovo Napoli.

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