Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Così riparlò Bellavista. Al San Carlo

La versione teatrale in scena al Massimo per i novant’anni di Luciano De Crescenzo

- Di Mirella Armiero

Ritorna a parlare la Napoli di Bellavista: e stavolta lo farà da un palcosceni­co d’eccezione, quello del San Carlo. Secondo Alessandro Siani, che è direttore artistico e «anima» dell’operazione, quella Napoli ha molto da dire ancora oggi: «Veicola una filosofia vincente, autentica, fa parte della nostra tradizione. E va innaffiata, rinverdita. Quella Napoli copre tutto il resto».

La versione teatrale del romanzo di Luciano De Crescenzo, da cui nell’84 fu tratto il film, debutterà con una serata di gala al Massimo napoletano, il 26 settembre. La regia è di Geppy Gleijeses, che interpreta il ruolo del protagonis­ta (nel film era il genero del professore, Giorgio) e ha curato l’adattament­o, la produzione è firmata Best Live (Alessandro Siani e Sonia Mormone) e Gitiesse Artisti. In platea ci sarà, auspica la figlia Paola, anche lo scrittore, di cui saranno festeggiat­i i novant’anni appena compiuti, il 20 agosto scorso.

Nel cast figurano Marisa Laurito e Benedetto Casillo (l’unico a conservare il suo ruolo originario, quello di aiuto portiere) che hanno fortemente spinto per la messinscen­a. E ora mostrano tutta l’emozione del caso: in effetti si tratta del primo spettacolo di prosa messo in scena al San Carlo, dopo «Napoli milionaria» di Eduardo De Filippo nel 1945. «Sarà un onore», osserva Laurito, «recitare dove c’è stato Eduardo». E Casillo le fa eco: «Si realizza un sogno». Motivo di orgoglio per Rosanna Purchia, sovrintend­ente del San Carlo, che in questo caso ospita una produzione «esterna» e conferma una disinvolta apertura pop del Massimo, sulla scia del concerto di Peppino Di Capri o dello spettacolo per Maradona, anche quello con il «patrocinio» di Siani. L’attore stavolta sfodera tutto il suo entusiasmo: «Ho martellato Geppy, che aveva tanti impegni, e sono riuscito a convincerl­o. Napoli vive un momento straordina­rio, ma a volte dimentichi­amo le radici della nostra arte. La filosofia di De Crescenzo porta avanti una napoletani­tà buona, positiva».

«Così parlò Bellavista» conquistò il pubblico cinematogr­afico con la sua visione bozzettist­ica e ingenua di una Napoli sognante e popolare. Poi la filosofia di Luciano De Crescenzo venne definitiva­mente sdoganata sugli schermi della Rai da Renzo Arbore, compagno di strada dell’ingegnere napoletano in «Quelli della notte» e in molto altro. «Renzo e io», racconta Marisa Laurito, «ci contendiam­o ancora l’affetto di Luciano. Ogni volta che lo andiamo a trovare, gli chiediamo chi preferisce tra noi due. Devo dire che spesso sceglie me».

Da riflession­e spicciola snobbata dagli intellettu­ali a visione del mondo degna del Massimo: oggi Luciano De Crescenzo si prende davvero la sua definitiva rivincita, se non bastassero i 25 milioni di copie di libri venduti in 42 paesi. Chiedersi se la sua Napoli sia quella autentica e se sia da contrappor­re alla città disperata di Gomorra resta senz’altro una domanda oziosa. Un’interrogat­ivo se lo pone invece Gleijeses: «Napoli è cambiata 30 anni dopo? Credo di sì. Ma mi fa piacere ricordare l’ultima frase del romanzo: Napoli resta l’unica speranza che ha l’umanità per sopravvive­re». Se ne siamo convinti forse sarà proprio così.

Visione

La filosofia del professore porta avanti una napoletani­tà buona, positiva, che copre tutto il resto

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Una scena di «Così parlò Bellavista»
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