Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Case operaie al posto del convento
Tra le molte opere di carattere strategico realizzate nel periodo del governo francese di Gioacchino Murat nei primi anni dell’800, vi fu la realizzazione del prolungamento di via Toledo, tramite la strada Santa Teresa, fino alla Reggia borbonica e al parco di Capodimonte. Il più impegnativo ostacolo in questo progetto fu il grande complesso di S. Maria della Sanità che si trovava proprio sul percorso della nuova strada: il monastero infatti non solo era molto ampio e articolato alla quota della chiesa nella valle, ma aveva ad una quota più alta il chiostro grande che si trovava proprio dietro la chiesa e dietro il chiostro piccolo circolare. Il tracciato della strada scavalcò la valle e la chiesa con un ponte che attraversò il chiostro grande, e questo non venne neanche parzialmente recuperato ma del tutto abbattuto. La Carta Marchese del 1813 registra la nuova strada e la scomparsa del chiostro al cui posto si nota un incerto giardino; già in una nuova carta del 1830 quest’area ha preso, al contrario, una forma molto precisa, quella di un ampio spiazzo semicircolare con il lato dritto posto lungo la strada e tutto cinto da una doppia fila d’alberi.
Anche senza edifici il luogo aveva preso una forma che balzava agli occhi. Nel 1861 Marino Turchi fondò l’Associazione Filantropica Napoletana, che si poneva l’obiettivo di realizzare case per la classe operaia; alla sua associazione, nel 1866, venne concessa in convenzione tutta l’area conventuale. Turchi progetta un edificio i cui lavori hanno inizio nel 1876. La Carta Schiavoni, più o meno coeva, registra l’avvenuta costruzione dello straordinario edificio; la sua forma complessiva ricalca in modo diretto la forma semicircolare del giardino: come un passaggio dalla forma naturale a quella artificiale ma comunque opera dell’uomo. L’edificio ha la tipologia della corte che è formata dalla ripetizione di un unico tipo edilizio, la casa a blocco con scala centrale, adattata con modesta modifica anche alla parte curvata.
Si avverte, come notò Adriana Baculo, l’appartenenza di tale costruzione ad una cultura europea, i cui riferimenti rimandano anche ad una connotazione ideologica; la forma autonoma e fortemente riconoscibile finisce per connotarsi entro le misure di una forte, e inconsueta per Napoli, modificazione del paesaggio. Così l’edificio determina sottolineature e relazioni di geometria dovute alla sua estraneità alla circostante stratificazione, alla sua perentorietà: ed a ciò devono, se ce l’ha, le sue possibilità di bellezza.