Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Biscotto all’uovo e panino con milza Le feste dei santi patroni

Gli usi gastronomi­ci tra Napoli e Salerno: dolci per San Gennaro, piatti poveri ma buoni per onorare San Matteo

- Rosaria Castaldo

Diciannove e ventuno settembre, due date importanti per la Campania devota. Napoli celebra San Gennaro mentre Salerno, due giorni dopo, San Matteo. I festeggiam­enti, tra riti sacri e profani, sono molto attesi; le consuetudi­ni della tradizione religiosa sfociano in routine gastronomi­che altrettant­o rispettate. A dispetto della grande popolarità del martire napoletano, i peccati di gola a lui dedicati, sono pochi. Qualche secolo fa, per festeggiar­e il miracolo del santo martire, era d’abitudine, nell’ospedale San Gennaro dei Poveri, al rione Sanità, offrire ai malati ‘o biscotto all’uovo e limone ideato dalle suore che, attraverso quell’offerta, cercavano di attirare la benevolenz­a del santo sui malati. Il pasticcino di San Gennaro era un semplice biscotto preparato con uova, zucchero, limone, farina e cannella, sbattuto come uno zabaione e cotto al forno. Il risultato era un frollino sostanzios­o e molto soffice che poteva essere mangiato anche dai pazienti senza denti. Negli ultimi anni alcune pasticceri­e hanno ripreso la tradizione ideando ricette nuove ispirate al santo patrono, come la torta soffice all’albicocca del Vesuvio pellecchie­lla, limone Igp di Sorrento e confettura di ciliegie. Nei giorni scorsi è tornato il San Gennariell­o, dolce creato dalla pasticceri­a Napolitano di piazza Poderico per celebrare il santo patrono. Una gustosa e allo stesso tempo leggera pasta frolla al burro in due dischi farciti con una densa crema all’arancia. A decorare il tutto l’effigie di San Gennaro quasi in modalità “santino” con il golfo di Napoli rigorosame­nte sullo sfondo. Il prodotto è stato preparato dai maestri Marco e Vincenzo Napolitano della storica realtà pasticcier­a che fa risalire le sue origini al 1920. Altra versione intrigante O cappiello ‘e San Gennaro, un maxi biscotto farcito con crema pasticcier­a gialla e sagomato come la mitra del santo, una decorazion­e che riproduce i famosi monili del tesoro di San Gennaro.

Due giorni dopo i festeggiam­enti napoletani, Salerno celebra il proprio patrono: San Matteo. Qui, più che a Napoli, dopo i doveri religiosi ci si dedica ai piaceri culinari. Per San Matteo esiste una vera e propria tradizione gastronomi­ca, a cominciare dal panino con la meveza ‘mbuttunata ovvero la milza ripiena di aglio, prezzemolo e peperoncin­o. La ricetta è antica e rappresent­a un piatto estremamen­te povero elaborato dal popolo che non poteva permetters­i altra carne se non gli scarti della macelleria. Le interiora, col passare del tempo, sono state cucinate nei modi più diversi, generando ricette gustosissi­me.

Sulla tavola in onore del Santo protettore dei pescatori, troviamo anche le maruzzelle (lumache di mare) che, secondo la credenza popolare, difendono la famiglia da liti e tradimenti. Immancabil­i i piscitiell­i fritti o mazzame, piccoli pesci pescati in loco, un tempo proposti dai venditori ambulanti che alleggeriv­ano il percorso della procession­e dedicata al santo. Fino alla prima metà del ‘900, il pasto si concludeva con l’autoctona uva Sanginella: l’unica uva da tavola della città di Salerno, conosciuta già all’epoca della Scuola Medica di Salerno, oggi purtroppo scomparsa quasi del tutto.

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dolce creato dalla pasticceri­a Napolitano per celebrare il santo patrono. Una gustosa e allo stesso tempo leggera pasta frolla al burro in due dischi farciti con una densa crema all’arancia. A decorare il tutto l’effigie di San Gennaro quasi in modalità “santino” con il golfo di Napoli rigorosame­nte sullo sfondo. A lato, il tradiziona­le panino con laovvero la milza ripiena di aglio, prezzemolo e peperoncin­o, simbolo dellosaler­nitano nei giorni di San Matteo
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