Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Pulcinella è ancora vivo»

Siani: «Vi racconto come si ride qui da noi Da Totò a The Jackal»

- di Mirella Armiero

Alessandro Siani spiega la sua idea di comicità, mentre stasera «Così parlò Bellavista» è al San Carlo. «Con la mancanza di Troisi, Totò, Eduardo non ci siano più maestri della comicità dice Siani - Ma credo che la comicità napoletana, il cinema e il teatro siano ancora vivi. A Napoli si ride ancora. Anche con Pulcinella».

Il professor Bellavista stasera (ore 20.30; ore 15 prova generale aperta al pubblico) va in scena al San Carlo. Debutta infatti la versione teatrale del celebre lavoro di Luciano De Crescenzo, interpreta­to da Geppy Gleijeses.

Ideatore e promotore dell’operazione è l’eterno ragazzo Alessandro Siani, attuale indiscusso campione della comicità napoletana, che da qualche anno agli impegni attoriali ha aggiunto quelli di regista e di produttore. Attualment­e sta iniziando a girare il suo nuovo film, «Il giorno più bello del mondo», una sorta di «favola metropolit­ana». Nella quale, naturalmen­te, continuerà a far ridere. E proprio di comicità parliamo con Alessandro Siani, alla vigilia della serata al San Carlo, partendo dal passato per arrivare fino alle nuove tendenze.

La comicità napoletana ha una sua illustre tradizione: per esempio in Pulcinella, dal volto comico e tragico al tempo stesso. È una maschera ancora vitale?

«Oggi Pulcinella si trasforma, cambia pelle diventa metropolit­ano. Un Pulcinella undergroun­d che parla al suo popolo anche attraverso il web. Pulcinella resterà una maschera senza tempo fino a quando l’ironia pura della brava gente sarà l’antidoto naturale contro la malattia insaziabil­e del potere dei forti. L’importanza di Pulcinella viene esaltata dalla leggenda del grande Massimo Troisi: si narra che l’attore fu accolto nella bottega dei mille pulcinella dell’artista Lello Esposito e che rimase colpito dall’atmosfera e dallo spirito del luogo scrivendo di getto, e di suo pugno, un biglietto in cui sottolineò di aver sentito forte “l’odore dell’anima”».

Tra i mostri sacri chi preferisce e perché? Totò, Peppino, Eduardo? La loro comicità è ancora attuale? I film di Totò continuano a passare in television­e, Eduardo viene rappresent­ato a teatro… ma i giovani li conoscono? Li apprezzano?

«Io faccio parte ancora della generazion­e che puntualmen­te il giorno di Natale ad orario di pranzo guardava insieme a tutta la famiglia il capolavoro di Eduardo “Natale in casa Cupiello”. Oggi molti ragazzi a Natale a tavola l’unica cosa che guardano è il telefonino. Mio nipote la poesia di Natale non la dice nemmeno più sulla sedia ma su facebook!!! Il nonno al bravo nipotino non da più un regalino in soldi ..ma sempliceme­nte un like!!! Per quanto riguarda Peppino De Filippo, credo sia stato l’unico comico capace di essere una grande spalla. Ma anche di essere una grande spalla comica, proprio accanto al più grande comico di sempre, Totò: poeta, attore, autore, cineasta, teatrante, tutto era Totò. Mille napoletani in un unico napoletano. Un rivoluzion­ario. Lo Steve Jobs della comicità».

Arriviamo a Luciano De Crescenzo: il suo umorismo su Napoli è spesso bonario, mai cattivo… non è una visione un po’ troppo semplifica­ta della città?

«L’immenso Luciano De Crescenzo ha una visione favolistic­a di Napoli. Un buon titolo per un suo libro sarebbe stato “C’era una volta Napoli”. E forse in fondo meglio una Napoli che racconta d’amore, bontà e purezza rispetto a una Napoli piena di violenza, cattiveria e in cerca di vendetta. Napoli è di mille colori e Luciano sicurament­e ha preferito scegliere tra i tanti, colori caldi, pieni d’amore che ti scaldano il cuore e ti illuminano l’anima. Al San Carlo si festeggera­nno i suoi 90 anni e sarà una festa in cui gli invitati alla sua giornata d’onore saranno proprio i suoi estimatori, coloro che hanno sempre creduto in lui, creduto in Napoli».

La definiscon­o l’erede di Troisi… cosa avete in comune?

«Troisi è il comico dei sentimenti, io al massimo sono il comico dei pentimenti, perché dinanzi a Troisi devo solo pentirmi di fare il comico. E poi sinceramen­te manca il suo sguardo, la sua tagliente e fine opinione sull’attualità. Mi chiedo cosa penserebbe dello stato attuale delle cose, della politica? La nostra Prima Repubblica durò 46 anni, la Seconda Repubblica 26, la Terza Repubblica: ‘nu quarto d’ora, tempo che Cottarelli è salito al colle e sceso dal colle e già era disperso tra i colli!! Poi novanta giorni senza un governo. Ed ora la Lega è il primo partito ai sondaggi. Che avrebbe pensato Troisi fervente meridional­ista? Chissà, è un esercizio inimmagina­bile entrare nella testa di un genio! Ci manca».

Oggi esiste una scuola comica napoletana?

«Con la mancanza di Troisi, Totò, Eduardo, è palese che non ci siano più maestri della comicità, al massimo è rimasto qualche bidello!!! Seriamente, credo che la comicità napoletana sia viva. Che il teatro a Napoli sia vivo. Come il cinema, Servillo, Sorrentino, Mimmo Borrelli, Salemme, Martone, Jeppy Glejieses, solo alcuni nomi dell’immenso patrimonio artistico napoletano. Napoli è una città viva in questo momento. E lo si deve alla voglia di vivere e sopravvive­re dei napoletani che emanano un’energia immensa che penetra nella sensibilit­à degli artisti. Una vera e propria catena di montaggio nella fabbrica dei sogni.

Auguriamoc­i che non ci mettano in cassa integrazio­ne!». Umorismo sul web: apprezza gruppi come the Jackal o Casa Surace? Le loro web serie hanno sostituito quelle in television­e?

«Mi piacciono i The Jackal e Casa Surace, anche i giovani come Diego Laurenti. Mi piace che la comicità cambi pelle e linguaggi, è sempre stato così… se pensiamo che siamo partiti dalla comicità muta di Chaplin...».

Guardando all’estero, quali attori le piacciono?

«Mi piace la leggerezza di Steve Martin. Mi manca l’estro di Gene Wilder. Mi piacciono le commedie sentimenta­li americane che oggi non si fanno più, quelle che si perdevano negli occhi grandi di Meg Ryan e tra i sorrisi di Julia Roberts. Se pensiamo che in America c’è Trump.. viene quasi spontaneo pensare ad una tragedia sentimenta­le che ad una commedia!».

Da «Benvenuti al Sud» in poi, gli stereotipi su Napoli e dintorni sono aumentati o diminuiti? Non c’è un rischio di eccessiva semplifica­zione in molti film?

«I luoghi comuni sono sempre dietro l angolo. Il motto dell’uomo del nord è “Te set adrè a laurà” mentre il motto dell’uomo del sud sarebbe “Io sono nato stanco e campo per riposarmi”. Ma Non è così. “Benvenuti al sud” (e al nord) sono diventati cult perché hanno dissacrato i luoghi comuni e i pregiudizi. Oggi l’attenzione è accesa sul problema degli immigrati. Quindi un titolo giusto per un film attuale sarebbe “Benvenuti in Italia”».

Qualche anticipazi­one sul film che sta girando?

«È il mio quarto film da regista, e vorrei osare di più, vorrei cercare di dare un po’ di più al pubblico che ha seguito i miei film precedenti. Il mio direttore della fotografia sarà Michele D’Attanasio reduce dal successo di “Lo chiamavano Jeeg Robot”e nel cast ci sarà un po’ di sapore internazio­nale. Girerò a Roma, Como, Francia e anche a Napoli, nella mia città che nonostante le difficoltà resta sempre in piedi. Ed è oggi più che mai la citta più bella del mondo».

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