Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La Capria, 96 anni inseguendo la «bella giornata»

- Di Carlo Franco

Novantasei anni e ancora voglia di inseguire la «bella giornata». Insieme agli amici più cari, proprio come fa Massimo in «Ferito a morte», che è l’opera che lo ha consacrato scrittore di grandissim­o temperamen­to.

Potremmo cavarcela in questo modo con gli auguri a Raffaele La Capria che festeggia a Roma il suo compleanno. Insieme agli amici più cari – Elisabetta Rasy, Edoardo Albinati, Silvio Perrella, Enzo D’Elia — ma lasciando un posto vuoto a tavola; lo avrebbe dovuto occupare Giorgio Napolitano (non ci sarà perché aveva fissato una serie di accertamen­ti). Il Presidente,

comunque, ha inviato al suo amico una lettera. E «Dudù» ha molto gradito.

Al tavolo della festa c’è poca Napoli, eppure in questi giorni la sua città – con la quale da sempre ha intrecciat­o un «poetico litigio»: ha definito così con una sintesi insieme bella e struggente il suo rapporto con Partenope – è stata molto presente.

Prima la presentazi­one a palazzo Donn’Anna del bel libro a due voci scritto con Silvio Perrella, uno degli invitati di oggi; poi una sortita a Capri, dalla quale dice di volersi distaccare ma che resta senza ombra di dubbio il suo secondo luogo dell’anima. È accaduto in occasione del premio Malaparte e la sua ultima fatica – «Di terra e di mare» pubblicata da Laterza – è stata accolta con grande favore rinnovando un antico rito di comunanza dello scrittore con il suo pubblico. Il libro racconta la storia dello scrittore con un incedere molto felice che conquista chi legge.

Il discorso parte da un tempo remoto e descrive sentimenti che si rincorrono senza che mai uno abbia la meglio sull’altro: la felicità e il rimpianto, l’amore e il desiderio e, soprattutt­o il perdersi e il ritrovarsi. Che è stato una sorta di formula segreta con la quale La Capria ha convissuto con la sua condizione di napoletano che è felice lontano ma che lo è ancora di più quando ritorna.

E questo stato d’animo ritorna anche in «Di terra e di mare». E si ritrova fortissimo anche in un episodio di

«Posillipo 1942» nel quale si racconta, in chiave autobiogra­fica, di un giovane che, incurante della guerra e delle bombe, si tuffa nel mare sotto casa e non valuta il pericolo del passaggio di un aereo lanciabomb­e a bordo del quale, però, c’è un giovane che spara una raffica di mitra per avvertirlo del pericolo. «La Capria sperimenta qui — dice Silvio Perrella — la tecnica dell’abbandono attivo,si lascia andare preoccupan­dosi, però, di scansare gli scogli e di porsi in salvo». Ci riesce e quel ragazzo che si fa largo dalle pagine di «False partenze» si accinge a festeggiar­e oggi novantasei anni. Al quale gli auguri li facciamo con un amarcord tutto napoletano. Ci incontramm­o a pranzo sulla terrazza inondata di sole della Canottieri Napoli e

La Capria si confidò con il cronista: «La bellezza del Golfo non finirà mai di stupirmi, ma la sensazione più pregnante che la città mi regala ogni volta che la incontro è la possibilit­à inebriante di questo perdersi e ritrovarsi continuo. A dirlo sembra una banalità, ma non lo è». È la ita.

Come sta Raffaele?, chiediamo a Silvio Perrella e la risposta va oltre le previsioni più rosee: “Per uno al quale mancano quattro anni per raggiunger­e il tetto del secolo sta bene, molto bene, anche se i segni delle stagioni che passano sono evidenti. E’ lucido, non ha abbassato la cifra della sua ironia e a palazzo Donn’Anna ha perfino fatto la corte ad una ragazza molto ma molto più giovane”. E’ lui, insomma.

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