Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il Csm chiama Salvini: venga qui per fermare le baby-gang
Un invito a Salvini perché venga a Napoli e dia un segnale, ma anche un monito a smetterla col buonismo e a valutare in maniera adeguata la gravità del comportamento dei minorenni. Dalla riunione straordinaria del plenum del Csm a Palazzo di Giustizia emerge la necessità di un approccio nuovo al problema della criminalità minorile e di un deciso sforzo istituzionale. Contrasto efficace alla dispersione scolastica, anche se a singhiozzo, e strumenti che consentano alle forze di polizia di intervenire in maniera efficace per bloccare i giovani delinquenti: questi sono, secondo i magistrati, due dei passaggi fondamentali per ottenere risultati concreti.
Il plenum, che ieri si riuniva per la penultima volta, ha approvato all’unanimità la risoluzione della VI commissione a proposito di baby gang. Da Francesco Cananzi e Antonello Ardituro, che as- sieme alla presidente Paola Balducci hanno redatto il testo della risoluzione, sono arrivate alcune delle proposte più importanti. «Abbiamo bisogno dell’attenzione del governo — è il parere di Cananzi —. Sarebbe bello se Matteo Salvini potesse visitare Napoli, avremmo bisogno dell’attenzione del ministro dell’Interno. La questione Napoli, del resto, riflette una questio- ne più ampia: in Italia in questo momento abbiamo un deficit di coesione sociale fra i giovani e i meno giovani, dobbiamo coniugare la tolleranza zero con una forte prevenzione».
Antonello Ardituro dà uno scossone al legislatore, agli intellettuali, ma anche ai giudici minorili che con il loro eccessivo garantismo rischiano di pregiudicare il lavoro delle forze di polizia: «Un giovane di 16 o 17 anni ha le idee chiare, sa quello che fa. Bisogna ridimensionare l’approccio buonista al problema della criminalità minorile e garantire l’effettività della pena. Dobbiamo dire a questi ragazzi che hanno sempre la possibilità di scegliere. Chi è in condizioni disperate e sceglie il bene va tutelato, chi sceglie il male va sanzionato».
Oggi, è stato sottolineato in diversi interventi, se un minorenne viene fermato con una pistola non può essere arrestato: gli si può al massimo sequestrare la pistola. È evidente, secondo i magistrati, che la legge è inadeguata e va cambiata quanto prima. Ci sono però dei casi in cui l’arresto, che pure è possibile, non viene disposto dal giudice. E anche questa è una stortura che va corretta.
Fondamentale riportare i ragazzi nelle aule, come ha sottolineato il procuratore generale, Luigi Riello: «Questi giovani hanno come modelli calciatori veline e camorristi. Per cambiare i loro valori occorre un esercito di insegnanti. Fermezza e recupero non sono termini configgenti: anche l’arresto può essere lo spunto per un recupero. Su questo però dobbiamo investire denaro: senza investimenti non si va da nessuna parte. È importante modificare la normativa sull’inosservanza dell’obbligo scolastico e sull’arresto, troppo spesso facoltativo e a volte addirittura non consentito». Il procuratore generale ha anche affrontato la delicata questione della sospensione della potestà genitoriale per chi induce i ragazzi, o addirittura i bambini, a delinquere: «Non è una deportazione di massa di minori, parliamo di casi estremi. A volte abbiamo trovato bambini di pochi anni intenti a confezionare droga. Il loro allontanamento dalle famiglie d’origine non è una sanzione accessoria per i genitori ma una speranza di salvataggio per i più piccoli, altrimenti condannati alla stessa sorte dei genitori».
Il pugno di ferro Approvata dal plenum la risoluzione sulla giustizia minorile «La legge va cambiata»
Il problema della scuola è di importanza decisiva anche secondo Ardituro: «La dispersione affrontata male dal punto di vista normativo. Non è sanzionata, per esempio, quella a singhiozzo, che è indice di enorme criticità. Oggi per i genitori inadempienti c’è solo una sanzione amministrativa del tutto irrisoria. C’è bisogno di istituti scolastici che non chiudano a ora di pranzo, che abbiano impianti sportivi, che tengano i ragazzi lontani dalla strada, che diano loro una ragionevole prospettiva di imparare un mestiere. C’è bisogno di strutture sportive pubbliche, che insegnino ai più giovani a rispettare le regole, a riconoscere l’importanza dell’arbitro».