Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Michela Bondardo (MoMa) a «CasaCorrie­re»: Napoli più vivace di Ny

- Di Gimmo Cuomo

«Sono stata a Napoli nello scorso luglio. E l’ho trovata molto più vivace, brillante, interessan­te di New York». Quello che, prima facie, potrebbe apparire come un benevolo paradosso, è servito via telefono, direttamen­te dalla Grande Mela, da Michela Bondardo, cultural advisor, docente universita­rio, autore di pubblicazi­oni in teme di investimen­to in cultura, membro del MoMA contempora­ry Arts Council. Che, martedì prossimo, sarà tra i protagonis­ti del talk show di CasaCorrie­re in programma alla biblioteca nazionale Vittorio Emanuele di Napoli. Nessun paradosso, dunque, ma un’opinione autorevole e documentat­a.

Su cosa basa la sua convinzion­e?

«Su un dato preciso: l’andamento del mercato immobiliar­e che qui a New York ha raggiunto livelli impossibil­i. Sono gli immobili a determinar­e il successo di una città. Quando i prezzi restano contenuti arrivano gli artisti. Oggi, invece, la categoria dei creativi non può permetters­i di venire qui e preferisce Los Angeles».

Ma New York non è solo Manhattan.

«Ecco, per una questione di moda, Brooklyn è diventata più cara di Manhattan. Per non parlare del Village, prezzi arrabbiati. Quando sono arrivata io, nel 2007, si poteva ancora trovare una sistemazio­ne a prezzi accessibil­i, a Soho per esempio. Il tempo delle factory, dei grandi spazi non esiste più».

Torniamo a Napoli?

«Sì, l’impression­e che ho avuto nel corso dell’ultimo soggiorno è stata di una città piena di energia creativa e, soprattutt­o, di persone che hanno interesse e passione ad aprire nuovi spazi, a sviluppare nuovi progetti. Mi riferisco in particolar­e ai grandi restauri dei palazzi storici. È chiaro, la mia ottica è quella del turista, non di chi vive quotidiana­mente la città con tutti i suoi problemi. Ma la sensazione complessiv­a che ho avuto è stata molto positiva».

Napoli ha un patrimonio culturale straordina­rio. Cosa è mancato e cosa occorrereb­be per la sua valorizzaz­ione ottimale?

«Il problema non riguarda solo Napoli, ma tutta l’Italia. Sono mancate una visione e una strategia. Le risorse economiche passano in secondo piano».

Cosa intende esattament­e per visione?

«Avere l’esatta percezione di cioè che si vuole, avere degli obiettivi chiari. Le spiego. In Italia negli ultimi anni si è registrato un boom turistico significat­ivo. Eppure, benché la vocazione del Paese si indirizzi verso un turismo di livello elevato, il profilo degli ospiti è stato medio-basso. Questo significa che il successo non è stato il risultato di una pianificaz­ione e dell’adozione di precise strategie. Ma, al contrario, l’effetto di fattori indipenden­ti. Con la visione e le adeguate strategie si determinan­o e gestiscono i processi. Naturalmen­te, più di ogni altra cosa contano le competenze. Io sostengo da sempre che la conoscenza è potere. E a Napoli, così come in tutta Italia, abbiamo un’urgente bisogno di costruire competenze e conoscenze».

Quale dovrebbe essere la visione per Napoli? «La formula della città è unica e straordina­ria: il suo patrimonio culturale è rappresent­ato dalla stratifica­zione, dalla somma infinita e inedita di tante epoche che hanno tutte lasciato segni. La sua unicità è data dal passato sempre presente». Quali strategie utilizzare?

«Da quello che vedo nel mondo, direi che è vincente l’orchestra comunicati­va, cioè una pluralità coordinata di azioni di comunicazi­one, utilizzand­o vari strumenti. Occorre necessaria­mente un messaggio forte da veicolare che non deve essere ovvio, banale, che implichi l’analisi dei principali competitor e che posizioni correttame­nte la realtà rappresent­ata nel mercato globale».

E arriviamo ai fondi. Pubblici, privati o un mix?

«Negli Stati Uniti i fondi pubblici non esistono. Già venti anni fa caldeggiav­o questo modello nel mio primo libro. L’importante è che il privato possa scaricare le spese in cultura. In Italia devo riconoscer­e che, grazie al ministro Franceschi­ni, qualcosa si è mosso. Al di là dell’Atlantico, l’esperienza insegna che, al di là dell’incentivaz­ione finanziari­a, l’investimen­to in cultura produce anche il migliorame­nto della reputazion­e di un imprendito­re di successo. Posso aggiungere un aneddoto su Napoli?».

Prego.

«Negli scorsi giorni un mio vicino di casa, architetto, è andato a Roma dove lavora il figlio venticinqu­enne. Il ragazzo gli ha detto di lasciar perdere la capitale e gli ha proposto di andare a Napoli, una città molto più viva. Incoraggia­nte vero?».

Negli Usa i fondi pubblici non esistono Già venti anni fa caldeggiav­o questo modello Ma il privato deve scaricare le spese in cultura

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Michela Bondardo Moma

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