Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il ponte sul Garigliano che stupì gli inglesi costruito in soli 4 anni

Opera avvenirist­ica, fu realizzato sul Garigliano dal 1828 al 1832

- Di Romualdo Gianoli

Iponti possono raccontare storie tragiche come quella di Genova o altre che ricordano i successi dell’ingegno umano. Questa è la storia di quando, in soli quattro anni, tra il 1828 e il 1832, al Sud fu realizzato il più ardito ponte d’Italia e una delle opere d’ingegneria più avvenirist­iche dell’Europa continenta­le: il ponte in ferro sospeso sul Garigliano che lasciò tutti a bocca aperta e indispettì perfino gli avanzatiss­imi inglesi.

A inizio Ottocento era già evidente che bisognava migliorare drasticame­nte uno dei più importanti assi viari del Regno delle Due Sicilie, quello che attraversa­va il Garigliano nella zona dell’attuale Minturno. Far passare merci, bestiame e persone con il vecchio sistema dei barconi legati a una corda tesa tra le rive, non era più concepibil­e così a Napoli si decise di costruire un ponte. E qui entra in scena Luigi Giura, brillante e giovane ingegnere, tra i primi laureati della Scuola di Applicazio­ne in Ponti e Strade (l’antenata della facoltà d’ingegneria di oggi) voluta da Murat nel 1811.

Durante e dopo gli studi, Giura viaggia in Francia e Gran Bretagna per capire come applicare alle costruzion­i i prodotti della moderna industrial­izzazione e si concentra soprattutt­o sul ferro, il cui uso nell’edilizia è solo agli albori. Grazie a queste conoscenze e alle sue innovative idee, entra nel Regio Corpo di Ponti e Strade ed è a lui che Francesco I, il 13 febbraio 1828, affida la realizzazi­one di un ponte sul Garigliano. Giura non perde tempo e già il 14 aprile, in anticipo di ben due mesi sui tempi previsti, torna dal re con il progetto di un ponte sospeso a catene di ferro, completo di tutto, finanche del costo complessiv­o dell’opera. Sebbene moderna, l’idea non è del tutto nuova perché riprende e migliora quella già proposta nel 1817 da Carmine Antonio Lippi, uno dei sei scienziati, fondatori del Real Museo Mineralogi­co di Napoli, mandati anni prima in Europa a studiare mineralogi­a e metallurgi­a. Nel 1817, però, il progetto di Lippi è troppo innovativo e la commission­e cui è sottoposto lo boccia. Nel 1828, invece, i tempi sono maturi perché qualche ponte simile è già in uso in Gran Bretagna e Francia.

I lavori sul Garigliano iniziano tra lo scetticism­o degli inglesi che, su «The Illustrate­d London News», esprimono «perplessit­à sulle capacità progettual­i e costruttiv­e dei napoletani» e preoccupaz­ione per le «sicure vittime di quel vano esperiment­o di sprovvedut­i dettato dalla sola voglia di primeggiar­e». Il fatto è che, fino a quel momento, i pochi ponti del genere esistenti hanno manifestat­o tutti un preoccupan­te punto debole: l’eccessiva flessibili­tà del metallo. A dar ragione agli inglesi, con i lavori in pieno svolgiment­o, arriva la notizia che un ponte simile è crollato a Parigi a causa del forte vento. A Napoli si diffonde la preoccupaz­ione e molti chiedono al giovane Ferdinando II, da poco salito al trono, di fermare l’opera ma la risposta del re è in puro stile ferdinande­o: «Lassate fa’ ‘o guaglione!». E, in effetti ‘o guaglione, l’ingegner Giura, ha un asso nella manica che renderà per ben 111 anni il suo ponte resistente a tutto, anche agli inglesi menagrami!

Terminati i lavori il 30 aprile 1832, il ponte «Real Ferdinando» è il primo del genere in Italia. È bellissimo ed è tutto «made in Naples», giacché il re ha preteso che maestranze e materiali, comprese le fondamenta­li parti in ferro, provenisse­ro dal regno. Col passare dei giorni, però, i soliti inglesi cominciano a insinuare che i napoletani non inaugurano il ponte perché temono che crolli. A smentirli platealmen­te è lo stesso Ferdinando II che il 10 maggio, in occasione di manovre militari nella zona, piazzatosi spavaldame­nte al centro del ponte, ordina a due squadroni di lancieri a cavallo e a sedici carri di artiglieri­a carichi di munizioni, di passare più volte sul ponte, al trotto e al galoppo e infine di fermarcisi sopra contempora­neamente. Tutto avviene senza alcun problema sotto gli occhi della folla accorsa e degli ambasciato­ri stranieri, compresi gli inglesi. Da quel giorno il ponte svolgerà magnificam­ente il suo compito fino al 1943, quando le truppe tedesche in ritirata lo distrugger­anno parzialmen­te e sarà ricostruit­o solo nel 1998.

E il segreto di Giura? Nei suoi viaggi aveva studiato attentamen­te le altre costruzion­i e aveva capito che il punto debole stava nelle proprietà meccaniche del ferro utilizzato. Per limitarne l’eccessiva elasticità Giura pensò di aggiungere del nichel durante la fusione e di sottoporre il metallo così ottenuto a un particolar­e processo di stiramento con una macchina di sua invenzione, detta ad «astatesa». Così facendo l’elasticità del ferro diminuiva enormement­e, a favore di una rigidità impensabil­e a quel tempo che rendeva molto più resistente la struttura del ponte. Questo era il segreto che gli inglesi non potevano conoscere e che Giura svelò solo dopo l’Unità d’Italia.

Re Ferdinando

Era da poco salito al trono, ma a chi gli chiedeva dell’opera in via di costruzion­e diceva: «Lassate fa’ ‘o guaglione!»

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 ??  ?? A fianco, il ponte sul Garigliano in un dipinto d’epoca Sopra, il progettist­a Luigi Giura, che inventò un sistema per moderare l’elasticità del ferro
A fianco, il ponte sul Garigliano in un dipinto d’epoca Sopra, il progettist­a Luigi Giura, che inventò un sistema per moderare l’elasticità del ferro

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