Corriere del Mezzogiorno (Campania)
BUROCRAZIA QUESTIONE MERIDIONALE
Nel Mezzogiorno il peso della burocrazia è doppio rispetto a quello delle Regioni del Centro-Nord, con conseguenze dirette e immediate sull’andamento del Pil. Si potrebbe commentare, è la scoperta dell’acqua calda, si sa da tempo, ma leggere i dati fa accapponare la pelle. E soprattutto fa capire perché le aziende non meridionali e gli imprenditori stranieri ci pensino su mille volte prima di investire al Sud. L’indice elaborato da Confartigianato sulla base di dieci indicatori, che vanno dai tempi della giustizia civile e tributaria a quelli di pagamento della Pubblica amministrazione, dalla lunghezza delle code negli uffici che erogano servizi alle pratiche online gestite dai Comuni, passando per la durata delle opere pubbliche, la corruzione, la qualità dei governi locali, l’assenteismo per malattia dei dipendenti pubblici e la creazione di valore delle partecipate dagli enti territoriali, la dice lunga sul motivo per il quale chissà ancora per quanto il Mezzogiorno sarà condannato all’emarginazione economica e sociale. E soprattutto spiega bene perché il nostro non è un Paese che garantisce gli stessi diritti di cittadinanza al Sud e al Nord. Lo dicono i numeri: la burocrazia al Sud pesa il 48,2% in più rispetto al resto d’Italia. Innanzitutto in Sicilia, ma a seguire in graduatoria, anche in Calabria, Campania, Basilicata e Puglia. Basti pensare che l’iter del fallimento di un’impresa nel meridione dura in media più di 13 anni.
Con picchi che raggiungono anche i 15 anni, e servono oltre 8 anni per concludere un’esecuzione immobiliare. Quale imprenditore si sottoporrebbe a questo calvario?
L’interrogativo che bisogna porsi è allora chiaro: si può eliminare un poco di burocrazia? Sì, certo, ma è molto più difficile di quanto si creda. Perché, come acutamente spiegava Angelo Panebianco sul Corriere
della Sera, non bastano i proclami, in quanto la burocrazia si annida dappertutto, ed è più astuta e spesso più potente della politica. Sono i burocrati la ragione principale per cui è tanto arduo liberalizzare l’economia, perché ogni regola ne richiede uno che l’amministri. Per di più, la lentezza della giustizia civile ha un peso enorme sull’economia meridionale, contribuendo a renderla scarsamente competitiva.
Se un’azienda non sa neppure in che tempi può recuperare un credito, come fa a pianificare i bilanci, a definire i budget annuali, a prevedere gli investimenti? A giugno di quest’anno nel nostro Paese vigono 136.987 norme, altro che semplificazione amministrativa e sburocratizzazione! Sarebbe questa la regina delle riforme se un Governo riuscisse veramente a realizzarla. Anche contro tutti coloro che, per propri inconfessabili interessi, la ostacolano.