Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Nel Giardino inglese della Reggia un cigno nero e altre meraviglie
Per la prima volta un’università (con trecento studenti) entra nel sito naturalistico della Reggia di Caserta elaborando un progetto con alcune proposte per rinnovarlo
Nelle intenzioni della Regina Maria Carolina, consorte di Ferdinando IV di Borbone, il giardino inglese della Reggia di Caserta doveva superare la bellezza di quello di Versailles.
Un’intenzione pienamente rispettata da un’oasi naturalistica e architettonica che mette in scena sia le informali dottrine progettuali dell’english gardening sia le razionali impostazioni compositive del giardino all’italiana. Un meraviglioso giardino che, nel suo ospitare architetture epigee e semi ipogee, sculture ed elementi architettonici provenienti da Pompei ed Ercolano, specchi d’acqua incastonati tra radure e boschetti ove trovano ospitalità specie ittiche e volatili nonché alberi e fiori esotici, rappresenta una sorta di eden ambientale che mette in scena tutto quello che la società contemporanea sembra avere abiurato o dimenticato. Il tempo però è spesso inesorabile e oggi diventa assolutamente indispensabile rispondere al degrado di un luogo così suggestivo. Una risposta che ha provato a dare un lungo lavoro di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale dell’Università degli Studi della Campania «Luigi Vanvitelli» che guarda sempre con attenzione alla valorizzazione dei beni culturali dei diversi territori su cui insiste (da Napoli a Capua). Tre anni di lavoro e oltre trecento studenti coinvolti grazie alla lungimiranza del direttore della Reggia di Caserta, Mauro Felicori, che per la prima volta ha acconsentito all’ingresso di una Università nel Giardino Inglese per effettuare i rilievi architettonici e paesaggistici che ci hanno consentito la realizzazione di Wag.
«Wonderful Architectural Gardens» è l’acronimo che sintetizza una ricerca che parte dall’analisi dei giardini all’inglese settecenteschi, si focalizza su quelli della Reggia di Caserta e si confronta anche con quelli di Versailles e di Worlitz. Tre fasi di studio, sia conoscitive sia propositive, connesse tra loro attraverso una ricognizione sul disegno iconografico rappresentato dai documenti d’archivio, sul disegno icastico prodotto dal rilievo architettonico effettuato in situ e, infine, sul disegno idealistico espresso da specifiche ipotesi modificative proposte per ciascuno dei sedici episodi architettonici presenti nel recinto borbonico. Disegni di modificazione elaborati con l’intento di assimilare gli specifici caratteri di identità degli episodi architettonici e dei relativi contesti vegetazionali al fine di introiettarli in una estetica capace di sublimarne, in senso contemporaneo, contenuti e significati per nuovi usi e fruizioni. Un procedimento che, nel suo attingere e attribuire qualità grafica attraverso le tre fasi suddette, definisce il rapporto tra architettura e vegetazione alla stregua di arte e scienza della rappresentazione. Un’arte e una scienza capace di connotarsi in senso ideale al fine opporsi a quelle volgari pratiche di consumo del suolo in atto nei paesaggi urbani ed extraurbani della società contemporanea. In tal senso la ricerca Wag si è posta come obiettivo finale sia la conoscenza approfondita delle architetture progettate da Carlo Vanvitelli, arricchite dagli impianti vegetazionali del giardiniere John Andrew Graefer, sia la loro possibile reinterpretazione propositiva attraverso calibrate introduzioni di nuovi elementi architettonici. Quest’ultima opzione si è strutturata attraverso l’individuazione di tematiche affini alle specifiche caratteristiche d’identità dei singoli episodi architettonici confluite, poi, in una serie di immagini ideali capaci di esaltare la qualità dei luoghi attraverso un arricchimento configurazionale conseguente all’ipotesi tematica proposta. In tal senso l’Aperia reale destinata nuovamente all’apicultura e alla produzione del miele, il Bagno di Venere ospitante un piccolo rifugio in marmo bianco per un cigno nero, il canale inferiore nel quale riproporre lo scomparso Giardino delle ninfee o la ridefinizione della Corte delle rose nella radura antistante le serre settecentesche rappresentano, nel loro insieme, proposte modificative ideali capaci di rigenerare la smarrita qualità dei luoghi analizzati. La potenzialità metaforica del giardino borbonico è diventata il pretesto per costruire una parallela realtà ideale che, affiancandosi all’esistente, evidenzia la forza simbolica dell’architettura monumentale al di fuori della consueta autoreferenzialità storica e testimoniale. Wag, in definitiva, rappresenta un percorso di ricerca analitico e propositivo in grado di costruirsi e sostenersi attraverso la consapevolezza che, partendo dalla conoscenza delle testimonianze architettoniche del passato e verificandone lo stato di conservazione nel presente, si può anche proiettare, verso il futuro, in un’adeguata proposta modificativa in grado di valorizzare l’ambiente naturale e costruito contemporaneo, troppo spesso, negletto, abbandonato e degradato.