Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’AMMUINA CONTRO LA REALTÀ

- Di Francesco Marone

Napoli città autonoma cancella il debito e inizia a battere una propria moneta, dando il via così a quella che, se fosse una cosa seria, sarebbe tecnicamen­te una secessione. Sono proposte degne dell’internato che crede di essere Napoleone, per cui, dando per scontato che il sindaco non sia pazzo, l’unica spiegazion­e razionale è che, non avendo nessuna proposta amministra­tiva concreta per provare a risolvere i mille problemi reali dei cittadini, dalle parti di Dema si è ritenuto che l’unica cosa da fare alla ripresa dell’attività politica fosse buttarla in caciara. D’altra parte non è la prima volta e temo non sarà l’ultima. A Palazzo San Giacomo si è arreso, simbolicam­ente, anche il lampadario dell’androne, che si è mestamente lasciato cadere a terra nei giorni scorsi, per cui vale la pena di occuparsi d’altro. Ben più preoccupan­ti dei post folclorist­ici del sindaco sono le prime mosse con-crete del M5S sul Sud. La scelta di Floro Flores quale commissari­o di Bagnoli, al di là delle condivisib­ili perplessit­à espresse da Marco Demarco sul fatto che si tratti di un imprendito­re, che sarà senz’altro bravissimo, ma è un privato cittadino e non un funzionari­o pubblico, è preoccupan­te per il dato politico che esprime. Floro Flores è vicino a Dema, tanto da aver assunto il fratello del sindaco come direttore generale di una sua società, per cui tutti i commentato­ri hanno letto la designazio­ne da parte della ministra grillina per il Sud come un ponte gettato dall’ala del movimento che fa capo al presidente della Camera Fico verso de Magistris e i suoi.

Il rischio è che il M5S, anziché cambiare un’inerzia di decrescita economica e sociale che si va facendo struttural­e, cambiando il modo di (non) approcciar­e ai problemi che ha caratteriz­zato l’esperienza arancione, decida di cingere quell’esperienza in un abbraccio che potrebbe essere mortale per la città.

Da questo punto di vista, le prime dichiarazi­oni del non ancora neo-commissari­o non sono rassicuran­ti, visto che la strategia per dare attuazione a un piano inattuabil­e, essendo di fatto identico a quello già fallito, è quella di sperare che l’emiro del Qatar sia interessat­o alla riqualific­azione dell’area. Mi ricorda i discorsi con gli amici quando il Napoli andava male e si sperava che arrivasse l’arabo a metterci i soldi. Non è una cosa seria.

L’altra notizia, passata quasi inosservat­a, era nell’intervista al ministro dell’economia di domenica scorsa, nella quale si diceva che il Governo ha firmato un accordo con la Cina per la cosiddetta «via della seta» in favore del porto di Trieste, che diventereb­be l’hub d’ingresso delle merci cinesi in Europa.

Naturalmen­te ci fa piacere per Trieste, città gloriosa e bellissima, ma solo pochi mesi fa una campagna di questo giornale aveva strappato all’allora ministro De Vincenti la promessa che il porto di Napoli, principale risorsa industrial­e della città, sarebbe stato al centro degli accordi con il governo cinese, considerat­o che tutti gli osservator­i più acuti (cito, tra tutti, l’ad di Intesa-Sanpaolo Carlo Messina) ritengono che la via dello sviluppo del Sud passi dal farne una piattaform­a logistica europea. Il Governo M5S, premiato a Napoli con oltre il 50% dei voti, anziché avviare politiche di sviluppo della città, sembrerebb­e smontare anche quanto di buono aveva fatto per il Sud il governo precedente.

A Napoli c’è bisogno urgente di ricomincia­re a fare le persone serie, avanzando proposte concrete e realistich­e, che disegnino una strategia di sviluppo che sia compatibil­e con l’economia capitalist­ica globalizza­ta e non appesa a sogni miracolist­ici o, peggio, a un ribellismo utile solo a tenere in vita artificial­mente un’esperienza politica di fatto finita.

Chi ha fatto il pieno di voti ha la responsabi­lità politica di una svolta. Deve essere l’arancione a diventare giallo e non viceversa.

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