Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Gli ho sfondato il cranio con la pala»
Grazie ai pentiti si è fatta luce sull’omicidio D’Andò, sette persone arrestate Del delitto si parlò anche durante un matrimonio, con i boss in abiti firmati
NAPOLI Durante i festeggiamenti per un matrimonio, boss che indossavano abiti firmati Carlo Pignatelli si raccontavano le scene crude di un omicidio e dello scempio fatto sul cadavere. L’omicidio, sul quale sette anni dopo la polizia ha fatto almeno in parte luce, è quello di Antonino D’Andò, ritenuto uno dei luogotenenti di Carmine Amato e assassinato per volere di Mariano Riccio, genero di Cesare Pagano, sulla carta alleato degli Amato ma in quel momento in attrito con loro. Motivo dell’uccisione, il sospetto che D’Andò trattenesse per sé una parte degli introiti del clan, in particolare di quelli provenienti dalle estorsioni e dalla vendita di stupefacenti. Sette le persone arrestate dalla squadra mobile, diretta da Luigi Rinella: Emanuele Baiano; i cugini omonimi Giosuè Belgiorno; Mario Ferraiuolo; Giuseppe Parisi; Mario Riccio; Ciro Scognamiglio. A sparare i colpi che uccisero D’Andò, è stato accertato, fu Baiano. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip Egle Pilla su richiesta dei pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra. Decisivo il racconto dei testimoni di giustizia.
Antonino D’Andò scomparve il 22 febbraio del 2011: fu attirato in trappola con la scusa di una riunione in un garage di Melito, sfigurato con un badile e sepolto in un luogo che nessuno ancora oggi sa indicare. Qualche ora più tardi la sua auto venne ritrovata bruciata. Molti anni dopo i pentiti hanno raccontato che cosa accadde. Si parlò di quel delitto, come riferisce il collaboratore di giustizia Giovanni Illiano, anche nel corso di un matrimonio, quello di Cesare Pagano: «Una ventina di noi andammo a comprare abiti da cerimonia di Carlo Pignatelli a Città Mercato a Giugliano, dove c’è la boutique Carlo Pignatelli., dando come cognome tutti Pagano. Marittiello Quattrosoldi (Mario Ferraiuolo, ndr) mi prese in disparte e disse che lui e Ciruzzo Bambulella, Scognamiglio Ciro, avevano sotterrato il cadavere di D’Andò An- tonino, senza specificare dove. Anzi, Marittiello aggiunse che lui al cadavere diede badilate in testa fino a sfondargliela aggiungendo che nel frattempo diceva: scornacchiato, i soldi della famiglia non si rubano, con ciò facendo capire che la causa della morte di D’Andò era la sottrazione dei soldi degli Amato-Pagano». Nonostante la feroce uccisione del padre, i figli di Antonino D’Andò non ruppero con Mariano Riccio, anzi: «Si rimisero con noi dopo un periodo di allontanamento e a tutt’oggi prendono ordini da Riccio Mariano. Questo morto fu dimenticato in fretta, nessuno voleva prendere posizione».
Il perché di un assassinio La vittima era ritenuta uno dei vice di Carmine Amato Era sospettato di tenere per sé gli introiti del clan