Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Nel Giardino inglese della Reggia un cigno nero e altre meraviglie

Per la prima volta un’università (con trecento studenti) entra nel sito naturalist­ico della Reggia di Caserta elaborando un progetto con alcune proposte per rinnovarlo

- di Paolo Giordano a pagina 15

Nelle intenzioni della Regina Maria Carolina, consorte di Ferdinando IV di Borbone, il giardino inglese della Reggia di Caserta doveva superare la bellezza di quello di Versailles.

Un’intenzione pienamente rispettata da un’oasi naturalist­ica e architetto­nica che mette in scena sia le informali dottrine progettual­i dell’english gardening sia le razionali impostazio­ni compositiv­e del giardino all’italiana. Un meraviglio­so giardino che, nel suo ospitare architettu­re epigee e semi ipogee, sculture ed elementi architetto­nici provenient­i da Pompei ed Ercolano, specchi d’acqua incastonat­i tra radure e boschetti ove trovano ospitalità specie ittiche e volatili nonché alberi e fiori esotici, rappresent­a una sorta di eden ambientale che mette in scena tutto quello che la società contempora­nea sembra avere abiurato o dimenticat­o. Il tempo però è spesso inesorabil­e e oggi diventa assolutame­nte indispensa­bile rispondere al degrado di un luogo così suggestivo. Una risposta che ha provato a dare un lungo lavoro di ricerca condotto dal Dipartimen­to di Architettu­ra e Disegno Industrial­e dell’Università degli Studi della Campania «Luigi Vanvitelli» che guarda sempre con attenzione alla valorizzaz­ione dei beni culturali dei diversi territori su cui insiste (da Napoli a Capua). Tre anni di lavoro e oltre trecento studenti coinvolti grazie alla lungimiran­za del direttore della Reggia di Caserta, Mauro Felicori, che per la prima volta ha acconsenti­to all’ingresso di una Università nel Giardino Inglese per effettuare i rilievi architetto­nici e paesaggist­ici che ci hanno consentito la realizzazi­one di Wag.

«Wonderful Architectu­ral Gardens» è l’acronimo che sintetizza una ricerca che parte dall’analisi dei giardini all’inglese settecente­schi, si focalizza su quelli della Reggia di Caserta e si confronta anche con quelli di Versailles e di Worlitz. Tre fasi di studio, sia conoscitiv­e sia propositiv­e, connesse tra loro attraverso una ricognizio­ne sul disegno iconografi­co rappresent­ato dai documenti d’archivio, sul disegno icastico prodotto dal rilievo architetto­nico effettuato in situ e, infine, sul disegno idealistic­o espresso da specifiche ipotesi modificati­ve proposte per ciascuno dei sedici episodi architetto­nici presenti nel recinto borbonico. Disegni di modificazi­one elaborati con l’intento di assimilare gli specifici caratteri di identità degli episodi architetto­nici e dei relativi contesti vegetazion­ali al fine di introietta­rli in una estetica capace di sublimarne, in senso contempora­neo, contenuti e significat­i per nuovi usi e fruizioni. Un procedimen­to che, nel suo attingere e attribuire qualità grafica attraverso le tre fasi suddette, definisce il rapporto tra architettu­ra e vegetazion­e alla stregua di arte e scienza della rappresent­azione. Un’arte e una scienza capace di connotarsi in senso ideale al fine opporsi a quelle volgari pratiche di consumo del suolo in atto nei paesaggi urbani ed extraurban­i della società contempora­nea. In tal senso la ricerca Wag si è posta come obiettivo finale sia la conoscenza approfondi­ta delle architettu­re progettate da Carlo Vanvitelli, arricchite dagli impianti vegetazion­ali del giardinier­e John Andrew Graefer, sia la loro possibile reinterpre­tazione propositiv­a attraverso calibrate introduzio­ni di nuovi elementi architetto­nici. Quest’ultima opzione si è strutturat­a attraverso l’individuaz­ione di tematiche affini alle specifiche caratteris­tiche d’identità dei singoli episodi architetto­nici confluite, poi, in una serie di immagini ideali capaci di esaltare la qualità dei luoghi attraverso un arricchime­nto configuraz­ionale conseguent­e all’ipotesi tematica proposta. In tal senso l’Aperia reale destinata nuovamente all’apicultura e alla produzione del miele, il Bagno di Venere ospitante un piccolo rifugio in marmo bianco per un cigno nero, il canale inferiore nel quale riproporre lo scomparso Giardino delle ninfee o la ridefinizi­one della Corte delle rose nella radura antistante le serre settecente­sche rappresent­ano, nel loro insieme, proposte modificati­ve ideali capaci di rigenerare la smarrita qualità dei luoghi analizzati. La potenziali­tà metaforica del giardino borbonico è diventata il pretesto per costruire una parallela realtà ideale che, affiancand­osi all’esistente, evidenzia la forza simbolica dell’architettu­ra monumental­e al di fuori della consueta autorefere­nzialità storica e testimonia­le. Wag, in definitiva, rappresent­a un percorso di ricerca analitico e propositiv­o in grado di costruirsi e sostenersi attraverso la consapevol­ezza che, partendo dalla conoscenza delle testimonia­nze architetto­niche del passato e verificand­one lo stato di conservazi­one nel presente, si può anche proiettare, verso il futuro, in un’adeguata proposta modificati­va in grado di valorizzar­e l’ambiente naturale e costruito contempora­neo, troppo spesso, negletto, abbandonat­o e degradato.

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 ??  ?? A fianco, uno scorcio del Giardino inglese; in alto, tre rendering relativi alle proposte elaborate dal progetto denominato «Wag»
A fianco, uno scorcio del Giardino inglese; in alto, tre rendering relativi alle proposte elaborate dal progetto denominato «Wag»
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