Corriere del Mezzogiorno (Campania)
UN PIANO MARSHALL PER I GIOVANI
Igiovani vivono un chiaro disagio. A Napoli la questione è di attualità, evidenziando atteggiamenti apparentemente contraddittori. Si è parlato delle manifestazioni dei ragazzi del Sannazaro che desiderano andare a scuola regolarmente, ma allo stesso tempo in Campania aumenta il tasso di giovani inattivi (neet) che non studiano né lavorano. Più di un terzo, nell’età compresa fra i 18 e i 24 anni, risulta libero da impegni di lavoro e studio, la percentuale più elevata in Europa. Eppure, sempre in Campania i «cervelli in fuga» aumentano sensibilmente: secondo stime della Banca d’Italia, dal 2006 al 2016 circa 54 mila ragazzi laureati hanno lasciato la regione per trasferirsi nel centro-nord o all’estero. Vi sono poi i figli di migranti e i ragazzi profughi, una grande risorsa: hanno voglia di imparare e integrarsi, imprimendo slancio nei luoghi dove vivono. Sono a pieno titolo giovani napoletani. Infine, sono giovani gli interpreti di atti di violenza che mettono a rischio la sicurezza dei cittadini, come è accaduto qualche giorno fa a Forcella e a Soccavo. Anzi, se la camorra si è sempre caratterizzata per essere un’organizzazione criminale formata in larga parte da giovani, di recente si constata un sensibile abbassamento dell’età, tanto che si parla di adolescenti fra i più attivi protagonisti di azioni efferate. Si tratta dunque di un universo assai diversificato, che costituisce buona parte della popolazione della nostra regione (la Campania è ancora la più giovane d’Italia per l’elevato tasso di natalità, seppure negli ultimi anni va sensibilmente ridimensionandosi).
Credo, però, che a partire dai giovani si debba ragionare in termini unitari. Non porta lontano fare la lista dei buoni e dei cattivi. Emerge una questione educativa. Come vi è da parte dei giovani la ricerca di riferimenti solidi. Di essere presi sul serio.
Insomma, occorre restituire la dimensione di un futuro possibile a ragazzi che non credono più di realizzare i propri progetti in mezzo a noi. Oppure pensano di imporsi ribellandosi in modo violento alle basilari regole del vivere insieme. Ed è certo che con loro manca un dialogo costruttivo che li possa far sentire partecipi di una comunità. Nella disgregazione sociale, un tratto ormai dominante dalle nostre parti, si è dimenticato il valore inestimabile dell’essere figlio. Chiusi nell’individualismo e nel piangersi addosso, si scivola spesso in giudizi facili e rancorosi, tipici di una società vecchia.
Di solito, l’amore per i giovani induce a saggezza. I Maestri sono coloro che si spendono nel prefigurare un futuro migliore alle generazioni successive. Questa città ha bisogno di Maestri autorevoli, che sappiano donare speranza, guardando al di là del «presentismo» e testimoniando con l’impegno personale di non voler lasciare il vuoto dietro di sé. A ben guardare si tratta di incoraggiare comportamenti già diffusi. Se ne parla poco, ma vi è un protagonismo dei giovani nel fare il bene, nel desiderio di qualcosa di pulito. Un protagonismo che ha il sapore del riflettere e agire collettivamente. Ne sono prova forme di associazionismo nate dal «basso», volte alla riqualificazione e alla restituzione di spazi fisici, abbandonati da tempo, assicurando gratuitamente servizi essenziali (ambulatori medici, assistenza legale, doposcuola, compagnia) a tutela dei soggetti fragili. Ma allo stesso tempo una società coesa deve assumersi la responsabilità di correggere chi sbaglia, da cui deve evincersi la rieducazione della persona. Anche nei confronti di quelli che sembrano irrecuperabili.
In occasione della cittadinanza onoraria ricevuta al Maschio Angioino, Aldo Masullo ha lanciato un appello: «Salviamo insieme questa città». Ascolto, comunicazione e interdipendenza fra le diverse generazioni sono la premessa di una città che sa guardare con fiducia al proprio futuro.