Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il coraggio
SEGUE DALLA PRIMA
Luciano aveva la solidità, la bonomia e la serietà professionale tipiche della gente delle sue parti: una sorta di nota caratteriale, un marchio di fabbrica diciamo così. E come la gran parte degli emiliani, votava a sinistra. Capitava spesso, nelle zone infelici del mondo dove il lavoro di specialisti di aree di crisi ci portava, che la sera, prima di andare a dormire scambiassimo quattro chiacchiere in compagnia di un bicchiere (io) e di una Marlboro (lui).
Una di quelle sere, Luciano mi fece una rivelazione sorprendente: alle prossime amministrative voto a destra, confessò. Ma come, gli feci, proprio tu? La mia città non è più quella di prima, mi spiegò. Prova a fare una passeggiata sotto i portici del centro la sera: tossicomani, bivacchi, sporcizia. Ho una figlia di venti anni che lavora e quando torna a casa tardi io sto col cuore in gola sapendo che deve fare lo slalom tra extracomunitari. Protestai, parlando di prevenzioni. Gli feci notare che c’era anche una piccola vena xenofoba in quelle sue osservazioni, un sospetto di razzismo. Sono in aumento le aggressioni, la microcriminalità e noi bolognesi ci sentiamo sempre meno sicuri, replicò lui. Replicai che si trattava di una percezione, non della realtà. Dovresti viverci in quelle zone, o nelle periferie trasformate in suk per capire, insistette Luciano. Ma come – protestai – che fine hanno fatto l’accoglienza, la ricchezza della diversità, l’inclusione, la condivisione?
E chi le nega? Ma se queste parole diventano cavalli di troia per veicolare abusi e illegalità vuol dire che sono state mal interpretate, disse lui. Non sono mica il solo a pensarla così, concluse.
La sua previsione si rivelò esatta. Come Luciano, infatti, la pensavano tanti altri elettori di sinistra che nel ’99 votarono per Guazzaloca, il candidato di centro destra che, sulla carta, non aveva alcuna speranza di battere la corazzata di sinistra e che invece sbaragliòaveva sbaragliato tutti gli avversari politici.
Nessuno aveva capito quello che stava succedendo. Meno che mai i diretti interessati: vale a dire un ceto politico che aveva governato ininterrottamente Bologna dal 1948 fino al 1999, mezzo secolo di amministrazione. Fu uno choc dal quale la sinistra (anche quella nazionale) avrebbe fatto fatica a riprendersi.
Ancora adesso quello della sicurezza è un tema divisivo. Per farsene un’idea è sufficiente dare un’occhiata ai titoli dei giornali, soprattutto di certi giornali o che tendono al pecoreccio o al grand guignol. Ci si divide, davanti alle questioni della sicurezza, ma la dicotomia non è più sufficiente a delineare i perimetri delle aree di confronto.
Non basta più nemmeno il pantheon delle icone immaginato da Giorgio Gaber (ricordate? Cos’è di destra, cos’è di sinistra…) per definire i contorni della faccenda. Il punto è che le categorie concettuali finora utilizzate per definire il fenomeno forse sono diventate insufficienti. Come spesso accade davanti alle empasse, forse occorre un taglio netto, come fece Alessandro davanti alla inestricabilità del nodo di Gordio.
Ecco perché non ho dubbi: Vincenzo De Luca ha ragione. Ha detto quello che andava detto e che nessuno, a sinistra, aveva il coraggio di dire in maniera chiara. Lo ha fatto nei modi ruvidi che gli sono caratteristici, magari avrà utilizzato una sintesi spietata. Ma ha detto quello che andava detto. Il tema della sicurezza non è un tema di destra o di sinistra. È un tema. Anzi, forse addirittura è «il» tema. Gli abitanti di una città, i membri di una comunità hanno il diritto di vivere in quartieri sicuri, puliti, con servizi efficienti e dove non esistono bivacchi, zona franche, aree sottratte alla legalità e sotto il controllo di bande, magari di bande etniche. De Luca ha aggiunto anche un’altra considerazione, una riflessione che ha sempre costituito un tabù, un commento da fare magari a cena, tra amici, a mezza bocca, ma non sdoganabile pubblicamente e meno che mai politicamente: a difendere il caos attuale (ha detto il Governatore) sono quelli che vivono nei quartieri dove questi problemi non esistono. Provate a dire che non è vero.
Lo so, lo schematismo non aiuta. E magari questo gli assomiglia, almeno nella velocità e nella sintesi. Ma è un’affermazione vera. A vivere nella paura e nell’insicurezza sono gli abitanti delle periferie, sono le famiglie che vivono nei quartieri o nelle cittadine dove la sera scatta un coprifuoco non annunciato ma da tutti osservato.
Non capire — e pertanto non riuscire a dare risposte rapide e concrete a chi vive una vita prigioniera della paura e dell’incertezza — significa scavare ancora di più quel fossato che separa la società civile da quella politica.
È facile essere coraggiosi a distanza di sicurezza, diceva Esopo.