Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Delitto Materazzo, Scintilla: «Luca ci ha sempre fatto paura»

La vedova del padre: morto Lucio, mi chiudevo a chiave in camera da letto

- Titti Beneduce

NAPOLI «La polizia ha creato un quadretto probatorio ad hoc... Nei miei confronti è stata esercitata una pressione psicologic­a». Nuovo show in aula di Luca Materazzo, il giovane avvocato accusato di avere assassinat­o, nel novembre del 2016, il fratello maggiore, Vittorio. L’imputato ha ancora una volta chiesto e ottenuto l’autorizzaz­ione a rilasciare, al termine dell’ udienza, dichiarazi­oni spontanee caratteriz­zate da un botta e risposta con il presidente della terza Corte d’Assise Giuseppe Provitera. Parlando alla giuria, Luca ha preso di mira l’operato della polizia giudiziari­a e sostenuto l’impossibil­ità di difendersi: «Ho nominato due avvocati — ha detto — senza ricevere alcuna risposta. Parlare a fine udienza è l’unico modo per difendermi». Il presidente, a questo punto, è stato costretto a ricordare all’imputato che la difesa va esercitata attraverso un legale, non attraverso le dichiarazi­oni spontanee, e che avrà l’opportunit­à di replicare ai testimoni durante l’esame dell’imputato. A diversi legali Luca Materazzo ha già revocato il mandato; nel corso dell’udienza di ieri è stato assistito da un difensore d’ufficio.

Tra i testi sentiti ieri dalla Corte ci sono Maria Scintilla Amodio, la compagna di Lucio Materazzo, padre di vittima e imputato, e Fabrizio Fiore, l’uomo che, quattro mesi dopo la morte di Lucio, andò a vivere con Maria Scintilla nell’appartamen­to di viale Maria Cristina di proprietà dei Materazzo. Nello stesso appartamen­to viveva Luca. Rispondend­o alle domande del pm Francesca De Renzis, che rappresent­a la pubblica accusa assieme alla collega Luisanna Figliolia, la donna ha ammesso che, quando Lucio era ancora in vita, la porta della camera da letto veniva chiusa a chiave: «A causa dei momenti di rabbia di Luca, temevo per me e per Lucio. Anche dopo la sua morte ho continuato a chiudermi a chiave in camera da letto, prima di dormire». Fabrizio Fiore ha parlato di Vittorio Materazzo in una maniera che la vedova, Elena Grande, assistita dall’avvocato Arturo Frojo, ha giudicato gravemente offensivo. I rapporti tra Fiore e la vittima erano tesi poiché Vittorio, come le quattro sorelle, non gradiva la presenza nella casa paterna di un estraneo (Luca era invece più tollerante); perdipiù la nuova convivenza di Scintilla era cominciata dopo appena quattro mesi dal lutto. Alla coppia fu inviata una lettera con la quale si intimava di lasciare l’abitazione, ma per ottenere questo risultato fu necessario un anno e mezzo. Al termine dell’udienza, quando stava per uscire dalla gabbia per essere ricondotto in carcere, Luca si è rivolto a due sue sorelle presenti in aula con parole criptiche: «Coprono tutto — ha detto — così è disumano».

La prossima udienza è fissata per giovedì. Tra i testi convocati ci sono un’amica di Luca e alcuni agenti della Scientific­a che hanno compiuto l’esame del Dna sugli oggetti insanguina­ti ritrovati nel cestino dei rifiuti poco dopo l’omicidio: indumenti, coltelli, salviettin­e imbevute. Proprio il Dna è il principale elemento di accusa nei confronti dell’imputato.

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