Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’AMMUINA CONTRO LA REALTÀ
Napoli città autonoma cancella il debito e inizia a battere una propria moneta, dando il via così a quella che, se fosse una cosa seria, sarebbe tecnicamente una secessione. Sono proposte degne dell’internato che crede di essere Napoleone, per cui, dando per scontato che il sindaco non sia pazzo, l’unica spiegazione razionale è che, non avendo nessuna proposta amministrativa concreta per provare a risolvere i mille problemi reali dei cittadini, dalle parti di Dema si è ritenuto che l’unica cosa da fare alla ripresa dell’attività politica fosse buttarla in caciara. D’altra parte non è la prima volta e temo non sarà l’ultima. A Palazzo San Giacomo si è arreso, simbolicamente, anche il lampadario dell’androne, che si è mestamente lasciato cadere a terra nei giorni scorsi, per cui vale la pena di occuparsi d’altro. Ben più preoccupanti dei post folcloristici del sindaco sono le prime mosse con-crete del M5S sul Sud. La scelta di Floro Flores quale commissario di Bagnoli, al di là delle condivisibili perplessità espresse da Marco Demarco sul fatto che si tratti di un imprenditore, che sarà senz’altro bravissimo, ma è un privato cittadino e non un funzionario pubblico, è preoccupante per il dato politico che esprime. Floro Flores è vicino a Dema, tanto da aver assunto il fratello del sindaco come direttore generale di una sua società, per cui tutti i commentatori hanno letto la designazione da parte della ministra grillina per il Sud come un ponte gettato dall’ala del movimento che fa capo al presidente della Camera Fico verso de Magistris e i suoi.
Il rischio è che il M5S, anziché cambiare un’inerzia di decrescita economica e sociale che si va facendo strutturale, cambiando il modo di (non) approcciare ai problemi che ha caratterizzato l’esperienza arancione, decida di cingere quell’esperienza in un abbraccio che potrebbe essere mortale per la città.
Da questo punto di vista, le prime dichiarazioni del non ancora neo-commissario non sono rassicuranti, visto che la strategia per dare attuazione a un piano inattuabile, essendo di fatto identico a quello già fallito, è quella di sperare che l’emiro del Qatar sia interessato alla riqualificazione dell’area. Mi ricorda i discorsi con gli amici quando il Napoli andava male e si sperava che arrivasse l’arabo a metterci i soldi. Non è una cosa seria.
L’altra notizia, passata quasi inosservata, era nell’intervista al ministro dell’economia di domenica scorsa, nella quale si diceva che il Governo ha firmato un accordo con la Cina per la cosiddetta «via della seta» in favore del porto di Trieste, che diventerebbe l’hub d’ingresso delle merci cinesi in Europa.
Naturalmente ci fa piacere per Trieste, città gloriosa e bellissima, ma solo pochi mesi fa una campagna di questo giornale aveva strappato all’allora ministro De Vincenti la promessa che il porto di Napoli, principale risorsa industriale della città, sarebbe stato al centro degli accordi con il governo cinese, considerato che tutti gli osservatori più acuti (cito, tra tutti, l’ad di Intesa-Sanpaolo Carlo Messina) ritengono che la via dello sviluppo del Sud passi dal farne una piattaforma logistica europea. Il Governo M5S, premiato a Napoli con oltre il 50% dei voti, anziché avviare politiche di sviluppo della città, sembrerebbe smontare anche quanto di buono aveva fatto per il Sud il governo precedente.
A Napoli c’è bisogno urgente di ricominciare a fare le persone serie, avanzando proposte concrete e realistiche, che disegnino una strategia di sviluppo che sia compatibile con l’economia capitalistica globalizzata e non appesa a sogni miracolistici o, peggio, a un ribellismo utile solo a tenere in vita artificialmente un’esperienza politica di fatto finita.
Chi ha fatto il pieno di voti ha la responsabilità politica di una svolta. Deve essere l’arancione a diventare giallo e non viceversa.