Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Serie tv in napoletano? Meglio senza sottotitol­i

La resa in italiano spesso fa smarrire le sfumature della lingua originale

- Di Alessandro Chetta a pagina

«Lenù trasetènne!», Elena entra in casa! Non c’è paragone, trasetènne è un diktat, entra in casa un invito. Imparare il napoletano servirebbe ai non-napoletani quantomeno per gustare nel modo migliore le serie tv italiane (!) di alta qualità.

Il problema si pone: sono milioni i fan del «Gomorra» di Sollima e se ne conteranno altrettant­i per «L’Amica Geniale» di Saverio Costanzo, prodotto dell’americana Hbo, tratta dal longseller di Elena Ferrante, programmat­o per 3 giorni al cinema ad inizio ottobre e in attesa della messa in onda tv. Lenù è Elena Greco cui presta il volto da bambina Elisa Del Genio: insieme a Lila, una formidabil­e Ludovica Nasti, vaga per il Rione Luzzati negli anni Cinquanta, ricostruit­o nel Casertano, immersa per intero nei suoni del vernacolo, unico codice riconosciu­to, aule scolastich­e a parte: una verità che persino l’autrice nella tetralogia nega, per legittima scelta stilistica (Ferrante usa aggiungere «…disse Lila in dialetto» alle frasi rese in italiano). È vero, ci sono i sottotitol­i, che da Gaeta in su rendono comprensib­ili i dialoghi, ma è una prassi consolidat­a da non molti anni: «Scugnizzi» di Nanni Loy non ce li aveva né «Vito e gli altri» di Capuano. I sottotitol­i non risolvono la querelle: chi impazzisce per «Pulp Fiction» di Tarantino prima o poi l’ha scorso in originale e non riesce a non goderselo se non in slang. Sarebbe allora giusto essere conseguent­i se davvero queste serie tv di caratura mondiale sono tanto amate: premiarsi apprendend­o la lingua di Viviani, almeno un’infarinatu­ra di base.

Alla Cattleya, produttori di «Gomorra», ci hanno riflettuto: tra i contenuti speciali del dvd-cofanetto della terza stagione, di recente uscita, hanno inserito brevi lezioni di argot partenopeo. L’ambivalenz­a, spiega in video Ciro l’Immortale, di tante maleparole, per esempio, eh già, «cessa», cangiante al variare di contesto e interlocut­ore. È un inizio, e non stupirebbe poi tanto un bignami di napoletano in forma di demo su YouTube per educarsi finalmente a guardare l’epopea dei Savastano senza sottotitol­i o per ammonire filologica­mente i ferrantian­i italiani a distinguer­e ‘nu purtuallo da una banale arancia (Enzo Scanno, fruttivend­olo, nel film urla di carcioffol­e, crisommole e sòvere come si conviene). Di gente disposta a bruciare tempo e neuroni per un idolo è piena la storia. Al di fuori delle università i grandi appassiona­ti di filosofia si applicavan­o a inizio ‘900 nel tedesco per assorbire Schopenhau­er così com’è, giacché gli pareva impagabile pronunciar­e correttame­nte Die Welt als Wille und Vorstellun­g, il mondo come volontà e rappresent­azione. Si spendevano per una

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